lunedì 4 luglio 2016

Intervista a Mita Medici

di William Molducci

Mita Medici, nome d’arte di Patrizia Vistarini, da anni è nell’immaginario degli italiani per il talento e l’energia con cui affronta ogni aspetto del mondo dello spettacolo. Figlia dell’attore Franco Silva e sorella di Carla Vistarini, autrice e scrittrice di successo, Mita a soli 15 anni vinse il concorso Miss teenager e recitò nel film “L’estate” di Paolo Spinola cui seguì “Pronto c’è una certa Giuliana per te” di Massimo Franciosa.


 
Nel 1972 Garinei & Giovannini le affidarono la parte di Margie in “Ciao Rudy”, dove recitava con Alberto Lionello e Loredana Bertè. Il grande pubblico la conobbe con “Canzonissima 1973”, la nota trasmissione televisiva condotta a fianco di Pippo Baudo. Nel 1978, la show-girl si trasferì negli Stati Uniti, per frequentare il Lee Strasberg Theatre Institute a Santa Monica in California e poi l’Actors Studio a New York. Ritornata in Italia, riprese l’attività dividendosi tra cinema, teatro e televisione. In teatro ha recitato in opere importanti quali "Don Giovanni e Faust", "Sogno di una notte di mezza estate", "Il Gattopardo", "Il mercante di Venezia". Recentemente ha portato in scena “Mita Medici canta Franco Califano”, il recital diretto da Silvano Spada, presentato al Teatro Comunale di Todi, durante il Festival del 2015.

"Mita Medici canta Franco Califano" (Photo Azzurra Primavera)


Al Festival di Todi hai portato in scena il recital con le canzoni di Franco Califano, com’è nato questo progetto?
Silvano Spada, Direttore Artistico del Festival, ha voluto dedicare uno degli spettacoli dell’edizione 2015 a un cantautore italiano, la scelta è ricaduta su Califano, definito un poeta alla ricerca di un contatto quasi filosofico con le persone e le cose. In quel periodo avevo incontrato Spada per presentargli un altro progetto e coincidenza volle che mi cercasse per il recital con le canzoni di Franco. All’inizio ero un po’ perplessa, per la particolarità della cosa, però ho capito che l’intento era di valorizzare il poeta, l’autore di pezzi meravigliosi. Il pubblico ha apprezzato l’iniziativa, sono state due serate entusiasmanti, una vera e propria magia; siamo riusciti a realizzare uno spettacolo di cui si sentiva il bisogno. In scena, oltre a me, c’erano cinque musicisti e quattro ballerini, la performance è stata emozionante, rigorosa e con tanto affetto verso Franco. Il teatro Comunale di Todi, meraviglioso di per sé, era pieno fino all’ultimo balcone, pensavamo di rappresentare lo spettacolo soltanto in quelle due date ma vista l’accoglienza lo rifaremo a Roma ai Giardini della Filarmonica, nell’ambito di una rassegna teatrale, quindi apportando alcuni cambiamenti. Stiamo pensando a qualche altra serata per questa estate e soprattutto per la prossima stagione teatrale. 
 
Canzonissima 1973 fu l’occasione per farti conoscere dal grande pubblico, era l’anno dell’austerity e la televisione rappresentava uno dei pochi svaghi degli italiani, cosa ricordi di quell’esperienza?
Avevo già fatto televisione, per esempio lo sceneggiato “Coralba” di Daniele Danza, ed esordito nel cinema con “L’estate” di Paolo Spinola di cui Alberto Moravia disse: “Mita Medici è una sorpresa, recita con imbarazzante naturalezza”. Fu grazie al musical “Ciao Rudy” che m’invitarono a fare il provino di Canzonissima, un’occasione importante anche se non un punto di arrivo per la mia carriera. Mi tuffai con entusiasmo in quella nuova esperienza, ottenendo un’enorme popolarità che si sommò all’affetto che il pubblico aveva nei miei confronti, grazie ai lavori precedenti. 
 
Mita a San Francisco (U.S.A.)

Per una volta” è il tuo album del 1975 scritto da tua sorella Carla Vistarini e Luigi Lopez, un lavoro d’autore con firme eccellenti, vuoi raccontarci la sua genesi?
Dopo Canzonissima, spesso mi chiedevano di cantare, quindi decisi di incidere l’album con l’obiettivo di raccontare una storia, in parte autobiografica. Con Carla e Luigi abbiamo lavorato intensamente al progetto, collaborando con ottimi musicisti; riascoltandolo oggi si riesce a comprendere la straordinaria attualità di quel lavoro. Il disco diventò anche uno show per la Rai, trasmesso con il titolo “Storia di una ragazza”, ambientato negli anni ‘60 e ‘70, con le immagini e i riferimenti di allora: l’uomo sulla luna, Marylin, l’industrializzazione. In precedenza avevo inciso alcune canzoni per il disco di Canzonissima, tra cui “A ruota libera”, ricordato ancora oggi come un inno alla gioia per nulla banale. 
 

