giovedì 10 ottobre 2013

Il filo rosso n. 4


rubrica di cinema corto
a cura di Simonetta Sandri e William Molducci
Smile
di Matteo Pianezzi

Smile ci mostra un mimo, vestito da pagliaccio, che ha sempre il sorriso sulle labbra, soprattutto durante il suo spettacolo in strada. Il mimo è sordomuto, ma con la sua forza e la sua simpatia dimostra come ogni persona possa esprimersi facendo leva sulle sue qualità, al di là di ogni impedimento.
Il film mostra con delicatezza il mondo della sordità e in particolare della discriminazione di cui sono vittime molte delle persone che hanno questo problema. Smile non ha toni vittimistici, anzi, offre allo spettatore molti spunti di riflessione e gli consente di rendersi conto del pregiudizio allo scopo di superarlo, anche con un semplice gesto di amore quale può considerarsi un colloquio tra un padre e suo figlio. Una chiave di lettura poetica che incontra l'amore, vissuto nel suo difficile quotidiano.
Il mimo vive in una grande città, dove ha amici e amiche, in particolare la commessa della pasticceria, che forse prova un sentimento per lui, a cui dona un fiore di plastica; ha anche un figlio, che vive qualche disagio a causa del suo stesso problema fisico.
Il suo spettacolo attira la gente, pur senza utilizzare le parole, che, come spiegherà lui al figlio, con il linguaggio dei gesti: “le persone dicono un sacco di stupidaggini, meno male che io e te non dobbiamo sentirle”. Una volta giunto a casa trova ad attenderlo il figlio, seduto sul divano, con ancora sulle spalle lo zaino della scuola. Il bambino è triste, non vuole più andare a scuola perché i compagni lo prendono in giro a causa della sua “diversità”, si è convinto quindi di non essere come gli altri.
Il padre, con estrema dolcezza e soprattutto con verità, gli spiega che lui è un bambino uguale a tutti gli altri, che è bellissimo, forte e coraggioso. Le sue parole entrano nel cuore del figlio, di nuovo pronto ad affrontare le difficoltà della vita.
Smile più che un cortometraggio sembra un vero e proprio atto di amore, che in fondo è la chiave di questa storia, come ha affermato anche lo stesso Pianezzi: "L’amore avvolge lo spettatore come una coperta, coccolandolo, facendolo sentire a suo agio, libero di emozionarsi”. Il soggetto e la sceneggiatura sono stati scritti dallo stesso Pianezzi, mentre le belle illustrazioni che impreziosiscono il film sono di Francesco Venturi. Un plauso va riservato al protagonista Martino Apollonio (ha recitato nell'episodio Cuori randagi del film Eden del regista Johnny Triviani), a tratti davvero commovente e all'ottima fotografia di Dario Di Mella. Il cortometraggio ha vinto la prima edizione del Festival Cinethica e il premio come miglior corto al Mompeo in Corto 2012 oltre al premio come miglior attore assegnato a Martino Apollonio, per la sua straordinaria e “silenziosa” interpretazione. (WM)

Sevilla
di Bram Schouw

Finanziato dal Netherlands Film Fund, Dutch Cultural Media Funds and CoBO-Fund e Best Short Film al Netherlands Film Festival nel 2012, Sevilla è un film sul viaggio, sui valori che da giovani si sentono maggiormente, considerati imprescindibili dalla propria stessa essenza: libertà, amore, amicizia, intimità, unione, avventura, tenerezza, leggerezza, solidarietà. Tre amici partono per un viaggio che dovrebbe essere spensierato ed indimenticabile, l’automobile carica di bagagli, tanta energia e Boris alla guida. Boris, il maggiore, sarà il personaggio chiave, i due ragazzi sono fratelli, la bella e dolce ragazza la fidanzatina - per usare un termine un po’ obsoleto - di Boris. L’amore è grande, la forza è quella dei primi innamoramenti, il viaggio è sicuramente più importate della meta. La telecamera spazia dall’interno disordinato dell’automobile, a campi aperti avvolti dal grano, baciati dal sole, abbracciati dall’arcobaleno. Fino ad un muro dove si dipingono sagome di corpi liberi, ombre che rimarranno nell’ombra, alle feste folcloristiche di una cittadina che assomiglia a Liegi, dove la giovane danza con un vecchio e simpatico signore che forse si ricorda del valzer che amorevolmente aveva intrecciato con quella che sarebbe stata la sua amata moglie per oltre trent’anni. Boris e gli altri, Boris la guida, Boris il capo banda di amici uniti, così come si sa essere uniti negli scout. Boris che avanza, insaziabile e temerario, che corre talmente da osare l’inosabile. Fino alla cieca tragedia. Un tuffo da un ponte, che doveva essere qualcosa d’indimenticabile, e il nulla, l’imbarcazione che travolge, il buio. Uno scherzo costato una vita. Qualcosa che diventerà davvero indimenticabile nella sua tetra luce crepuscolare. Perché il monito vuole anche essere quello che alcuni giochi non vanno nemmeno immaginati. L’anno successivo i due amici rimasti tenteranno di ripercorrere il gesto, per provare a voltare pagina, tuffandosi anch’essi dallo stesso ponte ma sopravvivendo al lancio ed alla paura, all’angoscia, al vuoto ed alla tristezza lasciati dalla scomparsa di Boris. Lavati dalle lacrime che dovevano scorrere da lungo tempo, riprenderanno il viaggio bruscamente e tristemente interrotto, dirigendosi a Siviglia, perché la vita, pur nell’angoscia della perdita di una persona amata, continua. (SS)

