Um Suleman ed il suo tenero sguardo su Leptis Magna
di Simonetta Sandri (testo e fotografie)
Ab
assuetis non fit passio … E
allora non siamo in un luogo comune…
Leptis
Magna, Jewel of Libya
Why
this emptiness after joy?
Why
this ending after glory?
Why
this nothingness where once was a city
Who
will answer? Only the wind
Which
steals the chantings of priests
And
scatters the souls once gathered.
Sidi
Mahrez, In the Country of Men, Hisham Matar
Varcare
la soglia dell'arco di Settimio Severo a Leptis Magna è un salto
nella storia, un passaggio epocale di magnificenza imperiale. Un
luogo dove ci si può facilmente innamorare, dove ad alcuni è
sicuramente successo, nel passato e nel presente.
Lo
spettacolo che ci si trova di fronte si può riassumere, se si può
riassumere, in tre semplici e puri elementi: arcate, fregi e cielo,
solo cielo azzurro. Azzurro come solo il cielo innamorato può essere
laddove si confonde perdutamente e profumatamente con il mare.
Nessuna linea li divide più, si fondono in uno smeraldo puro ed
intenso, luminoso e quasi accecante. In un abbraccio amorosamente
perso.
E
allora ti ritrovi a camminare su pietre millenarie che hanno
conosciuto i passi di gloriosi imperatori, ricchi mercanti ed uomini
comuni. I tuoi passi si sovrappongono ai loro, hai l'impressione di
ricalcarne le orme leggere, di sfiorare nella polvere un'epoca d'oro
che ti passa magicamente davanti agli occhi anch’essi divenuti
azzurri e saggi. Poeti e scrittori si sono persi nei colori di quelle
spiagge e di quelle strade.
Una
pellicola scorre lentamente, vedi immagini, scorci di mare, di
mercati variopinti e vocianti, di pesi e misure di pietra, di donne,
uomini e bambini che scambiano pensieri, opinioni e risate vigorose.
Si parla di mercanti venuti da oriente, di stoffe preziose e spezie
profumate, di cortigiane bellissime ornate di gioielli che
testimoniano l'interesse dei loro amanti. Pettegolezzi e
chiacchiericci che senti tra quelle pietre e colonne immense. Il
marmo rosa lucido che si affaccia sulla piazza è dello stesso colore
dei fiori che crescono solitari lungo il cardo massimo. Gli artigli
delle streghe, così si chiamano. Artigli che svettano
coraggiosamente verso il cielo, diretti al mare, piante che
nonostante il nome sono delicate e addolciscono il paesaggio arso dal
sole inclemente. Ci passi accanto e capisci come quei fiori,
indipendenti dall'acqua, sopravvivono a te e alla storia.
Sono
lì ormai da secoli, crescono e ricrescono, prosperano accanto alle
pietre centenarie. Ti piace pensare che le prime gemme abbiano visto
passare l'imperatore, che lo stesso abbia colto un fiore fucsia da
regalare alla ragazza che lo accostava intelligentemente e
delicatamente nel tentativo di strapparne un gesto di saluto o magari
una carezza. Respiri la storia, la tua storia, la storia comune ad
una Libia viva e ricca di magia.
Gli
arbusti crescono selvaggi ed indisciplinati, proprio come i tuoi
capelli ricci indomabili impregnati di sabbia, sale e vento. I
vestiti leggeri, bianchi e trasparenti, svolazzano contenti insieme
ai tuoi pensieri che, accanto alla gorgone dalle pupille a forma di
cuore, si soffermano a guardare il mercato abbandonato.
Le
alte porte dei negozi, intarsiate, ricamate e rettangolari come le
cornici allegre di alcune case patrizie, ti portano dentro
un'immagine sbiadita ma merlettata di bianco.
Sei
in un film a colori e giri una scena della tua esistenza che in quel
momento sa di incredibile, magico e dolce. Masterpiece,
profumo di caramello e di zucchero filato rosa.
Vuoi
comprare una stoffa color carminio e ti serve una moneta. La cerchi
nella vecchia tunica, nascosta fra le pieghe fruscianti, mentre ti
aggiri per il foro vecchio. Senti il metallo lavorato e pesante, il
tatto torna indietro un po’ spaventato, senti davvero che la storia
ti sta parlando con attenzione. E tu ascolti paziente e curioso.
Altrettanto magicamente rispondi. Sei lì con lei, meravigliosamente
accanto. Lei che respira e ti parla sottovoce. Un salto allora, un
volo leggero, un passaggio veloce da un carattere ad un altro.
Curioso, sempre più, ti avvicini ad un’anfora di terracotta color
arancio acceso ed ecco un'altra moneta. Te ne basta solo una, ancora
solo una.
Un
cactus ombreggia sonnecchiante sull’altro mercato assolato
La
tua purezza di cuore t’immerge nello stupore di percepire
distintamente un suono tintinnante di sonagli argentati. Cuore di
marmo rosa pallido che si scioglie al sole della tua storia. Vedi
passare Um Suleman, il ragazzino che Hisham Matar descrive nel suo
bellissimo Nessuno
al mondo,
quel giovane libico che assapora le more cadute dal paradiso per
volontà di un gruppo di angeli dispettosi ma perdonati, che descrive
le colonne di Leptis con l’elegia di Sidi Mahrez per Cartagine, che
vive la Tripoli degli anni Settanta, impaurito dalle repressioni e
desideroso di aiutare la madre sola, miracolosamente aggrappata ad
una misteriosa medicina che sa di diabolico e proibito ed in fuga da
un marito democraticamente e pericolosamente rivoluzionario. Una
colonna imperiosa svetta verso il cielo azzurro, mentre ascolta le
parole di Um Suleman.
