Santuario
del transitorio, L'arcolaio, 62 pp. Alessandro Salvi
di
Fabio Michieli
(Prefazione)
Costato
un lavoro lungo anni (almeno cinque), Santuario
del transitorio accorpa tre
movimenti precisi che sono anche il risultato della revisione di
precedenti plaquette o singoli testi che hanno goduto di una
circolazione autonoma a partire dal 2009.
Finalmente ora le tre
sezioni, Santuario del
transitorio, Madrigali
eroici e Ladro
di tamerici, vestono l’abito
definitivo, che non solo nella forma chiusa e nel solco di un
Novecento fattosi tradizione sviluppa la poesia di Alessandro Salvi:
Santuario del transitorio è
tutto condito con un’abbondante dose di ironia e disincanto che ben
rendono lo straniamento dal tempo, il quasi desiderio di allontanare
il tempo e la storia in una dimensione forse barocca (e per un poeta
nato a Pola nel 1976, e residente a Rovigno, il tempo e la storia da
allontanare sono ben precisi, identificabili, riconoscibili).
Perciò
ogni scelta di registro, ogni scelta di campo, sono azioni in un
certo senso politiche, azioni necessarie per la sopravvivenza stessa
della poesia in una società che corrode e corrompe ogni cosa: la
poesia è la speranza per chi, prossimo all’imminenza
anagrafica di luziana memoria, intende comunque indicare una via
possibile per sé e per chi in questi versi comunque ci si ritrova in
parte. Malgrado, ripeto, siano assenti la Storia come protagonista
diretta, e quindi anche il “momento politico” (Mauro Sambi), e
l’io si dichiari «ai ferri corti con il quotidiano».
Prende
perciò le mosse da questa prima dichiarazione di inappartenenza al
proprio momento storico un viaggio che ci condurrà verso il
santuario del provvisorio, di ciò che è precario e si contrappone
all’assoluto, all’astratto, all’eterno (sono parole di
Alessandro Salvi). Ma non siamo portati a visitare un sito
archeologico in rovina: non ci accolgono macerie. La lingua solida,
robusta, che conosce un «impasto di aulico e quotidiano» (sono
parole di Mengaldo riferite a Saba che trovano un senso anche per
Alessandro Salvi senza far gridare allo scandalo) fino a una deriva
gergale di segno opposto, è la corda con la quale ci reggiamo, ed è
la corda che si lega alle strutture all’apparenza solide di questo
santuario: madrigali, sonetti, una sestina sono le stanche che ci
accolgono. E se i madrigali ultimamente godono di una rinnovata
fortuna (si pensi ai madrigali di Gianluca D’Andrea, centrali anche
nella sua raccolta [Ecostistemi]),
stupisce di più la presenza di una sestina (che chiude la raccolta e
che a un novecentista come me ricorda immediatamente il tardo
Ungaretti), e più ancora di una sonettessa («suonata e un po’
depressa»), caudata e manierista, come ripresa del più italiano dei
metri usati in poesia. Non fatevi però depistare da questo gioco!
Ricordatevi che appartiene al barocco la capacità di distrarre dalla
realtà con ogni mezzo, per rappresentare in altro modo la stessa
realtà che si cerca di allontanare, di fuggire.
E
se per allontanare il contemporaneo si può utilizzare la lingua,
ecco che Salvi ottiene l’effetto ricercato: lo straniamento totale.
Il recupero di una linea che si origina da molto lontano è quanto di
meno comune si possa incontrare di questi tempi nella poesia
italiana, a meno che non si scada nel manierismo, nell’imitazione,
nel tranello della memoria scolastica. Ciò non avviene mai in
Santuario del transitorio;
non può avvenire dal momento che il poeta possiede non solo gli
strumenti per piegare la lingua, ma possiede anche la forza per
dominarla e giocare con essa, fino a farla letteralmente (e
figuratamente) franare (come nei versi finali di Le
inarrivabili parole tramano). E
in questo procedere, malgrado siano nette le posizioni che oppongono
questa poesia a quella affine per tema di Gabriele Gabbia, vedo
proprio innestarsi la raccolta di Salvi nel solco di una riflessione
toccata anche da La terra franata
dei nomi. Sicché ogni lontana
parentela assunta a difesa della propria poesia viene spazzata via
nell’attimo stesso in cui ci si accorge che il poeta parla al suo
presente: il poeta è nudo davanti a una moltitudine di specchi e
solo questa rifrazione, questo moltiplicarsi continuo di immagini di
sé come fossero i mille intricati percorsi interni a un labirinto,
gli consentono di sopravvivere, di non soccombere al peso della
precarietà.
Biografia
di Alessandro Salvi
Alessandro
Salvi (1976, Pola – Croazia), vive da sempre a Rovigno (Croazia).
Ha esordito con la raccolta di versi Piovono formiche carnivore e
altre inezie (Aletti, Villalba di Guidonia,2008), mentre la plaquette
I fori nel mare (En Avant! Produzioni, Pistoia) è del 2011. Una
seconda edizione del suo libro d'esordio è uscita nel mese di
dicembre del 2011 per conto della casa editrice rovignese Apeiron, in
edizione bilingue, con traduzione croata a fronte. Nel 2001 la
raccolta di versi Eserciziario di metafisica per principianti viene
inclusa nel volume collettivo Creare mondi (a cura di Alessandro
Ramberti) per conto della
casa
editrice riminese Fara. Presente nel web, ha inoltre pubblicato testi
di varia natura (traduzioni, critiche, articoli di varia natura...)
nelle seguenti riviste: Le Voci della Luna (Sasso Marconi, BO), La
Battana (Fiume, Croazia), Nova Istra (Pola, Croazia), Zarez
(Zagabria, Croazia), Sovremenost (Skopje, Macedonia) e altrove.
Libro
edito da: L’arcolaio
Quaderni
& Immagini, Collana diretta da Maurizio Bacchilega
Sito
Web: http://arcolaio.ning.com
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