Intervista a Gerardo
Balestrieri
di
William Molducci
Gerardo
Balestrieri è nato a Remscheld in Germania ma le origini sono
italiane, tanto che è ritornato a vivere nel Bel Paese, inizialmente
in Irpinia ad Aquilonia Carbonara poi Napoli e Venezia.
In
Irpinia, dai nonni e dagli zii, per qualche anno ha studiato
pianoforte prima di essere catapultato a dodici anni in un'orchestra
di "Non solo Liscio", passando da una sagra a un matrimonio
come se niente fosse. Successivamente è giunto a Napoli, tra miti,
mare, colori, poesia e musiche della città che lo ha formato e sente
più sua.
“Canzoni
nascoste” è il suo quinto album, una raccolta di dodici pezzi
scritti da tempo e mai pubblicati, in perfetto e casuale equilibrio
tra tonalità maggiore e minori. Un disco per metà leggero e per
metà inquieto, così come si definisce lo stesso autore.
La
sua musica non ha uno stile unico, la si può classificare con una
lunga serie di nomi ed aggettivi, ma in sintesi racchiude una visione
senza confini del pentagramma, che sia swing, jazz, blues made in OM
Camion, chansonnier
français, ironia o lucida sincresia.
Il
suo disco è entrato tra i finalisti per il Premio Tenco 2016, nella
sezione più ambita e difficile: miglior album in assoluto.
"Canzoni nascoste", il nuovo album di Gerardo Balestrieri |
Qualche
anno fa hai fatto girato la California in tour, dove ti sei esibito?
Nel
2009 ho avuto la fortuna di fare un lungo tour in California in
compagnia del violinista Fabrice Martinez e della sua band. Da San
Diego alle montagne del Nord, da East Hollywood a Truckee fino a
Santa Cruz, Los Angeles, Berkley, Big Sur, Arcata, Caspar e così
via. Ho girato tutta la California presentando le mie canzoni e
qualche omaggio. San Francisco per me è la città più bella. Tour
intensissimo, si viaggiava senza sosta, distanze infinite e tanti
chilometri su strada. Ho capito meglio il rapporto tra gli americani
e la benzina.
Pubblico
calorosissimo e molto sensibile. Attento, scatenato, accogliente e
ospitale. Ho fatto tutta la tournée con un dito steccato, lasciato
tra il furgone e la sua portiera che qualcuno ha chiuso nella nostra
terza notte americana. E lì ho capito anche quanto costa andare da
un dottore, non sarebbe bastato l’incasso per farmi curare.
Gerardo Balestrieri |
“Canzoni
nascoste” si apre con “Les travailleurs de la nuite”, ladri
gentili e burloni in stile belle epoque…
“Les
Travailleurs de la Nuit” fa parte di un concept album dedicato al
vero ladro gentiluomo che ispirò Maurice Le Blanc per il suo Arsenio
Lupin. È la storia di un incontro fuori al caffè, la prosecuzione
di Rouen, brano inserito nell' album “Canzoni al Crocicchio”. Due
insoliti e ignoti lavoratori della notte.
“Son
Snob” (libera traduzione di “Je suis snob” di Boris Vian) ti
entra nella testa e non esce più… ma veramente quando morirai
vorrai la tomba firmata da Dior?
Mi
son divertito tantissimo a tradurre liberamente Boris Vian, tanto che
ne ho fatto un album ancora inedito. Giocare coi suoi giochi di
parole e metterci anche del mio. Ho un amico che assomiglia tanto al
personaggio della canzone. Aveva anche una Jaguar e non va mai al
mare in agosto...
“Garofano
e cannella”, che s’ispira a Gabriella di Jorge Amado, ci riporta
alla cultura e alla società del Cacao, tra dolci e lamenti, poesia,
fiele, brasato d’argento e amore…
Tra
le pagine del libro ho scorto una certa musicalità in movimento:
nelle parole e nella storia stessa. Leggendo vedevo Gabriella
camminare, cantare e ballare. La vedevo patire, amare e pronta ad
agire. Contro il colonnello di turno, contro lo sfruttamento
dell'essere umano e della donna. Cercando in musica il nero della
pelle e il bianco del barocco.
