venerdì 3 luglio 2015

Intervista a Marco Ferradini

di William Molducci
Marco Ferradini è uno degli autori più sensibili e ispirati del panorama della musica italiana; storica la sua collaborazione con Herbert Pagani, cui ha recentemente dedicato un album tributo intitolato “La mia generazione”. Tra i suoi successi ricordiamo “Teorema”, “Lupo solitario”, “Quando Teresa verrà” “Misteri della vita”, “Una catastrofe bionda” e “Alla ricerca di un sogno”.


L’intervista
La mia generazione”, un album e uno spettacolo dedicati a Herbert Pagani, come nasce il progetto?
Nasce dall'esigenza di fare conoscere un amico, ricordare un artista e il suo repertorio di preziosi brani rimasti inascoltati da troppo tempo. Herbert Pagani era un genio della comunicazione, avanti dieci anni rispetto la sua epoca, lo si capisce ascoltando la sua poesia e i temi affrontati.
Come avete iniziato a lavorare insieme?
Avevamo lo stesso discografico/produttore, infatti, fu proprio Sandro Colombini che ci fece conoscere e ci chiese di collaborare. Ci aveva visto giusto perché in poco tempo scrivemmo quelli che sarebbero diventati i miei successi.
Nello spettacolo “La mia generazione” ha utilizzato strumenti acustici per esprimere al meglio il repertorio di Pagani, come si è arrivati a questa soluzione “artistica” ?
Io penso che ogni canzone sia come una donna da vestire con abiti che ne facciano risaltare la bellezza. I brani di Herbert erano arrangiati con il gusto di altri tempi, erano “troppo vestiti” di strumentazioni che appesantivano la melodia e il testo. Così, insieme al mio arrangiatore e amico, Josè Orlando Luciano, ci siamo chiusi in sala d’incisione e abbiamo cominciato a sfoltire la giungla di archi, fiati, chitarre, batterie e abbiamo reinterpretato tutto il repertorio in chiave essenziale. Chitarra acustica, pianoforte, quartetto d'archi e fisarmonica consentono di dare spazio ai testi che sono vere e proprie poesie.
Marco Ferradini insieme a Eugenio Finardi

Perché l’Italia si è dimenticata di Herbert Pagani?
L’Italia si dimentica di tante cose perché a differenza di altre nazioni non tiene molto in considerazione i propri artisti, così come non si cura delle opere d'arte disseminate ovunque. Forse perché non crede in se stessa, convinta che gli “altri” siano sempre meglio. Herbert non era tipo da accettare compromessi con la discografia dell'epoca, che lo aveva ingabbiato in brani superficiali tipo “Ahi le Hawaii” o “Cin cin con gli occhiali” (solo apparentemente una canzone banale). Era un artista molto diretto, diceva in faccia quello che pensava e difendeva la sua libertà di esprimersi con ogni forma e mezzo. Non era capace di ruffianerie, che come si sa, pagano di più.
E’ “difficile” ricordare Herbert Pagani oggi?
Purtroppo sì, vuoi perché quest’omaggio è uscito dopo tanti anni dalla sua morte, avvenuta nell'agosto del 1988. Altro motivo è che le radio sono sorde a questi richiami. Pochi lo ricordano, ma quei pochi che l'hanno conosciuto sono rimasti fedelissimi estimatori.
La mia generazione” è anche un doppio album cui hanno partecipato tanti bravi artisti, con quale criterio sono stati scelti? Qual è stato il valore aggiunto dato dalla loro collaborazione?
All'inizio pensavo di cantare tutti i brani da solo, per fare un omaggio più mio, ma poi per dare più forza e risalto al progetto ho coinvolto altri amici, che come me, avevano respirato le stesse atmosfere e fatto gli stessi percorsi. Si tratta di artisti che avevano conosciuto Pagani o che come me erano affascinati dalla sua opera, e così alla fine sono uscite 21 canzoni eseguite da 15 interpreti. C'è stato un grande lavoro di ricerca delle fonti storico-musicali e per questo devo ringraziare Anna Jancek, per la preziosa collaborazione, Caroline Pagani (sorella di Herbert), Davide Casali, Simone Rossetti Bazzaro, Giovanni Poggio per l'assistenza al progetto e ultimo, ma non l'ultimo, la professionalità e la dedizione di Josè Orlando Luciano.
Marco Ferradini in concerto a Cologno

