Il
profumo di UN’ERA, recensione e intervista ad Amelie
di
Daniele Mosca
L'album
"il profumo di un'era" della cantautrice Amelie é un
lavoro importante, intenso e ricco di sensazioni. Un rincorrersi di
emozioni, tra brividi e riflessioni. Si ha questa impressione sin dal
primo brano "Il nuovo mostro", che racconta un viaggio in
tonalità minore. L'oscurità della notizia oltre il nero dell’anima.
La dinamica del mostro. Un viaggio nell’anima umana, nella sua
parte più sporca. In "Messaggi" si parla di credere in un
ritorno, nell’essenza di un pensiero.
L'Atmosfera del brano é
intima, una musica che avvolge, che trascina. Guardi nell’anima,
guardare oltre l’anima. Il volto della luna, quello sconosciuto.
"Il Profumo di un'era" é una ballata al limite tra cielo e
terra. Tra anima e pensiero. La trasposizione della realtà, il
viaggio nell’altra dimensione, traghettati dal ricordo, dal
pensiero. Dall’emozione. L'Evocazione dei ricordi e il lascito
degli insegnamenti di una madre. Amelie svela la sua anima tra le
note sofferte di un pezzo sicuramente importante e che mette in luce
una grande maturità artistica e personale. "Milano"
racconta l’amore per una città, per le sue vie. Per sue
sensazioni. Le due anime di un luogo, l’essenza dei passi nel
centro di pensiero. Un Natale rarefatto, pensieri che si raccontano,
un momento più in là, oltre quel pensiero che coglie
all’improvviso. "Zero" é il ritorno un mondo oltre noi.
La fatica di essere se stessi, oltre l’orizzonte. "Con naso
all’insù" é una ballata intensa, che mette al centro la
passione di un sogno. Tra realtà e illusione. La follia di crederci,
nonostante tutto. "Mondobit" é un pezzo ritmato, che
richiama sonorità tra anni '80 e '90. Una dinamica di modernità, la
realtà virtuale distorta da sentimenti artificiali. Cosa saremo? Chi
saremo? Luoghi distanti, senza farsi male. Senza guardarsi. Un
sguardo nel futuro, per non dimenticare il passato. Chi siamo. "Ti
ho ucciso con un click" sulla scena di una storia, guardare una
storia d’amore, da un punto impassibile. Senza rimorsi, senza
trasparenze. Ballata intensa e profonda. Un brivido, che non si può
nascondere. Soave. "L’alieno delle 3" parla della
diversità. La conoscenza sconosciuta. La violenza del giudizio,
della libertà negata. Il peso dell’ingenuità. "Dicembre"
é un giorno in cui nevica e c’è il sole. Il paradosso del sentire
un mistero, della vita oltre lo specchio di ciò che sembriamo.
"Un’altra vita". Racconta di una storia finita. Girare
pagina, costruire un’altra vita. Una nuova vita. L’addio che fa
male, ma che è l’unica soluzione. Il ricordo che rimane lontano.
Un altro nome. Un’altra età. Ricominciare a vivere. Perdersi, per
ritrovarsi. Ancora. "Che cosa c’è" é un viaggio tra
note sibilline, intendere, capire. Incontrarsi al margine di un
attimo. Raccontarsi, reinventarsi. Cambiare. "Polaroid" é
il brano che chiude l'album. Fermare un attimo, nella cornice di una
polaroid. Non nascondere nulla, mostrare l’evidenza della realtà.
Mettere in luce i difetti, farsi vedere per ciò che si è.
Immortalare l’ideale di un amore, tradito dalla sua essenza.
Ingannarsi, per difendere il senso. Il profumo di un'era é un album
che lascia emergere la bravura di Amelie, dal l'impostazione tecnica
vocale, all'intensità delle interpretazioni. Un disco completo, che
raccoglie testi più leggeri e più profondi. Un viaggio nelle
emozioni più diverse, con brani che emozionano e fanno sognare.
Brava Amelie, bello il disco, sicuramente da ascoltare. Un'ottima
compagnia.
