Incontro con Cinzia
Damassa
di William Molducci
Cinzia Damassa, dopo il
conseguimento della Laurea in Economia e Commercio, nel 1992 si
avvicina al teatro frequentando il laboratorio “Le Belle
Bandiere” condotto da Elena Bucci e Marco Sgrosso,
proseguendo successivamente la propria formazione a Milano, con
Tatiana Olear, Lorenzo Loris e Roberto Cajafa.
Fra le sue performance
più recenti ricordiamo: “Shoah” tratto dal testo di
Katherine Kressmann Taylor; “Un pensiero a Tre” di
Armanda Salvatori, diretto da Ranjani Cristina Sole (tre personaggi
femminili che rappresentano cuore, mente e corpo di una donna
attraverso il dramma di un amore perduto) e “Mathilde” di
Véronique Olmi, con la regia di Cajafa (una scrittrice esce dal
carcere e ritorna dal marito dopo una relazione con un ragazzo di
diciassette anni).
foto tratta dal monologo teatrale “Novecento” |
Cinzia, ravennate di
origine, ha recentemente recitato ne “Il viaggio di Roberto - un
treno verso Auschwitz” diretto da Alessio Pizzech, un’azione
scenica musicale che racconta la storia di Roberto Bachi, un
ragazzino vittima della Shoah, vissuto a Ravenna.
Tra
i lavori più riusciti dell’attrice c’è ”Novecento”, il
monologo teatrale di Alessandro Baricco che nella sua versione vede
la trasposizione al femminile del protagonista. Lo spettacolo è
proposto in due versioni: con l'accompagnamento di Stefano Calvano
alle percussioni e one-woman
show, con la sola attrice presente sul palcoscenico.
Intervista a Cinzia
Damassa
Com’è nato il
“tuo” Novecento?
Il progetto è nato
casualmente. Tre anni fa mi è stato chiesto di leggere “Novecento”
a tre classi di una scuola media a Settimo Milanese per la Giornata
della Lettura. Non conoscevo il testo ma prima ancora di realizzare
come risuonava dentro di me, ho sentito l'impatto profondo che ha
avuto su una platea di ragazzini abituati a suggestioni soprattutto
visive. In quell'occasione ho avuto la gioia di costatare che tutti
erano riusciti ad ascoltare in silenzio per più di un'ora e mezza.
Quell'esperienza mi ha lasciato poi la voglia di approfondire e
quindi di coltivare il sogno, di portarlo in forma di monologo al
pubblico come attrice. L'ho dunque proposto al regista con cui
collaboro da anni, Roberto Cajafa, con il quale qualche mese dopo,
nel giugno del 2012, l'ho portato per la prima volta in scena.
Novecento” è proposto in due versioni: con l'accompagnamento musicale di Stefano Calvano e con la sola attrice presente sul palcoscenico |
Cosa ti ha fatto
innamorare del progetto e cosa hai scoperto approfondendo il testo?
Ciò che mi ha inizialmente colpito del testo è lo stile, originale, fiabesco, a tratti inafferrabile; mi sono accorta di leggerlo come si ascolta una musica che ti coinvolge nell'intimo senza un vero perché. A tutti credo sia capitato di innamorarsi di un testo musicale o di una musica stessa senza capirne davvero il motivo. Sentivo il bisogno di correre alla fine e quindi di rileggerlo. La seconda lettura mi ha totalmente conquistata perché sentivo che si parlava della vita, nel suo senso più profondo. Qualche tempo dopo ho capito che era un testo prezioso, perché fa riflettere, rivalutare, perché accarezza forze e debolezze di ognuno di noi, perché tocca corde profonde. Dopo quasi tre anni, ancora oggi, ho voglia di studiarlo e approfondirlo: l'anima di Novecento in fondo non può non richiamare per chi lo conosce e lo ama l'Idiota di Dostoevskij, il principe Myskin, imbelle e genio, incapace di stare in un mondo che ti costringe a scegliere, bruciando alternative e opportunità, mortificando lo spirito, lui che è puro spirito e che vede nella scelta un elemento di cinismo, di utilizzo del mondo per i propri fini.
Damassa ha interpretato “Shoah” tratto dal testo di Katherine Kressmann Taylor |
Aspetti ed
emotività della trasposizione al femminile?
