Milan
Kundera, 
La festa
dell'insignificanza, 
Adelphi
p128
di
Eleonora Bonoretti
Adelphi,
nella sotto copertina:
«Gettare
una luce sui problemi più seri e al tempo stesso non pronunciare una
sola frase
seria, subire il fascino della realtà del mondo
contemporaneo e al tempo stesso 
evitare ogni realismo, ecco La
festa dell'insignificanza. Chi
conosce i libri di 
Kundera sa che il desiderio di incorporare in
un romanzo una goccia di "non serietà" 
non è cosa
nuova per lui. Nell'Immortalità
Goethe e Hemingway se ne vanno a
spasso per diversi capitoli, chiacchierano, si divertono. Nella
Lentezza,
Vera, 
la moglie dell'autore, lo mette in guardia: "Mi hai
detto tante volte che un giorno avresti 
scritto un romanzo in cui
non ci sarebbe stata una sola parola seria... Ti avverto però: sta'
attento". 
Ora, anziché fare attenzione, Kundera ha
finalmente realizzato il suo vecchio 
sogno estetico – e La
festa dell'insignificanza può
essere considerato una
sintesi di tutta la sua opera. Una strana
sintesi. Uno strano epilogo. 
Uno strano riso, ispirato dalla
nostra epoca che è comica perché ha perduto
 ogni senso
dell'umorismo. Che dire ancora? Nulla. Leggete!»
 

 
 