Ho
posto alcune domande ad Amelie. Ecco le sue risposte.
Un
disco sofferto, sicuramente. Cosa ti ha spinta a entrare nella mente
dell’uomo per descriverne i lati oscuri e le sfumature delle
emozioni?
Lo
puoi dire forte. Ho trascorso due anni a fare una sorta di “ricerca”
interiore attraverso suoni, sensazioni, emozioni, ricordi: il tutto
attraverso un approccio molto serio di quello che è il puro concetto
di “musica”, concentrandomi su una maggiore conoscenza della mia
“spiritualità” (espressa attraverso la mia voce e le mie
melodie). È stato come un viaggio di esplorazione bellissimo e anche
doloroso; è come se durante questa avventura mi fossi resa conto di
quanto essere “umani” possa portare ad avere un mondo eterogeneo
e ricco di sfumature non sempre belle. Per questo mi son presa del
tempo. Ho voluto raccogliere e raccontare questa varietà attraverso
brani molto differenti tra loro che possano in qualche modo
descrivere le varie sfumature. Ed ecco quindi pezzi con più lati
oscuri, noir, quasi cinici, e pezzi più luminosi e solari, intimi e
riflessivi.
Che
rapporto hai con la tua voce?
Molto
buono. È il bene più prezioso che ho fin da piccola. Ho imparato a
coltivarla, a gestirla, ad amarla e ad indirizzarla su uno stile di
canto (credo e spero) molto personale (così mi viene spesso detto
sia da addetti ai lavori che da ascoltatori).Trovare il proprio stile
di canto, al di la dello studio della tecnica, credo sia la cosa più
importante. Una volta che ci riesci ti senti completo,riconoscibile,
e io, dopo molto impegno, studio, passione, in questo momento mi
sento gratificata. Nonostante io insegni tecnica vocale, credo che la
cosa più importante per chi usa la voce a livello artistico, sia
sempre la personalità timbrica ed espressiva. Se sei riconoscibile
hai una marcia in più, che si piaccia o meno (quello dipende sempre
dal gusto personale di ognuno). È pieno di gente che canta bene ma
che confonderesti con altri cento cantanti. Per cui ho sempre
lavorato cercando di tirare fuori I lati che preferisco del mio
timbro, adottando per esempio uno stile basato sull'”aria”, sul
soffiato e sulla voce leggera, divertendomi a giocare (soprattutto in
questo nuovo disco) anche con parti liriche (come in “Polaroid”)
o parti “urlate” in belting (come “Milano”, “Zero”).
Diciamo che, riassumendo, la tecnica ti mette a disposizione solo
tutti I colori della tavolozza, e poi tu scegli quali usare. Ritengo
importante però che sul pop italiano e ancora di più sulla musica
d'autore non si debba sempre adottare un virtuosismo esagerato per
mettere in primo piano la vocalità a scapito delle parole o della
musica. Preferisco il virtuosismo messo a disposizione della propria
qualità timbrica e dall'espressività che riesce a creare emozioni.
Quando canti canzoni che scrivi è sempre importante trovare
l'equilibrio e la perfetta formula tra voce, testo, musica,
arrangiamento. La voce è uno strumento che ha il compito più
difficile: quello di far parlare una canzone.
Nel
brano “Il profumo di un’era” racconti una storia intensa e un
rapporto che ti ha segnata. Quanto ti è costato scrivere questa
canzone?
Il
Profumo di un'Era è il brano del disco a cui sono più legata. L'ho
sognato e ha preso vita subito al mio risveglio. Io ho composto la
musica. Per l'arrangiamento ho lavorato in simbiosi con Giovanni
Rosina mentre per il testo ho affidato il tutto a Fabio Papalini,
mettendo solo qua e là qualche mia parola o frase (come per il
lavoro svolto su tutto l'album). Fabio aveva appena vissuto la
perdita di sua madre e quando mi ha inviato il provino del testo è
riuscito a commuovermi fino a farmi piangere: questo è quello che
cerco nella musica: emozioni. La sua storia è raccontata in modo
talmente universale e allo stesso tempo intimo che alla fine credo
porti ognuno ad immedesimarsi in questo dolore. Io personalmente ho
associato il testo alla perdita di mia nonna, una specie di seconda
mamma (nel video infatti utilizzo delle sue foto risalenti ai primi
del Novecento). Il messaggio del “Profumo di un'Era” credo riesca
a trasmettere un messaggio facilmente condivisibile: le persone che
ci trasmettono valori intramontabili ci lasciano un “Profumo” che
non puoi dimenticare nonostante la loro assenza materiale e
nonostante il tempo fisico scorra velocemente.
