A cura di Barnaby Cornad
e Monte Schulz, traduzione di P. Restuccia, Omero Editore, 2012, 200
p.
di Simonetta Sandri
Davvero divertente e
interessante, questo libro dall’insolito formato rettangolare edito
dalla Scuola di scrittura Omero di Roma. Insolito e originale non
solo per la sua forma, ma anche, e soprattutto, per il contenuto: 180
strisce dei Peanuts di Charles M. Schultz accompagnate da rapidi e
brillanti consigli di scrittura da parte di autori come Ray Bradbury,
Ed McBain, Clive Cussier, Sidney Sheldon,
Danielle Steel, Cherie Carter-Scott, Catherine Ryan Hyde o Fannie
Flagg, per citarne solo alcuni.
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Tutti dialogano con Snoopy, lo
consigliano, lo seguono, gli danno opzioni, spunti e suggerimenti, lo
aiutano e l’accompagnano nella difficile quotidianità della
scrittura.
Questo simpatico
“manuale” andrebbe letto da tutti, giornalisti e scrittori in
erba (ma anche da quelli più esperti), da chiunque si appresti ad
affrontare la temuta e misteriosa pagina bianca.
Divertente e istruttivo
allo stesso tempo, potrebbe essere facilmente usato come testo
d’insegnamento e orientamento in qualsiasi scuola di scrittura.
La prefazione al libro è
di Monte Schulz, il figlio del creatore delle famose strisce dei
Peanuts, che racconta come il padre amasse i libri e la letteratura,
con i suoi oltre tremila volumi che ricoprivano le pareti del suo
studio e cataste accumulate sulla scrivania, in attesa di essere
lette.
Il dono del talento di
un artista e la sua responsabilità, secondo Charles, consistevano
nel dover esprimere la bellezza e il dolore del mondo per tutti
quello che non riuscivano a farlo. Si legge per ascoltare le voci
degli altri e imparare, anche da esse. Schulz scriveva ascoltando
Brahms, Beethoven o un qualsiasi cantante country. E in
quell’ambiente fatto di parole e note aveva inventato Snoopy,
Charlie Brown e gli altri. Un sogno che sarebbe diventato realtà.
Snoopy arrampicato di
fronte alla sua macchina da scrivere, sulla sua famosa cuccia sotto
il cielo vigile, è un’immagine costante e ispiratrice: il
simpatico bracchetto, come molti di noi, è sempre alla ricerca delle
frase, della parola, del paragrafo, del racconto, della storia,
insomma dell’illuminazione. E mostra la vera determinazione dello
scrittore, il suo impegno costante a cercare parole, personaggi,
idee, situazioni e momenti giusti. Allora, anche lui ha bisogno di
consigli, di un tutor illuminato, come si direbbe oggi.
Partendo dalla storica e
indimenticabile “era una notte buia e tempestosa”, Daniel Steel
ricorda a Snoopy che scrivere è un lavoro davvero duro e faticoso,
scrivere bene ma anche scrivere male. Un mestiere spesso stressante
per la sua incertezza, accompagnato dalla paura, dall’eccitazione,
dalla fantasia ma anche da tanta disciplina. Vi sono dolore e
sofferenze nell’avventura dello scrivere ma il senso di vittoria e
di sopravvivenza possono essere davvero molto entusiasmanti.
Come fare una lunga
maratona o scalare una montagna. Snoopy potrebbe scegliere un’altra
carriera, ma Danielle dubita che lui, come lei, lo farebbe mai.
Allora Sidney Sheldon consiglia Snoopy di lavorare molto sull’idea
del suo romanzo, perché sia avvincente e brillante, Cherie
Carter-Scott gli suggerisce le dieci regole per scrivere bene (quasi
un manuale di sopravvivenza, perché il nostro libro deve aiutare
qualcuno in qualcosa), Catherine Ryan Hyde gli consiglia di studiare
bene il suo spazio di mercato editoriale e di accettare l’idea che
le sue probabilità di successo sono in po’ di più di quelle della
lotteria, ma non troppo.
E poi c’è Fannie
Flagg, che ricorda come scrivere non abbia nulla a che fare con le
lauree, il vocabolario o l’analisi delle frasi ma semplicemente con
il grande desiderio di raccontare una storia. Questa storia però,
dice John Leggett, deve svolgersi in un luogo preciso. Ci dobbiamo
ritrovare li, insieme al lettore, vivere con lui e i personaggi,
sentendosi accaldati, assetati e sudati se siamo in Honduras o
infreddoliti se siamo in Alaska. Dobbiamo vedere il sole cuocere la
sabbia e le piazze, il vapore alzarsi dalla terra accaldata, la
nebbiolina a alzarsi e far cadere goccioline sui nostri vestiti.
Dobbiamo essere lì, tutti insieme. Per mano.
Perché scrivere, ricorda
J.F. Freedman in chiusura del volume, “è il miglior lavoro che io
conosca, perché ti permette di aver il controllo completo di quello
che fai e puoi davvero creare qualcosa dal niente”. E questo,
aggiungo io, è un potere meraviglioso, unico, un dono, quasi magico.
Davvero fortunato chi sa (e può) farlo.
Copyright © by Simonetta
Sandri
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