rubrica di cinema
corto
a cura di Simonetta
Sandri e William Molducci
Smile
di Matteo Pianezzi
Smile
ci mostra un mimo, vestito da pagliaccio, che ha sempre il sorriso
sulle labbra, soprattutto durante il suo spettacolo in strada. Il
mimo è sordomuto, ma con la sua forza e la sua simpatia dimostra
come ogni persona possa esprimersi facendo leva sulle sue qualità,
al di là di ogni impedimento.
Il film mostra con
delicatezza il mondo della sordità e in particolare della
discriminazione di cui sono vittime molte delle persone che hanno
questo problema. Smile
non ha toni vittimistici, anzi, offre allo spettatore molti spunti di
riflessione e gli consente di rendersi conto del pregiudizio allo
scopo di superarlo, anche con un semplice gesto di amore quale può
considerarsi un colloquio tra un padre e suo figlio. Una chiave di
lettura poetica che incontra l'amore, vissuto nel suo difficile
quotidiano.
Il mimo vive in una
grande città, dove ha amici e amiche, in particolare la commessa
della pasticceria, che forse prova un sentimento per lui, a cui dona
un fiore di plastica; ha anche un figlio, che vive qualche disagio a
causa del suo stesso problema fisico.
Il suo spettacolo attira
la gente, pur senza utilizzare le parole, che, come spiegherà lui al
figlio, con il linguaggio dei gesti: “le
persone dicono un sacco di stupidaggini, meno male che io e te non
dobbiamo sentirle”. Una
volta giunto a casa trova ad attenderlo il figlio, seduto sul divano,
con ancora sulle spalle lo zaino della scuola. Il bambino è triste,
non vuole più andare a scuola perché i compagni lo prendono in giro
a causa della sua “diversità”, si è convinto quindi di non
essere come gli altri.
Il padre, con estrema
dolcezza e soprattutto con verità, gli spiega che lui è un bambino
uguale a tutti gli altri, che è bellissimo, forte e coraggioso. Le
sue parole entrano nel cuore del figlio, di nuovo pronto ad
affrontare le difficoltà della vita.
Smile
più che un cortometraggio sembra un vero e proprio atto di amore,
che in fondo è la chiave di questa storia, come ha affermato anche
lo stesso Pianezzi: "L’amore
avvolge lo spettatore come una coperta, coccolandolo, facendolo
sentire a suo agio, libero di emozionarsi”.
Il soggetto e la sceneggiatura sono stati scritti dallo stesso
Pianezzi, mentre le belle illustrazioni che impreziosiscono il film
sono di Francesco Venturi. Un plauso va riservato al protagonista
Martino Apollonio (ha recitato nell'episodio Cuori
randagi
del film Eden
del regista Johnny Triviani), a tratti davvero commovente e
all'ottima fotografia di Dario Di Mella. Il
cortometraggio ha vinto la prima edizione del Festival Cinethica
e
il premio come miglior corto al Mompeo in Corto 2012 oltre al premio
come miglior attore assegnato a Martino Apollonio, per la sua
straordinaria e “silenziosa” interpretazione. (WM)
Sevilla
di
Bram Schouw
Finanziato
dal Netherlands Film Fund, Dutch Cultural Media Funds and CoBO-Fund e
Best Short Film al Netherlands Film Festival nel 2012, Sevilla
è un film sul viaggio, sui valori che da giovani si sentono
maggiormente, considerati imprescindibili dalla propria stessa
essenza: libertà, amore, amicizia, intimità, unione, avventura,
tenerezza, leggerezza, solidarietà. Tre amici partono per un viaggio
che dovrebbe essere spensierato ed indimenticabile, l’automobile
carica di bagagli, tanta energia e Boris alla guida. Boris, il
maggiore, sarà il personaggio chiave, i due ragazzi sono fratelli,
la bella e dolce ragazza la fidanzatina - per usare un termine un po’
obsoleto - di Boris. L’amore è grande, la forza è quella dei
primi innamoramenti, il viaggio è sicuramente più importate della
meta. La telecamera spazia dall’interno disordinato
dell’automobile, a campi aperti avvolti dal grano, baciati dal
sole, abbracciati dall’arcobaleno. Fino ad un muro dove si
dipingono sagome di corpi liberi, ombre che rimarranno nell’ombra,
alle feste folcloristiche di una cittadina che assomiglia a Liegi,
dove la giovane danza con un vecchio e simpatico signore che forse si
ricorda del valzer che amorevolmente aveva intrecciato con quella che
sarebbe stata la sua amata moglie per oltre trent’anni. Boris e gli
altri, Boris la guida, Boris il capo banda di amici uniti, così come
si sa essere uniti negli scout. Boris che avanza, insaziabile e
temerario, che corre talmente da osare l’inosabile. Fino alla cieca
tragedia. Un tuffo da un ponte, che doveva essere qualcosa
d’indimenticabile, e il nulla, l’imbarcazione che travolge, il
buio. Uno scherzo costato una vita. Qualcosa che diventerà davvero
indimenticabile nella sua tetra luce crepuscolare. Perché il monito
vuole anche essere quello che alcuni giochi non vanno nemmeno
immaginati. L’anno successivo i due amici rimasti tenteranno di
ripercorrere il gesto, per provare a voltare pagina, tuffandosi
anch’essi dallo stesso ponte ma sopravvivendo al lancio ed alla
paura, all’angoscia, al vuoto ed alla tristezza lasciati dalla
scomparsa di Boris. Lavati dalle lacrime che dovevano scorrere da
lungo tempo, riprenderanno il viaggio bruscamente e tristemente
interrotto, dirigendosi a Siviglia, perché la vita, pur
nell’angoscia della perdita di una persona amata, continua. (SS)
You will find it
di Jessie de Leeuw
Inizia come un musical,
questo film belga, con la protagonista che canta e balla per strada,
con tanto di ballerine e cori, ma si tratta di un sogno, da cui
svegliarsi subito: è tardi, bisogna andare al lavoro. I titoli di
testa sono sparsi per la cucina, sotto forma di biscotti, addobbi sui
muri e calamite per il frigorifero, originalità e non banalità
albergano in questo cortometraggio. Con i titoli di testa lo
spettatore apprende contemporaneamente i crediti del film, le
aspirazioni e le passioni della protagonista.
