domenica 2 febbraio 2014

Aljoša Curavić, Istriagog

Aljoša Curavić, Istriagog, Besa Editrice, Nardò (LE), 2013. p.120.

di Alessandro Salvi

Il romanzo breve “Istriagog”, terzo per ordine di pubblicazione, dello scrittore e gionalista Aljoša Curavić, si distingue da subito per la perizia linguistica e la struttura narrativa polifonica. Curioso innanzitutto il titolo, Istriagog. Ma è stato l'autore a svelarci in più di un'occasione di aver aggiunto quel Gog quasi per caso, perché gli piacque subito il suono, molto simile ad un'onomatopea infantile.


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Gog, tuttavia, se clicchiamo alla svelta tanto per essere sbrigativi su un qualunque motore di ricerca in Internet, vedremo che ci porta a scoprire altri significati, ben più funesti: su Wikipedia ecco che Gog e Magog sono delle popolazioni dell'Asia centrale, citate nella tradizione biblica, quali genti selvagge e sanguinarie, fonte di incombente e terribile minaccia. Più avanti viene detto che Gog è stato anche identificato come crittogramma di Babele o di Babilonia. E qui credo di essere giunto dove volevo, poiché visto da questa doppia ottica, nel titolo si crea un'immagine che la dice lunga e suggerisce già in partenza l'indirizzo seguito dall'autore nell'affrontare questa prova narrativa.


Prova narrativa che, credo sia bene sottolinearlo, ci offre un ventaglio ricco di numerosi personaggi disseminati lungo una catena di vicende esilaranti contenente una babelica ridda di eventi nel suo insieme, che nella infernale moltitudine si snoda impietosa. Quasi un labirinto, dunque, contenuto del libro. L'opera in questione ha per oggetto il Tempo, e quanto accaduto nel villaggio di Spada (piccolo borgo istriano vicino Parenzo) dal 1914 ai giorni nostri, cosparso di innumerevoli vicende collegate nondimeno da un sottile filo rosso rappresentato dalle persone, le cui vicende quotidiane sono suture vere e proprie nel tessuto narrativo globale. Accanto alla rigorosa serietà dei fatti (vicende belliche, lutti, nascite...) vi emerge di tanto in tanto un'ironia dosata però con parsimonia, entro un quadro efficace, quasi iperrealistico, costruito con estrema dimestichezza, dove lo sguardo dell'io narrante mette a fuoco (quasi adoperasse una telecamera ad alta definizione) il microcosmo istriano in rapporto alla Storia, quella con la s maiuscola. Scevro di ogni tipo di qualsivoglia moralismo o facili sentimentalismi, l'autore non ci impone nessun giudizio a priori, immergendoci in una realtà non priva di colpi di scena, domande senza risposta, di un mondo da sempre ai margini, che nel corso del tempo ha subito spesso mutamenti irreversibili. Una macchina narrativa che si presenta come un meccanismo ben oliato, sostenuto da un impianto stilistico solido che facilmente incolla alle pagine gli occhi del lettore, dove il tutto è condito da elementi dialettali nostrani, rendendo di conseguenza nella pagina l’inconfondibile e caratteristico sapore dell'Istria. Questo romanzo corale è narrato in maniera scorrevole, mediante brevi capitoli, diciassette per la precisione, scanditi in ordine numerico, dove il primo e l’ultimo portano l’effigie di Anno zero. Quasi per dire che la storia procede a cicli, si ripete e si rinnova al contempo, uroborico rigenerarsi e autodistruggersi, ignara di noi e del tutto indifferente.

Copyright © by Alessandro Salvi

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