Tullio Pizzorno: la sua
musica, Mina, Alberto Radius, Linda e gli altri
di William Molducci
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Tullio Pizzorno è un
compositore e autore a 360 gradi, che nel suo percorso ha incontrato
e collaborato con numerosi artisti di primo piano e che ha portato
avanti una sua carriera sostenuto da una nicchia di appassionati,
soprattutto all'estero, pur senza essere presente nei media o
sostenuto da costanti promozioni. L'incontro con Tullio è stato
casuale, nato esclusivamente dal suo lavoro, in occasione dell'uscita
di Banca d'Italia, l'ultimo album di Alberto Radius, di cui
Tullio ha scritto i testi di cinque brani. La sua disponibilità ha facilitato il contatto e questa è
stata l'occasione per scoprire un artista e il suo mondo, le sue
collaborazioni importanti, quella con Mina in primis (Di vista, Musica per
lui e La fretta nel vestito), senza
dimenticare le canzoni scritte per Linda e i Collage, la musica da
film, il jazz e il lavoro con Niels
Lan Doky.
Agli inizi del
2014 uscirà il suo nuovo
lavoro discografico, intitolato Charisma,
che rappresenterà un'ottima occasione per conoscerlo,
nell'attesa potete collegarvi con il suo canale YouTube e ascoltare
parte della sua discografia e
brani live.
L'intervista
Hai
scritto canzoni per Mina, che sono state incise nei suoi album Pappa
di latte (1995), Cremona (1996) e Bula Bula (2005), dove viene messa
in evidenza la sua anima jazz. Come è nata questa importante
collaborazione?
Direi, all'inverso, che
proprio una delle sue mille anime, forse quella più funk-jazz,
ravvisò nei miei lavori questa incredibile identificazione. Mina mi
telefonò personalmente quattro (!!) anni dopo il mio invio di una
cassetta; stentavo a credere alle mie orecchie, ma poi mi lesse i
titoli di alcuni brani contenuti sul nastro, quindi solo la vera Mina
poteva esserne a conoscenza e doveva essere per forza lei. Da lì
nacque tutto; mi disse espressamente che le piaceva il mio mondo
musicale e mi chiese altro materiale; quindi iniziammo a lavorare. E’
curioso come a tutt'oggi le canzoni per le quali mi aveva telefonato,
che erano sul primo nastro, non le abbia ancora incise. In totale
comunque attualmente “possiede” circa una ventina di mie canzoni.
Da qualche
settimana è uscito il nuovo album di Alberto Radius, dove tu hai
scritto i testi di cinque brani, tra cui Talent show, Dusserdolf,
Faccio finta che ci sei e Dimmi chi ha vinto, che si possono ritenere
tra i più significativi. Vuoi parlarci di questo lavoro, che dopo la
scomparsa di Oscar Avogadro ha permesso a Radius di completare un
progetto fermo da anni?
Conosco Radius dagli
inizi degli anni novanta, ma lo stimo musicalmente fin dalla mia
adolescenza, perché amo da sempre Battisti e il mio strumento
principale è la chitarra, quindi era normale che amassi anche
Radius; poi mi proposi a lui in quanto produttore, e subito scoccò
la scintilla di interesse da parte dell’allora nascente RTI music,
per cui si decise che dovessi andare a Sanremo nel 1993 come
cantautore. Mi dissero però che la musica era 10 e lode ma i miei
testi a quel tempo non le rendevano merito, e allora Radius mi mise
dapprima in contatto con un bravissimo autore di testi, Sergio Contin
(Nomadi, Kuzminac, etc) ma poi alla fine mi presentò direttamente il
nostro compianto amico Oscar Avogadro.
Nel mio periodo a Milano
Radius al mattino mi accompagnava a Mombretto a casa di Oscar per
farmi lavorare con lui, e la sera veniva a riprendermi. Inutile dire
che la giornata con Oscar, più che a lavorare, la passavamo a
raccontarci cose e andare a pranzo assieme (una volta a Peschiera
Borromeo pranzammo pure insieme a Bruno Lauzi – ero al centro di
una dimensione che allora il ragazzo che ero aveva sempre sognato),
poi solo nell’ultima mezz'ora della giornata con Oscar lavoravamo
per tirar giù le bozze di nuovi testi, poco prima che Radius venisse
a riprendermi (questo Alberto non lo sa ☺).
Quanto all’ultimo
lavoro di Radius, adesso, dopo vent’anni… mi è venuto naturale
trasformare in testi tutto quello che assorbii stando accanto ad
Oscar, tanto da dedicargli uno dei brani più belli dell’album
“Faccio finta che ci sei”, che Alberto ama tantissimo…
(“ti chiederai se
abbiamo scritto tutto e forse guarderai a me ancora nel ghetto”).