Nel 1980, durante un week-end a Macugnaga, lei e Pagani avete scritto alcune canzoni che sono entrate nella storia della musica italiana…
Avevo appena scritto delle musiche e dovevo mettere i testi, così partimmo per la montagna, perché Milano non permetteva di isolarci e lavorare senza interferenze. Ci trovammo in un magnifico chalet di legno che odorava di resina, la vista sul Monte Rosa, le passeggiate, i mirtilli, le nostre discussioni/confessioni, insomma tutti ingredienti che hanno fatto scaturire le parole che sono diventate i testi delle canzoni. A Macugnaga scrivemmo un concept-album, dove si descriveva la storia (vera) di due amici in crisi sentimentale, che senza le donne e senza la tv partono per un week end, per dimenticare e guarire dal male d'amore. I brani sono: “Teorema”, “Schiavo senza catene”, “Week End”, “Questa sera”.
Lei ha partecipato alle edizioni del 1978 e 1983 del Festival di Sanremo con due canzoni importanti: “Quando Teresa verrà” e “Una catastrofe bionda”, cosa ricorda di quelle esperienze? Ritornerebbe a Sanremo?
Sono state delle emozioni veramente uniche, direi esaltanti, per un giovane quale ero allora, è stata una botta di vita irripetibile. Purtroppo stiamo parlando di un mondo lontano e purtroppo sepolto. San Remo, da qualche tempo non è più il festival della canzone; ci vanno e ci fanno di tutto ormai. E questo vuol dire che la canzone non è più considerata così importante da meritarsi da sola quello spazio e quel palco. Anche se è rimasta l'unica vetrina per presentare la produzione della musica prodotta in Italia.
Su queste pagine abbiamo parlato spesso della RCA Italiana, che ricordo ha di quei tempi e di Ennio Melis?
Ennio Melis è stato un grande visionario che ha permesso lo sviluppo del cantautorato in Italia. Se non ci fosse stato lui e la RCA che lo sosteneva, molti dei nomi del nostro panorama musicale non esisterebbero... me compreso.
Grazie a “La mia generazione” abbiamo potuto riascoltare Simon Luca, quanto sono lontani i tempi de “L’enorme Maria”?
Simon Luca è un caro amico e un grande artista degli anni '70 che scrisse degli album pregevoli e che merita di essere riscoperto. Fu lui che mi presentò a Colombini.

Marco Ferradini è sempre “Lupo solitario”?
Solitario per scelta e Lupo per vocazione! A parte gli scherzi, mi piace la solitudine perché mi permette di creare, di ascoltarmi dentro, ma non amo stare solo per troppo tempo.
Work in progress?
In questi giorni sono impegnato nella registrazione di due brani che voglio aggiungere al doppio CD “La mia generazione”. Nel frattempo do una mano a Charlotte per la registrazione del suo primo album... e poi spero di continuare a suonare e comporre, perché è l'unica cosa bella che so fare.

Crediti e ringraziamenti da parte di Marco Ferradini agli ospiti e ai collaboratori del progetto “La mia generazione”:
Marco Ferradini (chitarre, mandolino, basso acustico), Josè Orlando Luciano (pianoforte, fisarmonica, programmazione), Simone Rossetti Bazzaro (viola, violino), Davide Casali (clarinetto), Josè Orlando Luciano, Marco Ferradini (arrangiamento e mix), Guido Rossi - Guizart (grafica), Paolo Siconolfi (masterizzazione).
Hanno cantato con Marco: Alberto Fortis, Andrea Mirò, Caroline Pagani, Eugenio Finardi, Fabio Concato, Fabio Treves, Federico l’Olandese Volante, Flavio Oreglio, Giovanni Nuti, Legramandi, Lucio Fabbri, Mauro Ermanno Giovanardi, Moni Ovadia, Ron, Shel Shapiro, Simon Luca, Syria.
Un “grazie” speciale ad Anna Jencek e Josè Orlando Luciano, un abbraccio a Caroline Pagani e grazie a Giovanni Poggio per consulenza e progettazione. 

Teorema” live Radio Italia: 


 


Alla ricerca di un sogno":






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