Il regista ed io abbiamo
discusso a lungo se rappresentare al maschile o al femminile il
narratore, l'amico di Novecento, il trombettista, testimone e amico
del protagonista. Poi si è deciso per una trasposizione al
femminile. In questo modo abbiano potuto lavorare sull'amicizia di un
uomo e di una donna. Aldilà di ciò è la lettura del testo al
femminile che sono convinta possa dare un contributo. Novecento è
una creatura androgina per definizione, quindi un’interpretazione
femminile non può che arricchirne il contenuto. Il nome del
piroscafo stesso, il Virginian, non è casuale. Come non lo è la
figura di Jelly Roll Morton, lo sfidante di Novecento, parodia della
mascolinità più rozza.
Perché due
versioni diverse di “Novecento” e come hai vissuto la duplice
presenza sul palcoscenico?
Ancora una volta per puro caso (ma il caso evidentemente non esiste) ho avuto fra il pubblico Stefano Calvano, eclettico batterista, percussionista e musicista ravennate che suona percussioni etniche come cajon, congas, bongos, timbasle, darbuka tablas, percussioni elettroniche come wave drum, loops e tabla box, come anche strumenti da lui stesso inventati e costruiti. Fra noi si è instaurata immediatamente una forte empatia e naturalmente è nata la voglia di lavorare insieme. Novecento si dice suonasse una musica che non esisteva prima che la suonasse lui, e questo è ciò che ho potuto sperimentare lavorando con lui. Ho sentito che il monologo si arricchiva così di una nuova interpretazione, la presenza in scena di un artista come Calvano, che notoriamente sperimenta e improvvisa, permette la lettura del testo come la metafora del lavoro dell'artista: la nave diviene il viaggio dell'artista stesso dentro di sé e, come la nave che cambia equipaggio e clienti, così il musicista cambia ogni sera il suo pubblico e la sua musica con lui. La musica diventa un galleggiare, un modus vivendi, la ricerca di un macrocosmo nel microcosmo.
La difficoltà però, con
questa nuova versione, è riuscire a tenere il pubblico sempre
aderente al monologo, alle parole. Un altro artista in scena così
potente rischia di distrarre il pubblico dal filo che lo conduce. Amo
entrambe le versioni però non saprei dare un giudizio di valore.
Sono entrambe molto significative per me, oserei dire due spettacoli
diversi.
”Novecento”, portato in scena da Cinzia Damassa, vede la trasposizione al femminile del protagonista |
Novecento non
scende a compromessi, gli assomigli?
Istintivamente mi
verrebbe da dire che io sono Novecento. Non nel genio ma nelle
debolezze. Anch'io come lui mi sento una visionaria, una persona che
preferisce sublimare i propri desideri anziché scendere ai
compromessi del pragmatismo della scelta. Anch'io ho tentato di
scendere gli scalini di quella scaletta che mi avrebbero portato a
terra, anch'io vedo il mondo terribile ma meraviglioso, anch'io vivo
sulla mia nave, anche per me la terra è un viaggio troppo lungo,
dove si rischia la frammentazione della propria identità.
Progetti futuri?
Per quanto riguarda Novecento sto lavorando alla sua versione in inglese per poterlo espatriare. Inoltre, a breve inizierà una sperimentazione con l'accompagnamento live di un trombettista che sarà la voce musicale di Jin Tooney.
A fine aprile replicherò
a Milano “Mathilde” con Mario Mantero e a settembre “Un
pensiero a tre” di Armanda Salvatori con Cristina Kotter e la
stessa Salvatori, per la regia di Cristina Sole. Oltre non so, non
sono abituata a programmi a più di qualche mese. Purtroppo o per
forza.
Cinzia Damassa fotografata da Diletta Ferruzzi |
Le fotografie tratte
da “Novecento” sono di Simona Gigliola Suprani, la foto tratta da
“Shoah” è di Marco Moro, quella del riquadro iniziale è di Roberto Cajafa.
"Novecento" con Cinzia Damassa e Stefano Calvano
"Novecento", la versione "OneWomanShow"
Copyright by William Molducci
1 commento:
Siamo al cospetto di un talento che scuote le anime, commuove, ti trascina sul palcoscenico in un turbillon di emozioni e ti fa rivivere le sensazioni intense dei personaggi, proprio come Ti capita quando, osservando il Cenacolo vinciano, ti sembra di entrare nell'anima di ogni apostolo, rivivendo il sentimento diverso di ognuno.
Non mancherò mai agli appuntamenti di questa grande artista
Marzio da Milano
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