A
Savona, quella domenica 4 giugno 1979, sono arrivato, inviato dalla
rivista "Contro" per fare delle "belle fotografie, non
di un gruppo rock ma come quelle che fai tu con i grandi della musica
jazz". Il direttore della rivista aveva visto i miei lavori
pubblicati dalla famosa rivista "Musica Jazz" e aveva
apprezzato l'enucleazione dei singoli musicisti nei momenti più
significativi delle loro performance, l'uso della luce ambiente senza
flash ed ecco il perché di quella richiesta.
Dulcis
in fundo aveva anche detto: "...però noi abbiamo pochi soldi!".
Nulla
di diverso da oggi, per chi vuole fare foto in genere e, nello
specifico, nell' ambiente artistico e culturale.
Il
concerto era previsto nello stadio di calcio del Savona che, per
l'occasione, era stato attrezzato con una impalcatura da edilizia e
da una illuminazione molto scarna quanto molto improvvisata. Non
c'erano 40.000 watt di potenza e non c'erano fumogeni per effetti
speciali ma, quando dopo il tramonto Lucio Dalla si è seduto alle
tastiere ne è uscita musica vera. Quella era "L'effetto
speciale!".
Senza
nessun supporto o assistenze speciali Lucio Dalla, intorno alle sette
di sera, due ore prima dell'inizio del concerno, era lì, alle
tastiere per provare gli strumenti e la risposta sonora
dell'ambiente, come facevano tutti i grandi di quel tempo che avevamo
visito al lavoro in Italia.
Non
abbiamo visto pullman carichi di personale e di tecnici o Tir di
attrezzature, non abbiamo neppure notato la presenza di grosse Jeep
da vetri oscurati, non c' erano manager, body guard, servizi di
vigilanza speciali ma c'era molta gente che voleva ascoltare solo
musica.
Rosalba
che da quaranta anni fotografa con me, ma che ancor oggi non vuole
che gli sia riconosciuto alcun merito fotografico, come me aveva due
Nikon F2 motorizzate, ma fotografava dal sottopalco, io ero stato ben
accolto ed avevo avuto il permesso di Dalla di salire anche sopra
congiuntamente alla promessa di una intervista "Ok, Dopo il
Tour!".
Non
ho dovuto scattare foto "come" nei concerti jazz, quello
era un concerto di musica jazz!
Ne
portava con sé tutte le regole con pezzi suonati come i famosi
"standard" e le improvvisazioni con lo spazio per i
so-listi ed i "riff" del gruppo, il che consentiva di
scattare immagini di Lucio Dalla in un "solo" al clarinetto
od al sassofono od ancora alle tastiere e Francesco De Gregori alla
chitarra esattamente come avevo fatto con i giganti del jazz quali
Benny Goodman e Joe Pass o Gerry Mulligan o Lino Patruno.
Tutti
i problemi che il sensore ed il software di una Nikon di oggi
risolvono con formidabili automatismi, al tempo di "Banana
Republic" erano risolti con scelta di pellicole, di acrobatiche
combinazioni manuali, di filtri e di laboratorio, che doveva
sovrasviluppare le pellicole "tirate" a 1600 ASA! Il tutto
senza escludere la impossibilità di verificare le immagini riprese
al momento dello scatto che, solo pallidamente, potevano essere
"pre-visionate" con una lenta e marchingegnosa Polaroid.
Così
tra un assolo al clarinetto di Dalla ed un duo con De Gregori, per
tre ore di grande musica popolare, un cocktail di Jazz e rock, di
melodia italiana e ironia bolognese, era partito quel Tour.
Solo
più tardi in redazione, alla consegna delle diapositive, avevo
saputo chiamarsi "Banana Republic" con riferimento ad un
brano portato al successo da un cantante americano, Jimmy Buffett, ma
scritto e registrato da un altro folk singer, Steve Goodman.
"A
quei tempi" i concerti erano ascoltati per davvero e lo stadio
gremito al massimo, i 15/20.000 presenti non rumoreggiavano durante
l'esecuzione dei brani ma esplodevano a fine esecuzioni, come in un
concerto jazz.
Al
fine del concerto, dopo le richieste di bis e qualche concessione,
Dalla, De Gregori ed altri amici hanno caricato e letteralmente
affollato una Saab 900 con la quale sono partiti con l'applauso solo
di qualcuno che, al buio, aveva riconosciuto chi era a bordo di
quella vettura scura che si allontanava a passo d'uomo, insieme a
molte altre, fra il pubblico che defluiva.
A
settembre di quell' anno, in occasione di una mia visita a Bologna
per incontrare Guido Bosi, un famoso sarto e colto collezionista
d'arte, ho avuto modo di intervistare Lucio Dalla inutilmente
inseguito per tutto luglio ed agosto.
"Ho
poco tempo, ma siccome debbo pranzare possiamo farlo insieme. Ti
va?".
In
trattoria non solo era conosciuto da tutti ma conosceva tutti e
chiamava tutti per nome.
Mi
aveva detto "Speriamo che ci lascino parlare". L'intervista
è partita al contrario, infatti mi ha subito chiesto "Perché
mi intervisti?" Diversamente dal mio caso era intervistato da
più giovani di lui, i fotografi erano addirittura giovanissimi. Ho
spiegato come ho ricevuto l'incarico ed ho aggiunto che nel mio
studio non solo fotografavo jazzisti ma che avevo realizzato le
registrazioni, diventate poi LP, con importanti musicisti del
panorama Jazz internazionale.
Appariva
chiaro che non avesse intenzione di parlare dei suoi progetti futuri
ma che, cogliendo l’opportunità di parlare con qualcuno che
sapesse di Jazz, potesse finalmente parlare di qualcosa che toccava
la sua passata attività di musicista, una passione di cui aveva
piacevoli e divertiti ricordi.
Da
quel momento l'interesse di Lucio Dalla aveva preso la strada del
Jazz raccontandomi come ammirasse due grandi clarinettisti come
Sydney Bechet e Benny Goodman od i sassofonisti Bud Freeman e Gerry
Mulligan e come avesse partecipato a molte "Jazz Band"
locali e divertendosi molto nel parlare di un altro clarinettista
bolognese, poi diventato il famoso regista Pupi Avati, in quanto
ognuno temeva la bravura dell' altro, fin tanto che Avati aveva
abbandonato l' attività lasciando campo libero a lui. Alla domanda
su chi fosse realmente più bravo aveva risposto: "Io, solo
perché gli ho fatto credere di essere più bravo di lui!".
Aveva
continuato dichiarandosi invidioso nei miei confronti perché avevo
conosciuto e fotografato quei grandi del Jazz di cui avevo parlato.
L'
intervista non è stata pubblicata dalla rivista perché in redazione
avevano detto "Ma Dalla qui parla solo di Jazz!"
Mentre
con in proventi di quel lavoro, che la casa editrice aveva pubblicato
su due numeri della rivista, avevamo pagato le spese di viaggio
pellicole e gli sviluppi speciali delle diapositive!
In
ricordo di un Grande Musicista.
Fotografie di Roberto Villa
Copyright
by Roberto Villa
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