di
William Molducci
Luigi
Pane, regista del cortometraggio “Black Comedy”, ha vinto la
sedicesima edizione del Valley Film Festival di Los Angeles, per la
categoria Narrative Short. Il “VFF” è il primo e più longevo
Festival cinematografico della San Fernando Valley, con sede nel
North Hollywood Arts District. Il film di Pane, ispirato a un fumetto
di Carlo Ambrosini, contrappone un navigato commediografo alla sua
donna, in un gioco di scambi e metamorfosi verbali tra scena teatrale
e vita vissuta.
L’unico spettatore, un giovane giornalista, non
riuscirà più comprendere dove inizia la finzione e finisce la
realtà, sino a quando la recita non finirà. Luigi Pane ha scritto
alcuni episodi della celebre fiction “Un posto al sole” e in
questi giorni sta terminando il montaggio del film “L’avenir”,
girato a Parigi.
Il
tuo corto “Black comedy” ha vinto il Valley Film Festival 2016 di
Los Angeles, un riconoscimento un po’ inatteso vista la
particolarità e la complessità del film?
Si,
ad essere sincero un po’ inatteso. Il Valley Film Festival è una
delle rassegne di cinema indipendente più conosciute della città
californiana, e quando con la mia distribuzione abbiamo provato a
passare la selezione iniziale non ci speravo affatto. Figuriamoci la
vittoria! E oltre alla grande soddisfazione che mi ha dato questo
successo, ovvero vincere un premio nella città “del cinema”,
porto a casa anche un grande insegnamento: puntare sempre in alto,
soprattutto quando dal basso ti dicono che non sei all’altezza.
Luigi Pane con la troupe (ph. Valerio Vestoso) |
I
personaggi di “Black comedy” si muovono tra finzione e realtà
rivelando caratteri, ombre e luci. Come nasce l’idea del film?
Dal
numero mensile di un noto fumetto che lessi da ragazzino, in
quell’occasione scritto e disegnato dal grande fumettista Carlo
Ambrosini. Una storia ad incastro, fatta di giochi di specchi, di
personaggi che si raddoppiano, di rappresentazione nella
rappresentazione. Da quella storia ho estrapolato una piccolissima
parte e ho scritto la sceneggiatura, che poi ho fatto leggere a
Carlo, a cui è piaciuta molto. Oltre a darmi il suo supporto per il
progetto, Ambrosini mi ha regalato anche la sua amicizia, e la cosa
mi ha fatto molto onore. È stato con noi a Roma per tutta la durata
delle riprese, seduto con discrezione vicino i monitor. La sera a
cena poi, a Campo dei Fiori, nei pressi del Teatro Argentina che è
stato la nostra location principale, ci scambiavamo opinioni ed
impressioni. Giornate indimenticabili.
“Black
comedy” si presta a molte interpretazioni, come è stata recepita
da chi l’ha visto?
Ti
posso dire che molto spesso, dopo le proiezioni, ho ascoltato delle
opinioni di alcuni spettatori che hanno visto nella storia di “Black
Comedy” più di quanto abbia voluto mostrare io stesso. E la cosa
mi ha fatto molto piacere, perché vuol dire che il film ha stimolato
una riflessione. Ed è stata proprio questa la mia intenzione
principale quando ho deciso di girarlo: far scoccare una scintilla,
mostrare quanto possa essere forte il potere del teatro, inteso come
metafora della cultura in generale. Si tratta dell’arma più
potente che abbiamo per combattere i tempi difficili di oggi, dove
spesso dall’alto si cerca di relegare tutto alla superficialità,
all’usa e getta, alla assuefazione e alla omologazione dei sensi.
Io, invece, per questi tempi di oggi auspico l’arrivo di un grande
movimento culturale che parta dal basso, dall’aggregazione di
pensiero e non di interessi economici, e piano piano arrivi alla
superficie, provando a cambiare le regole del gioco. Qualcosa di
molto simile a quanto avvenne nella letteratura della Beat Generation
o nel cinema della Nouvelle Vague.
Luigi Pane interagisce con gli attori (ph. Valerio Vestoso) |
Gli
interpreti di “Black comedy” hanno dato spessore ai personaggi,
come è nata la vostra collaborazione?
