venerdì 3 maggio 2013

Anonimo italiano



Intervista ad Anonimo italiano
di William Molducci


Anonimo Italiano ha esordito sulla scena musicale nel 1995, in occasione dell'uscita del suo primo album, intitolato semplicemente "Anonimo Italiano", che conteneva, tra gli altri, “E così addio”, un brano divenuto subito un grande successo. Il cantante suscitò subito molto interesse e sorpresa, in quanto si presentava e si esibiva in forma anonima, grazie ad una mascherina sul viso, inoltre, il suo modo di cantare, seppure con sfumature diverse, ricordava quello di Claudio Baglioni. Quel primo album vendette ben 120.000 copie, consentendogli di ottenere il disco di platino (quelli erano altri tempi per l'industria discografica), successivamente l'artista pubblicò l'album "Buona fortuna". In coincidenza con questo evento decise di uscire dall'anonimato e si propose come Anonimo italiano/Roberto Scozzi. Negli anni successivi ha pubblicato altri due album, intitolati rispettivamente: "Dimmi che ami il mondo" (2002) e "L'infinito dentro noi" (2006), quest’ultimo realizzato con l’Orchestra sinfonica di Bari diretta da Tony Carnevale.
Dopo sette anni di silenzio discografico è uscito il suo quinto CD, intitolato semplicemente “Five”, contenente 10 nuovi brani, tra cui un inedito duetto con Amedeo Minghi. Il riscontro del pubblico non si è fatto aspettare, tanto che il “Five” (come lo chiama affettuosamente lo stesso suo autore), è entrato di forza subito tra i primi 100 best sellers del mondo su Amazon.
Anonimo/Roberto Scozzi, ci ha gentilmente concesso un’intervista in esclusiva, dove abbiamo parlato del suo ultimo lavoro, ma soprattutto di lui come uomo e come artista.
Prima di iniziare l’intervista vorremmo citare la dedica riportata sull’album “L’infinito dentro di noi, dedicata da Anonimo italiano ai suoi fan: “nel 1995 dietro una maschera, un ragazzo iniziò a cantare canzoni come… e così addio, anche questa è vita, in questo corpo a corpo, mi mancherai. Queste canzoni vi hanno fatto sognare e mi hanno fatto sognare.


Come mai un silenzio così lungo tra "L'infinito dentro noi" del 2006 e il recentissimo "Five"?

Semplicemente perché ho sempre pensato che un’artista debba pubblicare un nuovo lavoro quando ha qualcosa da comunicare, un po' come si faceva una volta. I dischi belli non si realizzano in sei mesi oppure per contratto, si scrivono e si pubblicano quando si è maturato in se stessi un “nuovo mondo”, nuove cose che si vogliono raccontare. Per lo stesso motivo, sono un po' contrario alle cover di brani (intendendo, chi incide cover), di successi, quando non ce ne sia un significato, un reale "bisogno" di cantare la canzone di un altro... Preferisco la creatività, quello che si ha da raccontare in quel momento. Dopo questo disco potrei restare fermo altri due o tre anni, senza per forza dover "saturare" chi mi ascolta, vedremo... Ritengo che sia bella anche l'attesa, il lasciar passare del tempo fra un discorso musicale e un altro, senza l'urgenza di apparire. Questo ti fa apprezzare anche di più dal tuo pubblico, ti consente di assaporare meglio le cose che fai per loro e per il tuo lavoro.

Anche se non appare in TV molto spesso, il lavoro del musicista/interprete ha un suo percorso alternativo che prevede serate, radio, feste aziendali e di piazza, collaborazioni artistiche, ecc., tu cosa ha fatto negli ultimi anni, in cui sei stato un po' lontano dai riflettori?

Sono stato lontano dai "riflettori" come dici tu, se ti riferisci alle apparizioni televisive, ma non sono mai stato dimenticato dal mio pubblico e dalle persone che mi amano, che sono tante. Certamente continuo il lavoro dei live, dei concerti, degli showcase in giro, cercando sempre però di fare solo cose belle, di non svendermi. E’ questo il lato più difficile, ma anche più serio del mio lavoro. Soprattutto cerco di non andare in giro per due soldi, solitamente evito feste, party e quant'altro, dove sono spesso invitato, perché non canto gratis. Questo significa rispettare il proprio mestiere e ciò in cui si crede.

