di
William Molducci
Antonello
Venditti considera “Tortuga”, il nuovo recente album, uno dei
suoi migliori dischi in assoluto. Ascoltandolo si ha subito
l’impressione di una ritrovata ispirazione da parte del cantautore
romano, protagonista della scena musicale italiana da oltre 40 anni.
Il
ritorno alle origini è sublimato dal titolo del nuovo lavoro, che
porta il nome del bar frequentato dagli studenti del liceo classico
Giulio Cesare di Roma, un luogo “dei sogni” dove Venditti ha
studiato e ambientato alcune importanti canzoni del suo repertorio.
Il viaggio nella memoria si compie attraverso nove “racconti” che prendono spunto dal passato per meglio raccontare l’Antonello della seconda decade del 2000. L’idea è nata dopo il tour “70/80… Ritorno al futuro” in cui l’artista ha riproposto brani storici come “Lilly”, “Compagno di scuola”, “Roma capoccia” e “Ci vorrebbe un amico”.
Cover di "Tortuga" |
Scorrendo
la lista dei pezzi troviamo “Non so dirti quando” (con un
“sospiro” quasi impercettibile di rap), “Tienimi dentro te”,
“Attento a lei” e “Cosa avevi in mente”. Quest’ultima,
forse la più “vendittiana” di tutte, è un biglietto di andata e
ritorno tra i sentimenti, dove l’illusione dell’amore assoluto si
trasforma in un rito fatto di simboli, spesso senza valore, e di
storie da non dimenticare: “…
l'amore é un rito pagano per raccontare domani a tua figlia chi eri,
chi eri...”.
I
fiati di “Ti amo inutilmente” esaltano un Venditti sincronizzato
con la generazione “digitale”, ma è con “I ragazzi del
Tortuga” e “Tortuga” che l’operazione raggiunge il punto più
alto, sancendo il ritorno del “ragazzo” grazie a una ballata
nostalgica nei testi e nei ritmi, che variano dal rhythm & blues
sino al rock. Si tratta di un omaggio alle sonorità degli anni ’90
e allo spirito musicale più genuino, un riproporsi ideale ”in
strada” senza chiusure e confini: “…
tra i ragazzi del Tortuga tornerò, si canterò per vicoli di Roma
canterò...”.
“L’ultimo giorno rubato” è la canzone dell’amore finito, probabilmente autobiografica, dove in modo aspro e disilluso si esorta a ripartire dopo la fine di una storia: “Quanti giorni mi hai rubato senza che me ne accorgessi, quanti ne hai restituiti dopo averli fatti a pezzi, non ha più significato il nome che ti ho dato, ricomincio dall'ultimo giorno rubato…”.
“Nel
mio infinito cielo di canzoni” è un brano d’amore per la musica,
un labirinto dove non ci si può perdere per il semplice motivo che è
impossibile entrarci. Un luogo della mente dove gli estranei sono
esclusi: “Qui nel mio infinito
mondo di emozioni dove non riesco mai a portare te vieni a
prendermi…”.
Frame tratto dal video di "Cosa avevi in mente" |
Memoria
e dolore si uniscono nel ricordo di Alessandro Centofanti, storico
tastierista del cantautore romano cui è dedicato l’album,
collaboratore, tra i tanti, di Claudio Baglioni, Ennio Morricone, De
Gregori, Ron, Rino Gaetano, Lucio Dalla, Mia Martini e Renato Zero.
Il leone ruggisce con forza e ispirazione, grazie a un viaggio apparentemente nostalgico, conscio che tutti hanno frequentato il bar del Tortuga e che si continuerà a farlo, l’importante è non dimenticarlo. La voglia di rigenerarsi di Venditti è lucida e sincera, nei testi e nei suoni, preambolo di future sfide senza dubbio più difficili da affrontare.
Video ufficiale di "Cosa avevi in mente":
Copyright
by William Molducci
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