lunedì 7 ottobre 2013

Il filo rosso n. 1



Rubrica di cinema corto
a cura di Simonetta Sandri e William Molducci

Anna bello sguardo
di Vito Palmieri


Anna bello sguardo è nato da un'idea elaborata dal regista Vito Palmieri (in concorso a Sedicicorto anche con Matilde, selezionato alla Berlinale 2013 e premiato al Toronto International Film Festival), insieme alla classe II C della Scuola Secondaria Testoni Fioravanti di Bologna. Il film ha come protagonista Alessio un ragazzino con la passione del basket, che non riesce a giocare con i suoi coetanei a causa della sua bassa statura. Un giorno, mentre si trova nel ristorante della nonna, presta attenzione alla fotografia di Lucio Dalla, morto da appena un mese, ritratto insieme ad Augusto Binelli il pivot della Virtus Bologna. Si tratta di una fotografia a suo tempo molto conosciuta, ma al giorno d'oggi passata oramai nel dimenticatoio nel mondo degli adolescenti. Nonostante la notevole differenza di statura dei due uomini, Alessio li crede entrambi giocatori di basket, sarà la nonna a rivelargli che Lucio non è un giocatore, ma un musicista. Alessio inizierà a capire che la statura non è così importante per realizzarsi nella vita, inoltre, riuscirà a conquistare la simpatia di Anna, la compagna di scuola preferita. E proprio insieme ad Anna correrà per le strade di Bologna sino a giungere sotto le finestre del palazzo dove abitava Lucio Dalla, giusto in tempo per ascoltare il brano Anna e Marco, lo stesso che alla ragazza ricordava i viaggi in auto con i suoi genitori, le cui note sono il motivo conduttore del film e molto probabilmente della loro adolescenza.
Anna bello sguardo è stato girato tra i luoghi frequentati dal cantante bolognese, tra cui la Trattoria Annamaria (dove la proprietaria interpreta la nonna del ragazzo), Piazza Maggiore e naturalmente anche Via Massimo D'Azeglio, dove risiedeva e dove recentemente è stata dipinta la sua sagoma, mentre suona il sax con attorno i gabbiani delle isole Tremiti, sul balcone di casa, ad opera dell'artista trevigiano Mario Martinelli. Lucio Dalla naturalmente non recita nel film, ma è lui l'indubbio protagonista della storia, così come lo sono i suoi suoni e gli accordi che accompagnano le varie scene, i colori delle strade del centro di Bologna e gli sguardi della gente che ascolta la sua canzone in strada. (WM)


1937
di Svetozar Golovlev


In 18 minuti, Golovlev proietta lo spettatore negli anni cupi della Russia del Grande Terrore ovvero della repressione diretta da Stalin per “epurare” il partito comunista da presunti cospiratori. Il 1937 rappresenta, infatti, il periodo più acuto per arresti e processi. In questo clima, osserviamo due giovani con in braccio il loro bambino a bordo di un treno affollato dai colori smunti. Lei ha il capo coperto da un umile fazzoletto, lui, Stepa, indossa un basco verdino che lo fa sembrare più vecchio. Da abiti e vegetazione potremo essere in Settembre, freddo ma non troppo. Per la dolcezza del viso, la ragazza ricorda la Maria del Gesù di Nazareth di Zeffirelli. Gli occhi sembrano di altro colore, ma bellezza e tenerezza sono le stesse. La paura è altrettanto presente nello sguardo di entrambe, ma identica speranza accompagna i loro passi. Ascoltiamo questi giovani chiacchierare, in attesa di vederli scendere alla fermata che li porterà in una chiesa di un villaggio alla periferia di Mosca dove sono diretti per battezzare il figlioletto. Durante la camminata, di notte, dal finestrino di un treno che trasporta prigionieri in luogo lontano e segreto, una mano anonima lascia cadere un biglietto manoscritto. I giovani lo raccolgono, trepidanti ma curiosi e vi leggono un appello ad un familiare, una dichiarazione di innocenza, ma al tempo stesso d’amore, di volontà di rassicurare una moglie amata lontana. Tentennano, vorrebbero trasmettere quella missiva ma sono terrorizzati dal poter essere arrestati come oppositori del comunismo. Angosciati, pensano di essere inseguiti nel buio della notte e, nel timore, gettano il biglietto che poteva essere la salvezza di un prigioniero o l’ultimo saluto alla famiglia ignara del destino in agguato. Giunti alla chiesa ortodossa cui erano diretti, qui incontrano un’altra coppia arrivata per sposarsi, in segreto. Così come in segreto deve essere celebrato il battesimo, altrettanto dovrà avvenire per il matrimonio. Se i futuri sposi giungono senza testimoni di nozze, i nostri protagonisti arrivano senza padrino e madrina. Allora le coppie si aiutano. Nel battesimo, l’acqua purificatrice laverà via le paure, indicherà la soluzione che si cerca con difficoltà. Perché capiamo che i due giovani, che sembrano ritrovare, sulla strada del ritorno, il foglietto gettato nell’ombra, faranno in modo che quel messaggio venga recapitato. Perché la coscienza e l’amore trionfano su ogni repressione. (SS)