Poi c’è pure la presa
di coscienza allo stesso tempo politica e non politica, che ci
riguarda un po’ tutti, in Dimmi chi ha vinto: "lo
tsunami delle stelle passa e va, ne hanno dette delle belle in
libertà".
In Dusseldorf ho
immaginato la storia di un manager sempre fuori in viaggio che si
costruisce una doppia vita all’estero, e in Talent Show mi
sono proprio divertito a fare ironia su questi macelli musicali di
oggi, e Alberto era l’unico ad avere il piglio adatto per capirlo e
rappresentarlo: "ho lo stomaco vuoto ma
valeva la spesa per il book delle foto".
Ho anche un altro brano
che è di una sintesi pazzesca: in “Count Down”, in solo 3 minuti
di canzone, c’è un astronauta che parte, arriva nello spazio,
guarda il mondo nella sua piccolezza, poi torna sulla terra e capisce
di essere cambiato: " là è l’Afghanistan,
terra di sabbia bruciata di fuoco e da qui che senso ha…”;
mah, forse pensavo a Parmitano (astronauta italiano n.d.r.).
Quindi il vostro
rapporto di lavoro risale ai tempi della RTI?
In effetti fu proprio da
quei provini per la RTI che cominciammo a lavorare insieme, o meglio:
mi faceva lavorare; spiego meglio: mi disse che dovevo ricreare nel
suo studio a Milano quello che avevo fatto a casa a Caserta, quindi
tornai giù, smontai tutti gli strumenti che avevo, riempii la
macchina e tornai a Milano a registrare direttamente lì. Non
dimenticherò mai quel periodo, assorbivo continuamente da tutto e
tutti: fu bellissimo conoscere grandi musicisti e miti che lavoravano
con lui, da Gazzola a Stefano Previsti, da Prudente ai vari
discografici e pure artisti importanti progressive storici come
Bernardo Lanzetti. Ci si incontrava tutti a pranzo in un baretto di
fronte allo studio in via Bazzini, gestito tra l’altro da uno di
Napoli.
Il top mi accadde quando
una volta, mentre andava l’ascolto di un mio brano, Alberto venne a
chiamarmi dalla stanza accanto allo studio (era un ufficio editoriale
di una rivista musicale), dove c’era una persona che voleva sapere
di chi fosse quella musica… quando entrai nella stanza e vidi Lucio
Battisti intento a scartabellare fogli… rimasi di pietra. Lui non
alzò nemmeno lo sguardo ma disse a voce bassissima tipo: “vai
vai…continua”.
E chi se lo scorda più.
Le tue
collaborazioni con Linda e i Collage coincidono con la voglia di
sperimentare cose nuove, cosa hai trovato in loro?
Linda, si sa, ha una voce
meravigliosa, e ti dirò, altrettanto sorprendente coraggio; è una
di quelle che, dopo aver fatto Sanremo, piuttosto di seguire il
filone facile si è messa in discussione su campi fusion jazz, ed è
stata un’esperienza bellissima farle reinterpretare la mia Un
dubbio, che avevo già inciso io nel mio primo album nel 2000.
Con Linda ho avuto ospiti musicali grandissimi nel mio pezzo: oltre a
me al piano Fender e alle tastiere c’è Scott Henderson alla
chitarra e Tollak all’armonica. In seguito le ho affidato anche un
altro brano fantastico che ha inciso nel suo album del 2010
(Sull’autostrada).
Le ho poi scritto un
pezzo bomba per farla partecipare a Sanremo nel 2012, non a caso dal
titolo Sarà la fine del mondo con un testo che immaginava
quello che sarebbe dovuto accadere il 21 dicembre dello stesso anno.
La commissione di Sanremo però avrebbe dato l’ok solo se Linda si
fosse presentata in duetto con un altro artista “più risonante”...
a nulla valsero gli sforzi dei suoi manager, che avevano ottenuto
l’ingaggio di Larry Carlton alla chitarra… non era abbastanza
famoso per Sanremo (!). Comunque ascolterete il brano Sarà la
fine del mondo, perché lo faccio uscire nel mio prossimo album.
