di William Molducci
Massimo
Ranieri torna con “Malia – Napoli 1950-1960”, dodici canzoni
napoletane riproposte in chiave jazz insieme a cinque importanti
musicisti: Enrico
Rava (tromba e flicorno),
Stefano
Di Battista (sax alto e
soprano), Rita
Marcotulli (pianoforte),
Stefano
Bagnoli (batteria) e Riccardo
Fioravanti (contrabbasso).
“Malìa” significa: magia, incantesimo, fascino, seduzione, una
serie di termini che ben descrivono il decennio musicale preso in
considerazione.
La produzione dell’album
porta la firma di Mauro Pagani, uno dei musicisti più apprezzati
della scena italiana, impegnato da quindici anni con Ranieri in un
approfondito lavoro di ricerca sulla musica partenopea.
La canzone napoletana degli
anni ’50 e ‘60 fu caratterizzata dalla riduzione degli eccessi
retorici e melodrammatici a favore di atmosfere a volte soffuse,
spesso ballabili, una svolta dovuta ai ritmi anglo-sassoni e
sudamericani, portati sotto il Vesuvio dai soldati americani.
La copertina di "Malìa" |
I nuovi ritmi consentirono il
superamento della figura classica del cantante melodico in favore di
voci più confidenziali e meno impostate. Non senza polemiche, nella
canzone napoletana fece breccia la beguine, sintesi di rinascita e
voglia di vivere, di cui uno dei primi esempi fu “Luna Rossa”.
“Malìa”
è la sintesi di tutti questi elementi, il termine si trova nascosto
in “Ti voglio bene, tanto tanto” di Renato Rascel: “Ti
voglio bene, tanto tanto bene, tu sei la vita mia. Mi hai messo il
fuoco dentro alle vene e, dentro al cuore, una malia…”.
Massimo Ranieri in concerto a Taormina (Photo by Michael Giorgio Castielli - Creative Commons) |
L’atmosfera
creata da Ranieri, Pagani e dai cinque maestri, consente un viaggio
nel tempo, una sorta di magia sublimata da brani come “Luna
caprese”, una dichiarazione d’amore per l’isola e per gli amori
che ha visto nascere, accompagnata dal ritmo elegante del
contrabbasso di Riccardo Fioravanti: “Tu,
Luna, Luna tu, Luna busciarda, famme passá sti ppene 'e gelusia e
fa' ca nénna fosse tutt' 'a mia…”.
Napoli, jazz e anni ’50 non
prescindono da Renato Carosone, cui Massimo Ranieri rende omaggio con
“Tu vuo’ fa’ l’americano” e “O’ sarracino”.
Quest’ultimo brano, scritto nel 1958, racconta le imprese di uno
sciupafemmine da spiaggia, con qualche spunto orientale, accennato da
tromba e batteria.
“Resta cu’mme” avvicina
Massimo Ranieri a Domenico Modugno, con Mauro Pagani attento a
impostare l’intonazione del cantante napoletano come quella del
grande Mimmo. Il brano inizia con un assolo di voce, mentre la prima
nota è suonata al pianoforte soltanto alla fine della prima strofa.
Da brividi!
L’atmosfera intima del night
e del piano bar aleggia in tutto il disco, da “Accarezzame” di
Pino Calvi a “Nun è peccato”, sino a giungere a “Malatia” di
Armando Romeo e alla riscoperta di “Doce doce”.
La scelta del repertorio
coincide con gli anni della giovinezza di Ranieri, dai ricordi della
madre che cantava “Anema e core” all’incontro con Roberta Flack,
a New York, dove eseguirono insieme lo stesso brano.
Massimo Ranieri e Mauro Pagani
regalano una bellissima raccolta di emozioni, tra il mare illuminato
dalla luna caprese e la verve di “Ue ue che femmena”, dimostrando
quanto queste canzoni siano vive e meritino di essere riproposte. La
scelta degli arrangiamenti jazz, per certi versi naturale, ha
contribuito a rispolverato un tesoro di cultura e tradizione.
Copyright by William Molducci
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