Una
storia che parla di teatro, di personaggi che entrano ed escono dai
loro ruoli fino a farti perdere la percezione del confine tra realtà
e spazio scenico, non poteva non richiedere grandi attori. E io ho
avuto il privilegio di avere due grandissimi interpreti: Fortunato
Cerlino e Antonia Liskova, senza dimenticare Paolo Perinelli e
Beniamino Marcone. Fortunato e Antonia sono stati l’anima, la forza
e la bellezza del mio film. Gli hanno regalato l’intensità che
cercavo e lavorare con loro è stata un’esperienza umana e
professionale davvero appagante. Quando ho provato a contattare
Fortunato per la prima volta, lui era reduce dallo straordinario
successo avuto con la fiction “Gomorra” e avevo davvero poche
speranze che avrebbe accettato di essere il protagonista del mio
corto. E invece sbagliavo. Ritengo che Cerlino sia uno dei migliori
attori in assoluto del nostro attuale panorama.
Vincere
un importante Festival americano ti ha permesso di avere opportunità
dell’ambito cinematografico?
Il
cinema è un mondo così vasto, imprevedibile e complesso nella sua
straordinarietà, che la strada è sempre in salita e non bisogna mai
fermarsi sugli allori. Diciamo che la vittoria al Valley Film
Festival è stato trovare un pezzo del grande puzzle ancora da
comporre.
A
quali Festival ha partecipato “Black Comedy”?
Ha
partecipato a moltissimi festival italiani, alcuni anche importanti,
come la sezione Siae della Mostra del Cinema di Venezia o La Festa
del cinema di Roma. Ha vinto numerosi premi sia in ambito nazionale
che internazionale, l’ultimo due giorni fa in un bel festival in
Inghilterra dedicato a film e cortometraggi girati in bianco e nero.
Ma i premi non sono tutto, l’importante è partecipare, essere
presenti.
Come
nasce la tua passione per il cinema?
Non
lo so, credo nasca con me. Divoro film da quando ero bambino. Quello
che posso dire però è che ora la passione si è trasformata in
esigenza.
Luigi Pane (ph. Renato Aiello) |
Luigi
Pane prima di “Black comedy”…
Sono
nato e cresciuto a Sorrento, uno dei posti più belli del mondo, che
però ho lasciato a 18 anni per i miei sogni di cinema. Mi sono
laureato al DAMS a Roma e nella capitale sono rimasto, dove ho fatto
vari anni di gavetta come assistente alla regia per importanti
fiction televisive e film per il cinema. La svolta è stata quando ho
avuto l’opportunità di scrivere alcuni episodi di “Un Posto al
Sole”, la celebre fiction napoletana. Da lì ho capito che dovevo
trovare il coraggio di mettermi in gioco al 100% come autore e non
solo come esecutore.
Vuoi
parlarci di “L’avenir”, il tuo nuovo cortometraggio
interpretato da Antonio Folletto e Charlotte Verny?
È
un progetto a cui tengo moltissimo e che ha visto la luce grazie alla
Mediterraneo Cinematografica che lo ha prodotto. Le riprese sono
appena terminate e ora sono al montaggio con il grande Marco
Spoletini. Ho avuto ancora una volta un cast ed una troupe di
prim’ordine. È ambientato a Parigi e narra di un amore che prova a
conquistare la luce in una notte che è stata molto buia per la
capitale francese.
Il primo ciak di "L'avenir", girato a Parigi |
Da
Sorrento a Los Angeles e ora a Parigi, la strada è sempre più
breve…
Il
cinema, come tutta l’arte in generale, non ha confini. L’opera ha
un luogo d’origine ma poi se ha fortuna diventa cittadina del
mondo. E ti permette qualche volta di seguirla nei suoi passi. A Los
Angeles non sono riuscito ad andare di persona ma “L’avenir”
l’ho girato in gran parte a Parigi e quindi mi ha dato la
possibilità di soggiornare nella città francese dove non ero ancora
stato. Quando ho dato “azione” sul canale di St. Martin devo dire
che mi sono emozionato non poco, anche in riferimento che ha quel
luogo nella storia del film. La prima cosa che ho fatto, quando ho
avuto un po’ di tempo per me, è stato cercare il celebre palazzo
del film di Bertolucci “Ultimo Tango a Parigi”.
Sogni
nel cassetto?
Tanti,
uno tangibile e pronto all’uso. La sceneggiatura di un
lungometraggio. Chissà che riesca ad uscire fuori da quel cassetto…
Fotografie
di Renato Aiello, Valerio Vestoso
BLACK COMEDY - making of :
Copyright
by William Molducci
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