domenica 5 marzo 2017

1979 - Lucio Dalla e De Gregori Banana Republic

di Roberto Villa

A Savona, quella domenica 4 giugno 1979, sono arrivato, inviato dalla rivista "Contro" per fare delle "belle fotografie, non di un gruppo rock ma come quelle che fai tu con i grandi della musica jazz". Il direttore della rivista aveva visto i miei lavori pubblicati dalla famosa rivista "Musica Jazz" e aveva apprezzato l'enucleazione dei singoli musicisti nei momenti più significativi delle loro performance, l'uso della luce ambiente senza flash ed ecco il perché di quella richiesta.
Dulcis in fundo aveva anche detto: "...però noi abbiamo pochi soldi!".


Nulla di diverso da oggi, per chi vuole fare foto in genere e, nello specifico, nell' ambiente artistico e culturale.
Il concerto era previsto nello stadio di calcio del Savona che, per l'occasione, era stato attrezzato con una impalcatura da edilizia e da una illuminazione molto scarna quanto molto improvvisata. Non c'erano 40.000 watt di potenza e non c'erano fumogeni per effetti speciali ma, quando dopo il tramonto Lucio Dalla si è seduto alle tastiere ne è uscita musica vera. Quella era "L'effetto speciale!".
Senza nessun supporto o assistenze speciali Lucio Dalla, intorno alle sette di sera, due ore prima dell'inizio del concerno, era lì, alle tastiere per provare gli strumenti e la risposta sonora dell'ambiente, come facevano tutti i grandi di quel tempo che avevamo visito al lavoro in Italia.


Non abbiamo visto pullman carichi di personale e di tecnici o Tir di attrezzature, non abbiamo neppure notato la presenza di grosse Jeep da vetri oscurati, non c' erano manager, body guard, servizi di vigilanza speciali ma c'era molta gente che voleva ascoltare solo musica.
Rosalba che da quaranta anni fotografa con me, ma che ancor oggi non vuole che gli sia riconosciuto alcun merito fotografico, come me aveva due Nikon F2 motorizzate, ma fotografava dal sottopalco, io ero stato ben accolto ed avevo avuto il permesso di Dalla di salire anche sopra congiuntamente alla promessa di una intervista "Ok, Dopo il Tour!".
Non ho dovuto scattare foto "come" nei concerti jazz, quello era un concerto di musica jazz!


Ne portava con sé tutte le regole con pezzi suonati come i famosi "standard" e le improvvisazioni con lo spazio per i so-listi ed i "riff" del gruppo, il che consentiva di scattare immagini di Lucio Dalla in un "solo" al clarinetto od al sassofono od ancora alle tastiere e Francesco De Gregori alla chitarra esattamente come avevo fatto con i giganti del jazz quali Benny Goodman e Joe Pass o Gerry Mulligan o Lino Patruno.
Tutti i problemi che il sensore ed il software di una Nikon di oggi risolvono con formidabili automatismi, al tempo di "Banana Republic" erano risolti con scelta di pellicole, di acrobatiche combinazioni manuali, di filtri e di laboratorio, che doveva sovrasviluppare le pellicole "tirate" a 1600 ASA! Il tutto senza escludere la impossibilità di verificare le immagini riprese al momento dello scatto che, solo pallidamente, potevano essere "pre-visionate" con una lenta e marchingegnosa Polaroid.
Così tra un assolo al clarinetto di Dalla ed un duo con De Gregori, per tre ore di grande musica popolare, un cocktail di Jazz e rock, di melodia italiana e ironia bolognese, era partito quel Tour.




Solo più tardi in redazione, alla consegna delle diapositive, avevo saputo chiamarsi "Banana Republic" con riferimento ad un brano portato al successo da un cantante americano, Jimmy Buffett, ma scritto e registrato da un altro folk singer, Steve Goodman.
"A quei tempi" i concerti erano ascoltati per davvero e lo stadio gremito al massimo, i 15/20.000 presenti non rumoreggiavano durante l'esecuzione dei brani ma esplodevano a fine esecuzioni, come in un concerto jazz.
Al fine del concerto, dopo le richieste di bis e qualche concessione, Dalla, De Gregori ed altri amici hanno caricato e letteralmente affollato una Saab 900 con la quale sono partiti con l'applauso solo di qualcuno che, al buio, aveva riconosciuto chi era a bordo di quella vettura scura che si allontanava a passo d'uomo, insieme a molte altre, fra il pubblico che defluiva.


A settembre di quell' anno, in occasione di una mia visita a Bologna per incontrare Guido Bosi, un famoso sarto e colto collezionista d'arte, ho avuto modo di intervistare Lucio Dalla inutilmente inseguito per tutto luglio ed agosto.
"Ho poco tempo, ma siccome debbo pranzare possiamo farlo insieme. Ti va?".
In trattoria non solo era conosciuto da tutti ma conosceva tutti e chiamava tutti per nome.
Mi aveva detto "Speriamo che ci lascino parlare". L'intervista è partita al contrario, infatti mi ha subito chiesto "Perché mi intervisti?" Diversamente dal mio caso era intervistato da più giovani di lui, i fotografi erano addirittura giovanissimi. Ho spiegato come ho ricevuto l'incarico ed ho aggiunto che nel mio studio non solo fotografavo jazzisti ma che avevo realizzato le registrazioni, diventate poi LP, con importanti musicisti del panorama Jazz internazionale.


Appariva chiaro che non avesse intenzione di parlare dei suoi progetti futuri ma che, cogliendo l’opportunità di parlare con qualcuno che sapesse di Jazz, potesse finalmente parlare di qualcosa che toccava la sua passata attività di musicista, una passione di cui aveva piacevoli e divertiti ricordi.
Da quel momento l'interesse di Lucio Dalla aveva preso la strada del Jazz raccontandomi come ammirasse due grandi clarinettisti come Sydney Bechet e Benny Goodman od i sassofonisti Bud Freeman e Gerry Mulligan e come avesse partecipato a molte "Jazz Band" locali e divertendosi molto nel parlare di un altro clarinettista bolognese, poi diventato il famoso regista Pupi Avati, in quanto ognuno temeva la bravura dell' altro, fin tanto che Avati aveva abbandonato l' attività lasciando campo libero a lui. Alla domanda su chi fosse realmente più bravo aveva risposto: "Io, solo perché gli ho fatto credere di essere più bravo di lui!".


Aveva continuato dichiarandosi invidioso nei miei confronti perché avevo conosciuto e fotografato quei grandi del Jazz di cui avevo parlato.
L' intervista non è stata pubblicata dalla rivista perché in redazione avevano detto "Ma Dalla qui parla solo di Jazz!"
Mentre con in proventi di quel lavoro, che la casa editrice aveva pubblicato su due numeri della rivista, avevamo pagato le spese di viaggio pellicole e gli sviluppi speciali delle diapositive!
In ricordo di un Grande Musicista.



Fotografie di Roberto Villa

Copyright by Roberto Villa

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