In
questo disco ti sei molto raccontata e guardata dentro, come ti
sentissi nuova. Cosa è cambiato in te? Come descriveresti questa
nuova Amelie?
Sicuramente
più forte, meno fragile, più concreta e più determinata. Mi sento
più matura anche se alla mia età questo termine fa anche un pò
ridere (sarebbe più opportuno utilizzare il termine “pensionata”)
:D. Ma c'è stata davvero una crescita e un cambiamento. Nel primo
album per esempio mi ero limitata a scrivere solo 2 pezzi e rivestivo
molto di più il ruolo di pura interprete. In questo disco invece
sono tornata ad essere musicista al 100%. 10 canzoni su 13 sono mie,
sono nate proprio da mie composizioni al pianoforte; alcune pre
produzioni sono state fatte da me in prima persona. Ho lavorato
tantissimo al lavoro di arrangiamento in simbiosi con Il mio
insostituibile produttore Giovanni Rosina e conosco a memoria ogni
suono usato in produzione. Sul brano “Che cosa c'è” per esempio,
oltre ad aver composto la musica, ho voluto fare io interamente
l'arrangiamento (ho imparato a usare abbastanza anche Logic ed è
stata la fine...ci sto attaccata fino alle 5 del mattino). Per quanto
riguarda i testi invece ho collaborato (come ti dicevo prima) con
l'autore toscano Fabio Papalini: c'è stata anche con lui molta
condivisione; ci confrontavamo sulle frasi, sulle parole da
utilizzare o su qualche cambio armonico che potesse sottolinerare
parole forti... abbiamo trascorso insieme intere nottate e giornate a
parlare per esempio delle tematiche affrontate. Mi sono molto
divertita in questi due anni, nonostante fare ricerca interiore
comporti anche momenti dolorosi e non sempre facili. Ma la parte
creativa è sempre quella che preferisco.
Sei
molto presente sui social e ci sono diversi riferimenti in alcuni
tuoi brani, racconti anche un po’ la solitudine di questi luoghi e
si percepisce la nostalgia di una realtà meno virtuale. Qual è il
tuo rapporto con la realtà “virtuale”?
Ultimamente
il mio rapporto è cambiato molto. Aggiorno sempre tutto da un punto
di vista professionale, mettendo sempre meno invece contenuti
privati. Generalmente ho notato che negli ultimi anni c'è stato un
cambiamento radicale del Web. Nell'ultimo periodo c'è davvero troppa
roba ed è difficile emergere in mezzo alle tonnellate di
informazioni (soprattutto visive) che affollano i social. Oggi le
“cose leggere” o basate su una semplice immagine inevitabilmente
attirano maggiore attenzione, richiedono meno tempo e sono più
immediate. Pertanto diffondere musica o progetti in cui c'è bisogno
di un interesse meno “immediato” che richieda più tempo per un
ascolto o una lettura (di una recensione per esempio) è una cosa che
viene fatta davvero dalla minoranza….si sa che ormai I social sono
luoghi sospesi in cui se condividi un selfie vieni sommerso di like e
commenti, se condividi un articolo o un brano musicale, hai
sicuramente meno gente che si mette li ad ascoltare con reale
interesse lasciandoti un commento contestualizzato. Credo sia
importante anche imparare a riconoscere coloro che ti seguono in modo
fedele perchè davvero appassionati a ciò che proponi
artisticamente, da chi invece commenta solo all'inizio per apparire e
farsi notare o per pretendere magari qualcosa che vada oltre la
semplice conoscenza virtuale o sostegno professionale. Con questo non
voglio però gettare solo critiche sul Web. A me in molte occasioni
ha aiutato molto e ho conosciuto persone con le quali ho imparato
anche a costruire bei rapporti di stima. Diciamo che generalmente la
superficialità penso domini non solo nella vita reale, ma ancora di
più sui social e su Web, perché di gente che perde un po’ più di
tempo ad ampliare veramente la “conoscenza” di qualcosa sui
social ce n'è davvero poca e ahimè forse la musica di nicchia
fatica ad emergere come al solito, a meno che non si nasca geni del
marketing Web....ma spesso chi ha animo artistico, si sa, con il
marketing va poco d'accordo. Comunque come sai nel nuovo disco ci
sono pezzi che parlano proprio di questa superficialità da Web: in
“Ti ho ucciso con un click”, dico proprio “Sei un cuore
virtuale mi fai stare male, ti ho ucciso con un click”. Ormai il
click è diventato anche una sorta di Crick.
