di
William Molducci
Marco
Ferradini è uno degli autori più sensibili e ispirati del panorama
della musica italiana; storica la sua collaborazione con Herbert
Pagani, cui ha recentemente dedicato un album tributo intitolato “La
mia generazione”. Tra i suoi successi ricordiamo “Teorema”,
“Lupo solitario”, “Quando Teresa verrà” “Misteri della
vita”, “Una catastrofe bionda” e “Alla ricerca di un sogno”.
L’intervista
“La
mia generazione”, un album e uno spettacolo dedicati a Herbert
Pagani, come nasce il progetto?
Nasce
dall'esigenza di fare conoscere un amico, ricordare un artista e il
suo repertorio di preziosi brani rimasti inascoltati da troppo tempo.
Herbert Pagani era un genio della comunicazione, avanti dieci anni
rispetto la sua epoca, lo si capisce ascoltando la sua poesia e i
temi affrontati.
Come
avete iniziato a lavorare insieme?
Avevamo
lo stesso discografico/produttore, infatti, fu proprio Sandro
Colombini che ci fece conoscere e ci chiese di collaborare. Ci aveva
visto giusto perché in poco tempo scrivemmo quelli che sarebbero
diventati i miei successi.
Nello
spettacolo “La mia generazione” ha utilizzato strumenti acustici
per esprimere al meglio il repertorio di Pagani, come si è arrivati
a questa soluzione “artistica” ?
Io
penso che ogni canzone sia come una donna da vestire con abiti che ne
facciano risaltare la bellezza. I brani di Herbert erano arrangiati
con il gusto di altri tempi, erano “troppo vestiti” di
strumentazioni che appesantivano la melodia e il testo. Così,
insieme al mio arrangiatore e amico, Josè Orlando Luciano, ci siamo
chiusi in sala d’incisione e abbiamo cominciato a sfoltire la
giungla di archi, fiati, chitarre, batterie e abbiamo reinterpretato
tutto il repertorio in chiave essenziale. Chitarra acustica,
pianoforte, quartetto d'archi e fisarmonica consentono di dare spazio
ai testi che sono vere e proprie poesie.
Marco Ferradini insieme a Eugenio Finardi |
Perché
l’Italia si è dimenticata di Herbert Pagani?
L’Italia
si dimentica di tante cose perché a differenza di altre nazioni non
tiene molto in considerazione i propri artisti, così come non si
cura delle opere d'arte disseminate ovunque. Forse perché non crede
in se stessa, convinta che gli “altri” siano sempre meglio.
Herbert non era tipo da accettare compromessi con la discografia
dell'epoca, che lo aveva ingabbiato in brani superficiali tipo “Ahi
le Hawaii” o “Cin cin con gli occhiali” (solo apparentemente
una canzone banale). Era un artista molto diretto, diceva in faccia
quello che pensava e difendeva la sua libertà di esprimersi con ogni
forma e mezzo. Non era capace di ruffianerie, che come si sa, pagano
di più.
E’
“difficile” ricordare Herbert Pagani oggi?
Purtroppo
sì, vuoi perché quest’omaggio è uscito dopo tanti anni dalla sua
morte, avvenuta nell'agosto del 1988. Altro motivo è che le radio
sono sorde a questi richiami. Pochi lo ricordano, ma quei pochi che
l'hanno conosciuto sono rimasti fedelissimi estimatori.
“La
mia generazione” è anche un doppio album cui hanno partecipato
tanti bravi artisti, con quale criterio sono stati scelti? Qual è
stato il valore aggiunto dato dalla loro collaborazione?
All'inizio
pensavo di cantare tutti i brani da solo, per fare un omaggio più
mio, ma poi per dare più forza e risalto al progetto ho coinvolto
altri amici, che come me, avevano respirato le stesse atmosfere e
fatto gli stessi percorsi. Si tratta di artisti che avevano
conosciuto Pagani o che come me erano affascinati dalla sua opera, e
così alla fine sono uscite 21 canzoni eseguite da 15 interpreti. C'è
stato un grande lavoro di ricerca delle fonti storico-musicali e per
questo devo ringraziare Anna Jancek, per la preziosa collaborazione,
Caroline Pagani (sorella di Herbert), Davide Casali, Simone Rossetti
Bazzaro, Giovanni Poggio per l'assistenza al progetto e ultimo, ma
non l'ultimo, la professionalità e la dedizione di Josè Orlando
Luciano.