Abbiamo seguito sulla tua pagina Facebook, l'evoluzione del tuo ultimo Album, intitolato "Five", nato tra prestigiose collaborazioni (vedi Amedeo Minghi) ed eventi tristi, come la prematura scomparsa di Roberto Mezzetti (batterista e produttore), vuoi parlarci di questo tuo ultimo lavoro e delle persone che vi hanno partecipato?

Si, in realtà "Five" è un lavoro che era già in cantiere da circa tre anni, poi è stato sospeso e di nuovo ripreso. Il progetto è quindi maturato molto lentamente, con la possibilità di lavorare ai testi con calma e pazienza. Purtroppo, come sai, siamo stati colpiti da un improvviso evento infausto quale la scomparsa di Bob Mezzetti. Un mio carissimo amico, nonché produttore esecutivo dell'album. Inoltre, Roberto era il mio batterista ed anche quello di Amedeo Minghi. E proprio con Minghi, anche lui molto colpito come me dal triste evento, abbiamo voluto ricordalo per sempre, incidendo il duetto e dedicandogli il brano "L'Aquilone", che chiude il "Five". Si tratta di un pezzo molto toccante e particolare. Sono riconoscente ad Amedeo Minghi, per questo suo cameo musicale.
I musicisti, i tecnici, gli autori oltre al sottoscritto, che hanno lavorato al "Five" sono davvero tanti, circa una trentina. Si tratta di un numero di persone considerevole, se si pensa che in fondo si tratta di un'auto produzione. Al progetto hanno partecipato professionisti di altissimo livello e citarli e ringraziarli tutti sarebbe un'impresa, direi in primis Gianni Luna, che ha realizzato gli arrangiamenti ed è stato anche autore e co-autore dei brani, Maurizio Festuccia, mio autore e co-autore già dagli esordi, l'equipe dei bravi musicisti di Amedeo Minghi per "L'Aquilone", l'orchestra d'archi di Francesco di Tullio. Non posso dimenticare i performer della band che mi segue da anni: Bob Masala al basso, Francesca Barone e Fabio Dolci (keyboard), Nicola di Già alle chitarre e naturalmente il sottoscritto, nelle vesti di produttore artistico del progetto. E' un elenco infinito, mi fermo qui, non basterebbe tutta la pagina.



Cosa rappresenta per te oggi la famosa maschera, che indossavi agli inizi della tua carriera?

La maschera è un "ricordo romantico" di quel periodo. La indossai anche perché ero troppo timido, in fondo ero una specie di "fantasma del palcoscenico" del pop...
Un personaggio di sogno, un'emozione senza corpo o identità. Quello ha significato e rappresenta ancora la mia Bauta (maschera del carnevale di Venezia N.d.R.) d'argento, che ora è custodita nella bacheca, insieme ai miei dischi e ai ricordi più belli mai sopiti di quel tempo.

Nella difficile situazione attuale del mercato discografico, "Five" rappresenta una vera e propria sfida, dai primi riscontri sembra che il CD stia andando molto bene, ritieni che la qualità del "prodotto" possa fare la differenza?

Si è vero, il "Five" sta andando benissimo, è partito alla grande! In realtà, io ho sempre pensato che il mercato discografico attuale fosse ormai un po' saturo di prodotti, diciamolo, anche "inutili", per questo non voglio certo mettere il mio album al primo posto, ma il tanto proliferare di brani riproposti di altri interpreti, denota, secondo me, un momento di vuoto di fantasia. Bisognerebbe tornare a pensare alla "canzone" non come ad un semplice prodotto usa e getta, ma come ad una cosa preziosa, che “racconta” l’artista, in un momento particolare della sua vita. Questo è il vero motivo per cui si dovrebbe realizzare un nuovo disco e non per via delle mode, dei capelli o delle tendenze del momento... Evitando, inoltre, di utilizzare la lingua italiana in modo banale, sciatto e senza poesia. Una volta, per far questo esistevano autori quali Mogol, Giancarlo Bigazzi, Paolo Morelli, ed altri, che scrivevano stupendi testi e non parole brutte, scopiazzate dai telegiornali o da slogan messi a caso. Un'altra classe, un'altra scuola, che ancora oggi resta indimenticabile...

Per chiudere ci racconti il Roberto Scozzi del dietro le quinte?

Roberto Scozzi, alias "Anonimo Italiano". Tutto qui! Due in uno...ma unico, almeno per me.

Sito ufficiale Anonimo Italiano 

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