Nel
brano “Polaroid” emergono sfumature amare nei riguardi dei
sentimenti, come a voler fermare un attimo passato, perché non possa
sporcarsi. L’amore, oggi, è ancora quello che raccontavano i
cantautori di una volta, o è qualcosa che si è già “sporcato”?
L'amore
è qualcosa di grandioso che è stato esplorato dai più grandi
cantautori in modo sublime da De Andrè a Tenco, da Endrigo a De
Gregori, Battiato (che stra adoro). In Polaroid viene messo al centro
un amore specifico: l'amore per la verità. Polaroid è proprio una
sorta di inno alla verità. L'amore per la verità, certe volte fa
male. E' deleterio. Ci espone a consapevolezze di ogni tipo. Ed è
inutile tentare di non vedere le proprie e altrui verità perché
“tanto stanno sempre là”. Ma se si è abituati a farlo, o si
vorrà navigare “a vista e non di schiena”, non se ne potrà fare
a meno. Inizierà in quel caso un' Era della nostre vite costellata
di rivelazioni bellissime o forse di delusioni, rovine e catastrofi
di dimensioni cosmiche, per noi. Ma siccome amiamo la cifra
dell'ironia in ogni caso, a maggior ragione in questo frangente farà
la differenza prendere tutto con savoir faire mantenendo sempre un
certo “stile”. Per cui anche l'amore inteso come sentimento potrà
rivelare un aspetto meraviglioso oppure solo “pornografia” (come
si dice nel testo). Polaroid è uno dei 3 brani del disco che non ho
scritto io in prima persona (zulian/papalini) ma come gli altri due
unici pezzi non scritti da me (Messaggi e Mondobit), è nato
esclusivamente per la sottoscritta e credo si senta. Zulian e
Papalini lo hanno composto dicendomi subito "lo abbiamo scritto
per te". E appena l'ho sentito ho capito. Come Messaggi e
Mondobit si inserisce perfettamente nel mio modo di concepire la
musica e sembra davvero una mia composizione. Naturalmente insieme al
Rosina ho lavorato poi all'arrangiamento per stravolgerlo e farlo
ancora più "mio". Ogni volta che ascolto il finale con
quella coda strumentale con la parte lirica mi emoziono. E' il giusto
finale di quello che ho vissuto in questi due anni. Sono una
sostenitrice (anche un po' idealista) del concetto di verità,
sempre. Nel bene e nel male. Per questo ho voluto concludere il tutto
dicendo: "Scattiamo due polaroid del finale, con stile diciamoci
così sia".
Come
descriveresti il tuo album in un twit?
Un'avventura
musicale “col naso al'insù” tra “nuovi mostri”, “alieni
delle 3”, “messaggi” e “click” per arrivare a scattare una
“Polaroid” di “Un'altra vita” che parta da “Zero”. Tutto
per assaporare il Profumo di un'Era, la nostra.
Ringrazio
Amelie per la collaborazione, la professionalità e soprattutto per
la simpatia.
Copyright
©
by
Daniele Mosca
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