di
William Molducci
Il
cortometraggio del regista brasiliano Alysson Muritiba ha ricevuto
numerosi premi in festival importanti quali: Recife Cine PE Festival
do Audiovisual, Festival de Sundance e Toronto International Film
Festival.
“A
Fàbrica”, ambientato in un carcere brasiliano, rivela la
preferenza del regista nel raccontare le problematiche sociali e
politiche del suo paese.
La
trama del film è apparentemente semplice: una madre, grazie a un
sotterfugio, consegna un telefono al figlio carcerato, per
permettergli di parlare con la figlia, in occasione del suo
compleanno. Quello che il film mette a fuoco è lo stato di degrado,
povertà e disperazione in cui si muovono i personaggi, all’interno
di un fatiscente carcere, preso a simbolo di una situazione reale.
Il
regista, nonostante abbia interrotto gli studi, grazie al fermento
culturale di Bahia, la città in cui è vissuto, ha potuto sviluppare
la sua cultura e avvicinarsi al mondo del cinema. L’idea di “A
Fábrica”
è
nata nel periodo in cui ha lavorato, per cinque anni, all’interno
di un carcere, raccogliendo le confidenze dei detenuti.
Il
film è il primo di una trilogia che continuerà a prendere spunto da
questa sua importante esperienza, descrivendo altre situazioni e
personaggi. “A Fàbrica” è stato interamente girato nel carcere
di Ahú, una prigione abbandonata situata nello stato di Curitiba.
Il film è stato girato nell' ex-carcere di Ahù nello stato di Curitiba, in Brasile |
In
quest’opera il regista riesce a trasmettere forti emozioni
basandosi unicamente sugli uomini e i loro desideri, confinati, in
questo caso, in un contesto sociale estremo. Muritiba gioca sui tempi
e sui ritmi, non rivela nulla prima del dovuto, riuscendo a dare una
spiegazione ai movimenti strani della madre e del figlio, gesti che
non portano a fatti cruenti, come una rivolta o un tentativo di
evasione, ma a una semplice telefonata alla propria figlia, nel
giorno del suo compleanno.
L’autore
sa che non può cambiare il mondo, cerca di spiegare la sua visione
delle cose per farci conoscere un mondo coperto da omertà e silenzi.
Pur essendo una storia sviluppata in un contesto drammatico, la
colonna sonora non utilizza musiche o suoni violenti, preferendo
affidarsi a quelli reali della presa diretta. La camera segue i
protagonisti senza mostrare più di tanto gli ambienti in cui si
muovono, provocando quasi un senso di claustrofobia, ampliando le
inquadrature nel finale, come per esprimere un senso di liberazione.
A Fàbrica in versione integrale (15 min):
Copyright
by William Molducci
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