Il Passo della lumaca
di Daniele Suraci


Il passo della lumaca di Daniele Suraci, si apre con una serie di sguardi e di gesti ripresi in primo piano, con ottimi tagli di regia e movimenti di macchina. Si tratta degli sguardi e del sorriso di un bambino, che accompagna la mamma a fare acquisti e, per nulla interessato agli interessi della madre, trova il modo di giocare con una lumaca, che lentamente scivola sulla vetrina di un negozio. Oltre a questi due elementi, accompagnati da una costruzione musicale al servizio delle immagini, in simbiosi con le azioni del piccolo protagonista, appare il volto di una bambina, che abita di fronte al negozio in cui si svolge l'azione. La bimba ha uno sguardo triste e il ragazzino fa in modo di strapparle un sorriso, giocando con dei cappelli ed altri oggetti, prelevati ed indossati da un negozio, che li espone in strada.
La parte iniziale del film è ricca di spunti ed attese, quasi come si svolgesse in un momento di sospensione, rispetto allo svolgersi degli avvenimenti. Non ci sono parole, ma soltanto gesti, sguardi, rumori, risate e le azioni dei due piccoli protagonisti. Questo momento “sospeso” svanisce con lo svanire dei giochi del bambino, che torna a casa con la sua mamma. Il finale non ha la stessa intensità della prima parte del film e forse i dialoghi finali disturbano l'atmosfera che si era creata sino a quel punto, anche se risultano necessari in quanto sarà la madre della bambina a continuare il gioco, parlando con lei. Questa, avendo assistito a tutta la scena descriverà le azioni che aveva fatto il bambino, suscitando finalmente i sorrisi della figlia. Si tratta di una buona prova di regia da parte di Suraci, pur avendo avuto a che fare con un soggetto di una certa complessità, in quanto basato esclusivamente sui movimenti, gli sguardi e gli umori di due bambini.
Ottima la colonna sonora realizzata da Giordano Corapi, musicista romano di grande talento, autore delle musiche degli spettacoli di Gabriele Lavia (tra cui Macbeth, Danza di morte e Il malato immaginario) e di quelle di numerosi cortometraggi tra cui Sulla strada di casa, Marta con la A e La piccola illusione, diretti da Emiliano Carapi, Tana libero tutti di Vito Palmieri (tra i tanti premi ottenuti per la colonna sonora, citiamo quello assegnato dal Genova Film Festival 2007) e La bas di Guido Lombardi. (WM)

Insignificant Detail of the Accidental Episode
di Mikhail Mestetskiy
 

Siamo in Russia, con un interessante cortometraggio, che ha ricevuto una menzione speciale della Giuria al Lago film festival, come Best International Fiction Film, oltre che una al 31 Festival Tout Court di Aix-en-Provence. Due treni si fermano improvvisamente l’uno di fronte all’altro, su due linee parallele, davanti al mare e ad un cielo rosato popolato da gabbiani in volo. I tralicci dell’alta tensione e della luce aprono le braccia verso il cielo, svettano verso l’alto, inermi. Paiono rami secchi. Il guasto sulla linea, che forse dura poche ore, forse un giorno o forse piú, ferma le vite dei passeggeri, immobilizza azioni e pensieri ma allo stesso tempo incrocia svariate vicende umane. Un ragazzo osserva fuori dal finestrino ed incrocia lo sguardo di una ragazza mora che scoprendo la maglietta bianca gli mostra il seno, in un candido e stravagante invito. Il gesto colpisce per la sua stranezza ma allo stesso tempo per la sua tenerezza. Il finestrino rimane quasi appannato, il treno scorre per un momento avanti ed indietro, i vagoni sfilano, le carrozze si mescolano per poi tornare una di fronte all’altra. Le vite dei passeggeri passano sullo schermo, chi muore, chi nasce, 20 minuti di pellicola che potrebbero essere 20 anni, ogni minuto un anno. Vi sono matrimoni, separazioni, funerali, amici che giocano a carte, ognuno aspetta che il treno riparta, da un momento all’altro, ma il tempo passa inesorabile. Si aspetta, ma la vita intanto scorre. All’ultimo momento, il protagonista che ha incrociato la ragazza del vagone di fronte, che nel tempo ha cambiato occhiali, pettinatura ed abiti, oltre ad avere seppellito entrambi i genitori, decide di incontrare la dolce sconosciuta, dopo aver scambiato con lei solo due fugaci parole dal finestrino. Ecco, tuttavia, che proprio nel momento in cui si appresta a passare da un treno all’altro, il convoglio riparte, fra passeggeri festosi e felici. Invano i due cercano di incontrarsi, il tempo e’ andato, l’occasione perduta. Alcune lacrime scendono, gli occhi rossi del nostro giovane sono in primo piano. Delusione e tristezza per un momento mancato, per una vita che non ha incontrato un’altra, per un finale quasi da Sliding Doors.

Copyright © by William Molducci and Simonetta Sandri

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