“Tom
is waiting for” e “Il cenone del mondo”, quanto ami contaminare
il blues?
Scrivo
blues e non me ne accorgo. A volte penso siano "solo" dei
valzer, come nel caso de “Il gusto nel niente e nel sorridere”,
dei tanghi o dei lenti fox trot (Canzone al Crocicchio). In Alta
Irpinia passavo le giornate in un camion dell'immondizia che andava
in giro per il paese a raccoglierla per poi scaricarla alla "
Rupe dei Signori ". Il blues è nato lì dal suono del motore e
dal rumore del rimorchio, dalla compagnia di mio zio con cui sono in
parte cresciuto. Dall'immondizia raccolta in paese e poi buttata dove
un tempo avevano dirupato il latifondo. Una metafora della vita in
scala pentatonica.
Hai
definito il tuo disco per metà leggero e per metà inquieto…
Un
po' come l'autore. È un disco che casualmente vive di un perfetto
equilibrio tra tonalità maggiori e minori. Una sequenza invece
studiata, che da leggera, briosa e ironica, si fa più inquieta,
sarcastica e riflessiva. Lontana, mi auguro, dalla superficialità
come dal piagnisteo.
Jazz,
swing, bossanova, blues, chansonnier français sono alcune delle
etichette con cui è classificata la tua musica, sino a far saltare
il tavolo con il liscio/punk di Rosamunda. È questo che intendi per
musica apolide?
Con
l’album di sole cover, in stile punk-hard core, che uscirà l'anno
prossimo mi auguro di far saltare oltre al tavolo, l'intero palazzo.
La parola apolide la uso per definire in sintesi me stesso e
considerate le vicissitudini, non potrei certo scrivere d'altro. È
così anche per la musica. Ma scrivere di musica, come diceva il
poeta, è un po' come danzare di architettura. Non ho uno stile
unico, come si fa tra l'altro a suonare solo quello o quell'altro?
Per me è inconcepibile e non è neanche musica. È un po' come
timbrare un cartellino.
Gerardo durante la lunga tournée del 2009 negli Stati Uniti |
Per
“Un turco napoletano a Venezia” ti sei valso di musicisti quali
gli Arif Azerturk Ensemble di Istanbul, rivisitando i classici
napoletani…
È
stato un progetto molto stimolante: registrare canzoni napoletane con
musicisti e strumenti mediorientali. Canzoni come “Scetate”,
“Tammurriata Nera”, “Maruzzella” che vestivano benissimo
sonorità apparentemente un po' distanti ma in realtà tanto vicine.
I mediorientali per esempio parlano napoletano ovviamente meglio di
un trevigiano.
“Bugia”,
suonato con elefanti, tombak iraniano, berimbau, sax, riporta alla
lucida provocazione di “Andare, camminare, lavorare” di Piero
Ciampi, per non dire Jannacci e Prévert nella forma di ripetizioni
ossessive di parole o proposizioni, nel tuo caso sotto forma di
filastrocca…
Grazie
per i preziosi rimandi. È una canzone più giungla che jungle. La
giungla di questa società in cui l'elefante le vomita addosso la
propria atavica infinita memoria, a ricordarle tutte le nefandezze
compiute.
Live in U.S.A. |
Più
volte finalista al Tenco, sarà questa la volta buona?
E
Quizas... magari. I miei dischi sono arrivati sempre secondi, un po’
come Toto Cutugno a Sanremo. Quest'anno "Canzoni nascoste",
è stato selezionato tra i migliori cinquanta nella sezione più
difficile: miglior disco in assoluto. Nell'attesa, dopo la semina,
piovono ottime recensioni che fanno ben pensare per il raccolto.
“Dimmelo”
video ufficiale
Copyright
by William Molducci
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