di Simonetta Sandri
"Ha inizio nell’estate dei
tuoi quattro anni. Quando le mie paure si sono schiuse davanti alle
immagini di una strage. Poco dopo la Terra ha tremato. E anche io
sono stata contagiata da quel tremore, perché l’ho avvertito in
te”. (Simona Sparaco, ‘Sono
cose da grandi’)
Oggi la paura
non è più solo quella delle fiabe, dei lupi, degli orchi, delle
streghe, dei vampiri, dei fantasmi o dei mostri cattivi pronti ad
affollare le notti e gli incubi di bambini sensibili, attutita e
ammansita da una carezza sulla nuca. Oggi la si vede in televisione,
la si riconosce negli occhi di un nipote che, di fronte all’11
settembre di Nizza, a una macchina che esplode, a una scheggia che
falcia tutti come birilli o a stragi perpetrate da uomini
incappucciati di nero in nome di una religione lontana, pone la
fatica domanda: ma perché tanta violenza
a questo mondo?
In questo tempo incerto,
crudo, tempestoso e minaccioso, una madre prova a decifrare il mondo
per suo figlio di 4 anni, reinventandolo attraverso i giochi e le
storie che, con amore, crea ogni giorno per lui. A fare questo, con
attenzione, garbo e grazia (oltre che lucida sintesi), Simona
Sparaco, nel suo recente ‘Sono
cose da grandi’ (Einaudi Stile
Libero Big). Di fronte a tanta violenza che non risparmia nulla e
nessuno, la frase tante volte usata per proteggerlo – “sono cose
da grandi” – non funziona più. Rinviare le spiegazioni
a domani non serve. Per quanto difficili.
Così, questa coraggiosa madre
decide di rivolgersi al figlio per dirgli ciò che ha imparato sulla
paura, nel tempo che non perdona. Ma anche per raccontargli la
dolcezza
di una vita quotidiana a due, tra barattoli pieni di insetti e
scatole magiche dove custodire miracolosamente i propri desideri.
Scrivendogli, scopre la propria fragilità,
e in questa, un’indicibile forza.
E facendo questo si fa coraggio, un coraggio che ogni madre è
costretta a cercare e trovare per rassicurare i propri figli. Questa
lettera al figlio spiega, in fondo, come parlare ai bambini dei mali
del mondo. Come se si raccontasse una storia a bassa voce, si
sussurrasse una verità difficile da comprendere, accettare, spiegare
e digerire, per insegnare come vivere senza farsi dominare dalla
paura, quella che è la realtà di oggi, come convivere con la
sensazione perenne di insicurezza nell’entrare in un bar, un
ristorante, un teatro, una sala da concerti, un cinema o una
metropolitana.
Non possiamo rispondere alle
domande sulla realtà con lo stesso metodo che adottiamo per
liberarci degli orchi e dalle streghe malvagie. Bisogna elaborare
strategie diverse, non si può stare sempre sull’attenti, si deve
capire che bene e male non sono così facilmente identificabili. E
anche accettare che per certe domande non esistono risposte, ma solo
grandi gesti d’amore. Che di devono e possono creare oasi di pace e
di gioia in grado di aiutarci a sopravvivere, in una terra che si
scuote e crea disastri (un ricordo anche al terrore del terremoto).
Magari inventandosi una scatola magica dentro la quale depositare
segreti, domande, desideri, speranze, sogni, fiducia e dolori. Un
giorno quella scatola potrebbe essere utile a ripercorrere il cammino
fatto da un genitore e un figlio lungo la strada che hanno percorso
insieme. Cullandosi, abbracciandosi e raccontandosi quanto è
importante amare.
Simona Sparaco, Sono
cose da grandi, Einaudi, 2017,
104 p.
Copyright by Simonetta Sandri
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