di
William Molducci
Con “Forastico”, il loro
ottavo album, ritornano i Gasparazzo Bandabastarda, la band emiliana
di origini abruzzesi, dall’inconfondibile sound ritmato dalla
fisarmonica di Giancarlo Corcilio,
le percussioni e la batteria di Matteo Cimini, il contrabbasso di
Roberto Salario, le chitarre di Generoso Pierascenzi e la voce di
Alessandro Caporossi. I cinque musicisti sono i protagonisti di un
personale folk 'n roll
che li identifica sin dalle prime battute. Il nuovo disco è stato
registrato in presa diretta da Franco Fucili al Teatro Vittoria di
Pennabilli, in Alta Valmarecchia, in provincia di Rimini, il cui
foyer ospita due bei dipinti murali del poeta e sceneggiatore Tonino
Guerra.
La copertina del nuovo album |
Il
rock dei Gasparazzo è la sintesi di reggae, folk, punk e un forte
senso del grottesco, evocato da fisarmonica, cori, filastrocche e un
tocco di poesia, come nel brano “Gasparazzo 3D”: “Sistemati
il cielo e la terra, l’ottavo giorno l’Etna eruttò, ne venne
fuori la famiglia Gasparazzo che masticava la miseria più amara…”.
Il protagonista viaggia attraverso il tempo e lo spazio, partendo
dalla Sicilia preunitaria sino a giungere negli anni ’60, operaio
in una catena di montaggio.
Il
nuovo disco è il risultato di due anni di tour in cui è stato
promosso “Mo’ mo’”, il precedente lavoro, distintosi per il
sound e le storie fuori dai soliti cliché. La scelta della
registrazione live viene incontro al desiderio di produrre sonorità
“vive”, non contaminate dalla tecnologia, con strumenti acustici
quali fisarmonica, batteria e contrabbasso, senza per questo
rinunciare alle chitarre elettriche dalle sonorità vintage. Il
termine “Forastico” è un aggettivo abruzzese che significa
“selvatico”, utilizzato anche per descrivere una persona
introversa che vive un po’ isolata e cerca di non farsi coinvolgere
dal sistema.
Foto ufficiale dei Gasparazzo - Banda bastarda |
Alcuni
brani sono in dialetto abruzzese, un modo per avvicinarsi ancora di
più alla musica popolare, come in “Mesci do tazz e rolal nu
truzz”, dal ritmo reggae mescolato a parole in inglese e italiano,
cadenzate dall’irresistibile inciso scioglilingua. Altre canzoni,
tra dialetto e italiano, sono “Lu magge”, “Sandandonje” e “Lu
lupe”, quest’ultima dedicata al lupo, simbolo “forastico” per
eccellenza: “Lu lup, lup da li
muntagne, cala pe n’abballe, quatte quatte duva passe, lascia de
l’imbronde, pe natura da li part nostre è lu rra de lu bosche, e
ci busch è lu braccunire, che jie da lu turmend…”.
Mustafà
il magrebino, nel brano “Il maestro del Tajine”, litiga con il
maiale che gli ha quasi mangiato il portafoglio, recuperato a suon di
badilate ma con la foto del permesso di soggiorno diventata un
Picasso, con la conseguenza di dovere passare in questura tante
nottate in fila d’attesa.
“Fondaco”
è la storia di una band che menava musica in una vecchia e buia
cantina, al confine tra folk e rock, con miagolii, flauti
dall’intenzione molesta, pianola e armonica a bocca.
Gasparazzo Pop Art |
“Vito
il pistolero” quasi non tocca terra con il suo mocassino, un rock
d’altri tempi per raccontare il cameriere letterario che, in una
magica Torino, serve “Io ti Amo” di Stefano Benni, scelto da un
menù di sole poesie.
“Balla
Pedro” gioca con il mariachi tra chicas, sombreri e fiumi di birra;
l’esotico Messico odora di folk e osteria, la giusta mescolanza per
un sognatore scalzo: “La chica
scintilla, a Pedro fa rodar la testa, sul ritmo se baila, la banda
suona, è già festa”.
Il
live dei Gasparazzo è divertente e coinvolgente, una rarità nel
panorama della scena italiana. La loro musica ubriaca mentre i giochi
di parole e i coretti nutrono l’anima e il corpo di chi si lascia
catturare.
“Vito
il pistolero”- Video ufficiale
Copyright
by William Molducci
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