Il teatro è una delle tue passioni, quali lavori ti hanno coinvolta maggiormente?
Adoro tutti i lavori che ho fatto, il teatro si deve amarlo veramente perché è impegnativo e viscerale. L’esordio avvenne con il musical “Ciao Rudy” di Garinei & Giovannini, poi in televisione feci “Al cavallino bianco” con Paolo Poli e Gianrico Tedeschi, per la regia di Vito Molinari. Mi sono cimentata nel teatro di ricerca grazie a “Don Giovanni e Faust” di Grabbe, un testo meraviglioso pur se poco rappresentato. Ritengo Giancarlo Cobelli un grande regista e l’avere recitato ne “Il mercante di Venezia” è stata una tappa importante della mia carriera teatrale. Nel 1980 ho fatto il “Gattopardo” con Franco Enriquez, interpretando Angelica; con me recitava un allora giovanissimo Nino Frassica, nella parte di uno dei figli del gattopardo. Tra i lavori più recenti ho amato molto “Alda, sono nata il 21 a primavera”, in cui interpretavo Alda Merini, raccontando alcune delle sue cose personali. Ho conosciuto Alda, una donna straordinaria, particolare, piena di umanità e sagacia, che mi aveva molto in simpatia. Ho recitato anche in “Fedra” di Ghiannis Ritsos, da cui abbiamo tratto un cortometraggio distribuito un po’ in tutto il mondo. Il teatro mi ha dato tante soddisfazioni, mi piace ricordare “Rodolfo Valentino, l’emigrante leggendario” di Rina La Gioia, dove ho interpretato Valentino e le sue quattro donne più importanti. Dopo aver lavorato in “Ciao Rudy” e avere interpretato Margie, una delle donne del celebre attore, è stato interessante reinterpretare i due personaggi nella medesima commedia.



Tra le tue esperienze cinematografiche c’è anche quella dei cortometraggi, tra cui “Elena”, dove hai recitato con Franco Nero…
Il film di Bitonti era strettamente legato a “Fedra” e faceva parte di una trilogia che per tanti motivi si è fermata ai primi due cortometraggi. “Elena”, come “Fedra”, è una commistione tra teatro e cinema, una sperimentazione che vuole avvicinare queste due arti importanti, basandosi sul gusto estetico e narrativo di Bitonti. “Elena” si richiama alla modernità, puntando il dito contro le false motivazioni prese a pretesto per fare le guerre. I due cortometraggi hanno partecipato a numerosi festival negli Stati Uniti, tra cui Miami e il Tribeca Film Festival di New York.




Nel 2009 “Elena” è stato selezionato al Los Angeles-Italia Film Festival e proiettato al Mann's Chinese Theatre di Hollywood, lo stesso della premiazione degli Oscar...
Ho assistito alla proiezione di “Elena” a Hollywood ed è stata una grande emozione ritornare negli Stati Uniti dove, a partire dal 1978, frequentai il Lee Strasberg Theatre and Film Institute. Era l’epoca in cui stavano emergendo Robert de Niro e Al Pacino, e, con l’aiuto di un amico ebbi l’occasione di trasferirmi a Los Angeles. Verso la fine degli anni ’70 gli attori italiani erano stimati e ben accettati, grazie alla fama del nostro cinema e a registi come Federico Fellini e Luchino Visconti. Feci il colloquio d’ammissione con Anna Strasberg, a cui espressi il desiderio di crescere professionalmente e di conoscere la realtà americana. Durante la frequentazione del corso si creò un bellissimo clima di collaborazione con gli altri allievi, inoltre, ci fu l’occasione di incontrare nuovamente Robert de Niro, conosciuto in precedenza a New York. Grazie alla fama acquisita in Italia, potevo contare su una certa popolarità che mi permetteva di lavorare, ricordo con piacere gli spot pubblicitari girati in Messico a Vera Cruz. Qualche anno prima, nel 1965, dopo avere vinto il concorso di Miss teenager, rappresentai il nostro paese a Los Angeles, in quel periodo la disciplina nei concorsi era molto severa, quasi come in caserma. Una sera ebbi l’occasione di sgattaiolare fuori dall’albergo per vedere un po’ la città, la mia attenzione fu catturata da un sound originalissimo, si trattava dei Doors di Jim Morrison, in uno dei loro primi concerti. Mi ricordo ancora l’effetto che mi fecero quelle canzoni e il delirio della gente che le ascoltava. 

 

Roma e Stromboli… cosa ti lega a questa isola così diversa da Roma?
Mi lega proprio la diversità, gli opposti che si attraggono. Roma è la mia città mentre Stromboli è selvaggia, una libertà completamente diversa, non solo mentale ma anche fisica. L’isola è magica, tanto che “Fedra” l’abbiamo girata in quei luoghi. Adoro Stromboli così come il suo vulcano, mi piace tornarci spesso, sperando che sia rimasta come l’ho lasciata la volta prima. E’ un posto dove non è semplice viverci, specialmente in inverno, ma va salvaguardato altrimenti rischia di perdere il suo fascino. Sono andata a Stromboli quando non c’erano ancora luce, acqua corrente e si sbarcava dal vaporetto con le barchette. Si è trattato di un amore a prima vista, viscerale, io adoro la natura e il mare, e mi piace dipingere il vulcano, soprattutto sul legno, sugli scarti di falegnameria.


Mita Medici: “ Noi Ex ragazze del Piper”




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