La vita della quasi
trentenne Cilia trascorre tranquillamente dietro alla cassa del
supermercato di Edwin. La donna vive in un suo mondo di fantasia, che
fugge dalla realtà opaca in cui vive, immaginando una vita fatta di
musica e colori. Un giorno nella sua vita entra Jef, un bel ragazzo,
un po' imbranato, che si presenta davanti alla sua cassa indeciso su
quale tipo di latte acquistare. Lui le piace, riuscirà a realizzare
il suo sogno questa volta?
La
vita sociale della ragazza è ai minimi termini, infatti, la vediamo
mangiare da sola durante la pausa pranzo, mentre tutte le sue
colleghe del supermercato ridono e scherzano insieme. Il destino fa
in modo che Jef, interpretato dal bravo Roy Aernouts, entri sempre di
più nella sua vita, andando ad abitare nel suo stesso palazzo. E qui
la fantasia di Cilia ricomincia a viaggiare o per meglio dire a
ballare senza freno, e questo che lei si trovi al lavoro o a casa
sua. Invitata dal ragazzo ad una festa, si presenta con una torta
fatta con le sue mani, naturalmente in una situazione assolutamente
fuori luogo dato l'ambiente in cui si svolge l'evento.
Cilia è sempre più impacciata, ad un certo punto la torta le viene
addirittura rovesciata addosso, ma riesce ad uscire da questo stato
di disagio grazie alle attenzioni del ragazzo. Tra i due sembra
evidente che stia nascendo una simpatia e ora anche i suoi sogni, le
canzoni e i balletti sono molto più romantici. Si tratta pero' di
una fantasia nella fantasia, non esiste nessuna torta, nessun
appartarsi con Jef, nella realtà il ragazzo durante la festa balla
con un'altra donna “appiccicato alle sue labbra” e con in mano
una bottiglia.
Cilia è delusa da Jef,
inoltre, subito dopo è costretta a lasciare il lavoro, ma non si
perderà di animo, trasformando la sua passione per i dolci in una
redditizia professione. Le fantasie lasceranno il posto alla realtà,
dove non mancherà il ritorno di Jef, questa volta in veste di
romantico cantante. Cilia ha realizzato il suo sogno, è padrona
della sua vita, ha un lavoro che la soddisfa e ha un amore. Oppure
anche questo finale è un sogno?
La
protagonista del film è la bravissima attrice Eva Van der Gucht,
premiata al Brussels Short Film Festival del 2012, come migliore
interprete femminile di You will find it. (WM)
Calcutta Taxi
di
Vikram
Dasgupta
Basato
su un fatto realmente accaduto al regista quando era studente in
India, il film è vincitore del Florence Indian Festival del 2013.
Un
allievo del College of Art
di Calcutta, il giovane Aditya Chaterji, si ritrova a rincorrere il
proprio zaino rubato dall’autista di uno dei 34.000 taxi della
capitale. Un secondo autista di taxi viene in aiuto di Aditya, nel
rincorrere il ladro e nel tentativo di recuperare la borsa, che
comprende piena di banconote, non fosse altro che per difendere la
reputazione dei tassisti indiani. Il terzo conducente di taxi è
colui che è scappato con lo zaino, il personaggio che concluderà il
film con una bellissima riflessione sulle diversità di ciascuno di
noi. Nelle affollate, colorate, disordinate strade di Calcutta si
intrecciano, dunque, tre storie, diverse ma in stretta relazione
l’una con l’altra. Siamo nel mezzo di una protesta, di uno
sciopero, di dimostrazioni accese e confuse che paralizzano la città.
Personaggi baffuti in divisa, dallo sguardo duro ma anche un po’
sornione, perquisiscono e sciolgono malintesi. Le tre vite che
scorrono sullo schermo si intrecciano, la storia di una coincide e ha
conseguenze su quella dell’altra, una influenza l’altra. La
storia di uno zaino-pacco vista da tre diverse prospettive. Ognuno ha
perso e trovato qualcosa in questa occasione, in questo episodio che
potremo definire del furto-fuga-bomba. Lo studente ha perso lo zaino
ma lo ha, infine, ritrovato, il tassista che lo aiuta ha perso la
ricompensa sperata ma ha ritrovato la reputazione della sua categoria
e la libertà che rischiava di perdere perché arrestato erroneamente
durante la manifestazione, il ladro ha perso lo zaino e l’udito
all’orecchio sinistro, per una bomba esplosa accanto ad esso, e
ritrovato la fiducia e l’amore della moglie. Esso, ladro iniziale,
costituisce, a nostro avviso, il personaggio più bello e tenero. Il
suo matrimonio combinato diventa una scena delicata quando ammettendo
alla moglie la sua sordità, la stessa ammette la sua balbuzie.
Entrambi credevano che questi difetti potessero costituire un
problema al loro legame. Invece, in un dialogo finale dolce, complice
e commovente fra i due coniugi, si conclude che le nostre differenze
siamo noi stessi e che se scappiamo da esse scappiamo da noi stessi.
(SS)
Copyright © by William Molducci and Simonetta Sandri
Copyright © by William Molducci and Simonetta Sandri
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