Harold
e Maude, Colin Higgins, Omero Editore, 2011, 134 p.
di
Simonetta Sandri
Alla
riscoperta della tenerezza e della vera voglia di vivere. Un libro
ever green che affascina tutti, e che ci insegna a volare.
Il
film, diretto da Hal Ashby, era uscito
nel 1971, ma molti di noi lo hanno visto negli anni novanta, quando è
stato riproposto dalla televisione; io l’avevo apprezzato grazie a
una segnalazione di mia madre, sempre molto attenta.
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Oggi dopo tanti
anni, riscopro il bellissimo libro, grazie alle edizioni della Scuola
di Scrittura Omero di Roma, sempre creativa, originale e innovativa.
Chi
di noi non è rimasto allibito di fronte alle messe in scena macabre
del diciottenne Harold? E chi non è rimasto affascinato
dall’ottantenne Maude e dalla sua leggerezza di vivere senza regole
e costrizioni, con una filosofia tutta sua, che si può solo ammirare
e invidiare? Chi non ha sorriso di fronte alle tenerezze di
un’insolita coppia complice di amici, a un’affinità elettiva che
in poco tempo lega profondamente due persone fino a pochi giorni
prima sconosciute l’un l’altra? Pochi, sicuramente.
Eccoci
allora a osservare il giovane e ricco Harold Chasen, che alla Jaguar
preferisce il carro funebre, con una passione per la morte che
sublima inscenando finti suicidi. La madre ormai e’ abituata ai
suoi scherzi macabri, al punto che ormai quasi nemmeno se ne accorge
più. Come passatempo, Harold frequenta i funerali di sconosciuti e
proprio a uno di questi incontra l’eccentrica e libera Maude, che a
breve festeggerà il suo ottantesimo compleanno.
Candidi capelli bianchi,
piccola di statura ma forte come una corteccia secolare, Maude guida
qualsiasi macchina, rigorosamente senza patente, si diverte a
prenderle in prestito agli sconosciuti, quando e come vuole, solo con
il suo magico chiavistello che apre ogni porta. D’altronde, lei non
crede alla proprietà e alle regole, così come non crede alle
patenti... Lei sa, però, che le margherite, che paiono tutte uguali
come i giapponesi, in realtà sono una diversa dall’altra e che
ognuna e’ come un individuo, diversa, come diversa e’ ogni
persona, che non è mai esistita prima e che non esisterà di nuovo.
Lei sa che, quei fiori, come le persone, devono crescere insieme
nello stesso campo erboso.
Maude
ha un tatuaggio all’interno del braccio, DD-726350, ma Harold non
le chiederà mai cos’è. Si intuisce ma non lo si dice.
Harold
e Maude piantano un albero, lo tolgono dalla città asfaltata per
andare a farlo respirare nella natura, ballano il valzer come due
innamorati in una magnifico palazzo viennese, cenano a lume di
candela, fra narghilè, lanterne e kimono asiatici, parlano, ridono,
scherzano, ragionano sulla vita come una qualsiasi coppia unita da
anni. C’e’ tanta tenerezza, in quei pomeriggi e quelle serate
passati insieme, c’è complicità, amicizia, comprensione, amore.
“A
un sacco di gente piace essere morta, però non è morta veramente...
è solo che... si tira indietro dalla vita, e invece bisogna, bisogna
cercare, correre i rischi... soffrire anche magari... ma, giocare la
partita con decisione!” avrebbe detto Maude. E Harold le avrebbe
risposto “Io non sono mai vissuto. Sono morto, qualche volta”.
La
vita richiede coraggio, per questo va resa il più gradevole
possibile, piena di buoni libri, focolari caldi e ricordi. Si può,
infatti, sempre scavalcare il muro e andare a dormire sotto le
stelle. L’ignoto va scoperto e poi ci sono gli amici, l’umanità,
per costruire ponti, sempre, e non muri. Questo ci insegna Maude.
Il
finale è triste, si prende gioco di noi e degli attimi
indimenticabili passati leggendo queste pagine, ma Harold ha ormai
fatto sua la lezione di vita di Maude e si allontana dal precipizio
ballando e suonando il banjo regalatogli dall'amata. Dopo una
lacrima, sulle labbra del lettore spunta, allora, anche un sorriso.
Copyright
© by Simonetta Sandri
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