You will find it
di Jessie de Leeuw

Inizia come un musical, questo film belga, con la protagonista che canta e balla per strada, con tanto di ballerine e cori, ma si tratta di un sogno, da cui svegliarsi subito: è tardi, bisogna andare al lavoro. I titoli di testa sono sparsi per la cucina, sotto forma di biscotti, addobbi sui muri e calamite per il frigorifero, originalità e non banalità albergano in questo cortometraggio. Con i titoli di testa lo spettatore apprende contemporaneamente i crediti del film, le aspirazioni e le passioni della protagonista.
La vita della quasi trentenne Cilia trascorre tranquillamente dietro alla cassa del supermercato di Edwin. La donna vive in un suo mondo di fantasia, che fugge dalla realtà opaca in cui vive, immaginando una vita fatta di musica e colori. Un giorno nella sua vita entra Jef, un bel ragazzo, un po' imbranato, che si presenta davanti alla sua cassa indeciso su quale tipo di latte acquistare. Lui le piace, riuscirà a realizzare il suo sogno questa volta?
La vita sociale della ragazza è ai minimi termini, infatti, la vediamo mangiare da sola durante la pausa pranzo, mentre tutte le sue colleghe del supermercato ridono e scherzano insieme. Il destino fa in modo che Jef, interpretato dal bravo Roy Aernouts, entri sempre di più nella sua vita, andando ad abitare nel suo stesso palazzo. E qui la fantasia di Cilia ricomincia a viaggiare o per meglio dire a ballare senza freno, e questo che lei si trovi al lavoro o a casa sua. Invitata dal ragazzo ad una festa, si presenta con una torta fatta con le sue mani, naturalmente in una situazione assolutamente fuori luogo dato l'ambiente in cui si svolge l'evento. Cilia è sempre più impacciata, ad un certo punto la torta le viene addirittura rovesciata addosso, ma riesce ad uscire da questo stato di disagio grazie alle attenzioni del ragazzo. Tra i due sembra evidente che stia nascendo una simpatia e ora anche i suoi sogni, le canzoni e i balletti sono molto più romantici. Si tratta pero' di una fantasia nella fantasia, non esiste nessuna torta, nessun appartarsi con Jef, nella realtà il ragazzo durante la festa balla con un'altra donna “appiccicato alle sue labbra” e con in mano una bottiglia.
Cilia è delusa da Jef, inoltre, subito dopo è costretta a lasciare il lavoro, ma non si perderà di animo, trasformando la sua passione per i dolci in una redditizia professione. Le fantasie lasceranno il posto alla realtà, dove non mancherà il ritorno di Jef, questa volta in veste di romantico cantante. Cilia ha realizzato il suo sogno, è padrona della sua vita, ha un lavoro che la soddisfa e ha un amore. Oppure anche questo finale è un sogno?
La protagonista del film è la bravissima attrice Eva Van der Gucht, premiata al Brussels Short Film Festival del 2012, come migliore interprete femminile di You will find it. (WM)

Calcutta Taxi
di Vikram Dasgupta

Basato su un fatto realmente accaduto al regista quando era studente in India, il film è vincitore del Florence Indian Festival del 2013. Un allievo del College of Art di Calcutta, il giovane Aditya Chaterji, si ritrova a rincorrere il proprio zaino rubato dall’autista di uno dei 34.000 taxi della capitale. Un secondo autista di taxi viene in aiuto di Aditya, nel rincorrere il ladro e nel tentativo di recuperare la borsa, che comprende piena di banconote, non fosse altro che per difendere la reputazione dei tassisti indiani. Il terzo conducente di taxi è colui che è scappato con lo zaino, il personaggio che concluderà il film con una bellissima riflessione sulle diversità di ciascuno di noi. Nelle affollate, colorate, disordinate strade di Calcutta si intrecciano, dunque, tre storie, diverse ma in stretta relazione l’una con l’altra. Siamo nel mezzo di una protesta, di uno sciopero, di dimostrazioni accese e confuse che paralizzano la città. Personaggi baffuti in divisa, dallo sguardo duro ma anche un po’ sornione, perquisiscono e sciolgono malintesi. Le tre vite che scorrono sullo schermo si intrecciano, la storia di una coincide e ha conseguenze su quella dell’altra, una influenza l’altra. La storia di uno zaino-pacco vista da tre diverse prospettive. Ognuno ha perso e trovato qualcosa in questa occasione, in questo episodio che potremo definire del furto-fuga-bomba. Lo studente ha perso lo zaino ma lo ha, infine, ritrovato, il tassista che lo aiuta ha perso la ricompensa sperata ma ha ritrovato la reputazione della sua categoria e la libertà che rischiava di perdere perché arrestato erroneamente durante la manifestazione, il ladro ha perso lo zaino e l’udito all’orecchio sinistro, per una bomba esplosa accanto ad esso, e ritrovato la fiducia e l’amore della moglie. Esso, ladro iniziale, costituisce, a nostro avviso, il personaggio più bello e tenero. Il suo matrimonio combinato diventa una scena delicata quando ammettendo alla moglie la sua sordità, la stessa ammette la sua balbuzie. Entrambi credevano che questi difetti potessero costituire un problema al loro legame. Invece, in un dialogo finale dolce, complice e commovente fra i due coniugi, si conclude che le nostre differenze siamo noi stessi e che se scappiamo da esse scappiamo da noi stessi. (SS)

Copyright © by William Molducci and Simonetta Sandri 

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