I Collage sono dei
professionisti incredibili, e quasi nella coscienza musicale
“impegnata” questa affermazione cozzerebbe con la loro dimensione
easy-pop italiana anni fine 70-80, con quelle voci ancora quasi
adolescenziali che hanno… eppure ti dico che nel 2003 mi hanno
affidato la direzione artistica dell’intero loro album, dove per
loro scrissi ben nove canzoni inedite e arrangiai in chiave “mia”
due loro classici come Tu mi rubi l’anima e Due ragazzi
nel sole. E’ stato fantastico traghettarli in un mondo
che in realtà non apparteneva loro, fatto di armonie complesse e
accordi di 13sima. Il disco l’ho suonato tutto io e loro hanno solo
cantato. Ora nei concerti eseguono anche le mie canzoni, che
piacciono tantissimo al loro pubblico. Hanno avuto un coraggio da
leone… chi glielo ha fatto fare... Sono dei pazzi! Ma sono dei veri
professionisti, te lo garantisco.
La tua carriera
solista prosegue senza soste, vuoi parlarci dei tuoi album e di
Charisma?
Beh, anche perché non
sono più un giovanetto, a me conviene dire che più che un
cantautore sono un “autore che canta”, e in questo modo mi
assolvo dal fatto che non sono presente nei media e non sono
promozionato. Di conseguenza i miei lavori NON hanno un mercato, ma
hanno una nicchia di affezionati soprattutto all’estero (ad esempio
i giapponesi sono i miei più smaliziati ma sinceri estimatori, sarà
forse perché non sanno che in Italia non sono conosciuto come
interprete ☺).
Io proseguo senza soste
perché scrivo e registro sempre e ho all’attivo più di un
migliaio di canzoni inedite, che se mi va metto fuori di volta in
volta, e così facendo col prossimo Charisma, sono al
sesto album mio personale.
Quella rarissima volta
che capita – solo cioè quando ci sono le giuste condizioni
promozionali e i contesti adatti – riesco a rappresentarmi in
concerto ed è sempre un’esperienza bellissima che piace a tutti,
compresi i musicisti che collaborano dal vivo con me, che sono sempre
importanti professionisti che si “prestano” alla mia causa solo
perché gli piace la mia musica. Ma ti confesso che è sempre una
fatica montare le prove come voglio io, per cui costa tanto
prepararsi per un live (anche economicamente). Ed ecco che ce ne
stiamo a casa.
Cinema e
musica sono un binomio indissolubile, tu hai realizzato alcune
colonne sonore, questo è un lavoro che ti ha dato soddisfazioni?
Assolutamente sì, perché
con la musica (in questi casi strumentale, ovvio) hai modo di vestire
emozioni visive. Un’anticipazione; un amico ha prodotto un corto
che presenterà ad alcuni Festival importanti, e io ci ho messo la
musica… il film si intitolerà “10 agosto”, se uscirà - e
quando - non lo so.
Poi mi chiamarono nel
2007 alla Festa del Cinema di Roma; per quella occasione mi inventai
un Recital dedicato a Buster Keaton, e cantai le mie canzoni mentre
proiettavano in una specie di “sincrono concettuale” con quel che
dicevo le immagini in bianco e nero di Buster Keaton, l’attore che
non ride mai. Lo spettacolo, eseguito in trio con me alla chitarra, i
grandi Pietropaolo Veltre al basso e Aldo Fucile alla batteria, lo
intitolai L’amore che ride: Recital di un autore che canta per
un attore che non ride mai.
Nell'album Italian
Ballads hai collaborato con Niels Lan Doky, cosa pensi di lui come
artista e come ti sei trovato a lavorare con lui?
Ho conosciuto Niels
grazie a Gino Vannelli, che fece in modo che Niels avesse alcuni miei
brani. C’era un produttore giapponese, Makoto Kimata (nota: sempre
i giapponesi, i migliori feticisti dell’Italia), che commissionò a
Lan Doky un album di canzoni classiche italiane da realizzare in
versione strumentale in trio jazz (piano, batteria, contrabbasso).
Niels mi chiese una mano a scegliere i brani, ma poi volle includere
tra questi classici anche una mia canzone… che ci azzeccava? Ma non
ci fu verso di fermarlo!
E’ venuto pure ospite a
casa mia con la sua fidanzata di allora, una giornalista danese, come
tanti musicisti amici che ho avuto l’onore di ospitare (mia moglie
cucina alla grande ☺). Anche quella fu un’esperienza fantastica,
con Niels al piano che è un fenomeno assurdo, più il
contrabbassista Lars Danielsson e Jeff Boudreaux alla batteria, che
suonavano la mia musica. Pensa che dell’album giapponese (dal
titolo Casa dolce casa) ne fu poi ripubblicata anche in Belgio
un’edizione europea (intitolata per l'appunto Italian Ballads).
Copyright © by William
Molducci
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