Marco Ferradini in concerto a Cologno |
Nel
1980, durante un week-end a Macugnaga, lei e Pagani avete scritto
alcune canzoni che sono entrate nella storia della musica italiana…
Avevo
appena scritto delle musiche e dovevo mettere i testi, così partimmo
per la montagna, perché Milano non permetteva di isolarci e lavorare
senza interferenze. Ci trovammo in un magnifico chalet di legno che
odorava di resina, la vista sul Monte Rosa, le passeggiate, i
mirtilli, le nostre discussioni/confessioni, insomma tutti
ingredienti che hanno fatto scaturire le parole che sono diventate i
testi delle canzoni. A Macugnaga scrivemmo un concept-album, dove si
descriveva la storia (vera) di due amici in crisi sentimentale, che
senza le donne e senza la tv partono per un week end, per dimenticare
e guarire dal male d'amore. I brani sono: “Teorema”, “Schiavo
senza catene”, “Week End”, “Questa sera”.
Lei
ha partecipato alle edizioni del 1978 e 1983 del Festival di Sanremo
con due canzoni importanti: “Quando Teresa verrà” e “Una
catastrofe bionda”, cosa ricorda di quelle esperienze? Ritornerebbe
a Sanremo?
Sono
state delle emozioni veramente uniche, direi esaltanti, per un
giovane quale ero allora, è stata una botta di vita irripetibile.
Purtroppo stiamo parlando di un mondo lontano e purtroppo sepolto.
San Remo, da qualche tempo non è più il festival della canzone; ci
vanno e ci fanno di tutto ormai. E questo vuol dire che la canzone
non è più considerata così importante da meritarsi da sola quello
spazio e quel palco. Anche se è rimasta l'unica vetrina per
presentare la produzione della musica prodotta in Italia.
Su
queste pagine abbiamo parlato spesso della RCA Italiana, che ricordo
ha di quei tempi e di Ennio Melis?
Ennio
Melis è stato un grande visionario che ha permesso lo sviluppo del
cantautorato in Italia. Se non ci fosse stato lui e la RCA che lo
sosteneva, molti dei nomi del nostro panorama musicale non
esisterebbero... me compreso.
Grazie
a “La mia generazione” abbiamo potuto riascoltare Simon Luca,
quanto sono lontani i tempi de “L’enorme Maria”?
Simon
Luca è un caro amico e un grande artista degli anni '70 che scrisse
degli album pregevoli e che merita di essere riscoperto. Fu lui che
mi presentò a Colombini.
Marco
Ferradini è sempre “Lupo solitario”?
Solitario
per scelta e Lupo per vocazione! A parte gli scherzi, mi piace la
solitudine perché mi permette di creare, di ascoltarmi dentro, ma
non amo stare solo per troppo tempo.
Work
in progress?
In
questi giorni sono impegnato nella registrazione di due brani che
voglio aggiungere al doppio CD “La mia generazione”. Nel
frattempo do una mano a Charlotte per la registrazione del suo primo
album... e poi spero di continuare a suonare e comporre, perché è
l'unica cosa bella che so fare.
Crediti
e ringraziamenti da parte di Marco Ferradini agli ospiti e ai
collaboratori del progetto “La mia generazione”:
Marco
Ferradini (chitarre, mandolino, basso acustico), Josè Orlando
Luciano (pianoforte, fisarmonica, programmazione), Simone Rossetti
Bazzaro (viola, violino), Davide Casali (clarinetto), Josè Orlando
Luciano, Marco Ferradini (arrangiamento e mix), Guido Rossi - Guizart
(grafica), Paolo Siconolfi (masterizzazione).
Hanno
cantato con Marco: Alberto Fortis, Andrea Mirò, Caroline Pagani,
Eugenio Finardi, Fabio Concato, Fabio Treves, Federico l’Olandese
Volante, Flavio Oreglio, Giovanni Nuti, Legramandi, Lucio Fabbri,
Mauro Ermanno Giovanardi, Moni Ovadia, Ron, Shel Shapiro, Simon Luca,
Syria.
Un
“grazie” speciale ad Anna Jencek e Josè Orlando Luciano, un
abbraccio a Caroline Pagani e grazie a Giovanni Poggio per consulenza
e progettazione.
“Teorema”
live Radio Italia:
“Alla ricerca di un sogno":
Copyright
© by
William Molducci
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