Allora
ripercorri le pagine di Matar, cerchi il passaggio dei fregi spezzati
di Leptis che mostrano parte del nome dell’imperatore, della
descrizione di un’assenza che è dappertutto. Ripercorri le righe
che descrivono archi senza pareti, i soffitti
dei negozi… che nella piazza deserta sotto il cielo aperto sembrano
vecchi che abbiano perso la strada.
Tocchi tralci e grappoli d’uva scolpiti nella pietra, strade
lastricate di ciottoli bianchi, alcune dirette verso il mare, altre
verso il verde deserto circostante,
che avanzano coraggiose nella marea di sabbia che le sommerge. Felci,
fili d’erba, salvia selvatica e palme che s’inchinano come
vecchie pettegole ai margini della città.
Anche lui, come te, vede le gorgoni messe lì minacciose a spaventare
il nemico, le folli menadi seguaci di Dioniso, danzanti ed
ispiratrici di creatività.
Il
mare ruggisce, spumeggia ma sorride.
La
Basilica dei Severi svetta nella sua immensità. Il colore della
sabbia acceca.
Le
stelle nascoste dal giorno, dopo aver salutato con un cenno di capo
la luna leggera che le ha accompagnate tutta la notte specchiandosi
sul mare, sorridono ai tuoi passi affaticati dall'afa la cui gonna è
ogni tanto leggermente sollevata da una brezza marina che ti
accarezza capelli e idee. Le Terme della Caccia dormicchiano poco più
lontano.
I
pensieri volano, talora solitari talaltra a braccetto, l'umanità più
colta e coraggiosamente imprenditoriale si è soffermata per quelle
vie antiche a leggere, meditare, chiacchierare, sognare, litigare,
comprare, mercanteggiare, ascoltare brani teatrali e musicali,
accovacciata sulle alte scalinate che guardano curiose verso il mare.
Il
personaggio di una commedia plautina passeggia fra le colonne del
teatro e dell’anfiteatro che si affacciano sul mare cristallino.
Forse è il vecchio avaro Tenichiuso che cerca la sua pentola d'oro e
tenta di salvare la figlia dalle grinfie di Lupacchiotto. O forse si
tratta di Giove-Anfitrione che, divertito, corre dietro alle tuniche
svolazzanti di Alcmena sognante... E' comunque certo che si tratta di
un'ombra antica che vaga ridendo e divertendosi come una matta, per
ricordare anche a te le risate e gli applausi fragorosi che hanno
echeggiato su quelle gradinate scoscese e immerse nell'azzurro più
accecante.
Quel
teatro, della fine del sec. a.C., ospitava nella sua cavea,
in parte naturale e in parte artificiale, senatori, cavalieri,
soldati, cittadini romani, liberti, schiavi, donne e bambini. Li vedi
lì seduti, in strettissimo ordine gerarchico, entrare in fila con la
loro piccola tavoletta in osso, che a mo’ di biglietto senza
tariffa, gli permette di entrare a vedere mimi e pantomimi, con
sottofondo di cetre, tibie o crotali latini. Percepisci distintamente
le note degli strumenti a corda, a fiato o a percussione reciproca.
Vedi maschere che sfilano cangianti sui volti degli attori, mentre
l’aulaem,
il sipario, si alza e si abbassa al ritmo degli applausi. Quelle
maschere che i romani chiamavano “personae”,
e allora pensi che Pirandello lo sapeva… Uno scabillum,
strumento infilato al piede di un giovane nerboruto ed aitante,
mantiene il ritmo di risate e sospiri.
Sei
nel pubblico, davanti ad un’orchestra che guarda verso il mare
calmo. L’imperatore e la sua famiglia ti guardano dai tribunalia.
Ci sei, siete lì tutti insieme. E’ indescrivibile.
Sei
felice e trasmetti felicità. Le persone originali trovano risposte
anche lì, in un fiore ed un’erba selvaticamente millenari, che
sembrano trovarsi in quel posto proprio per te e per ricordarti che
la storia siamo noi e che in un attimo ne fai parte con il tuo
passato ma anche con il tuo futuro. Perché futuro sarà anche quello
di tramandare la bellezza, l’amore e la romanticità di quei posti,
di aiutare a conservarli, anche solo facendone conoscere l'importanza
con una breve riflessione in un articolo di rivista.
Perché
anche questo è non farvi sentire soli nell'immensità della nostra
valorosa ed imponente storia. In una Libia dove i più bei tramonti
mai visti in tutto il Mediterraneo dipingono il cielo di un tenue ed
affamato rosa. E dove l’azzurro domina imperioso.
Sempre.
Una
versione ridotta del testo è stata pubblicata su BioEcoGeo n.23,
Febbr.-Marzo 2013, pp.90-94.
www.bioecogeo.com
Copyright © by Simonetta Sandri
Copyright © by Simonetta Sandri
6 commenti:
Un capolavoro... Il luogo e' tra i piu' belli al mondo e offre ancora enormi opportunita' sotto il profilo archeologico.Le parole con cui Simonetta descrive questo luogo incantato lo nobilitano ancor di piu'. Visitando questi luoghi ci si rende conto di come la bellezza,l'armonia e l'arte siano valori che vanno oltre il tempo e si perpetuano per millenni.Ho visitato Leptis insieme alla donna che ha illuminato la mia vita e li ci sentivamo parte di qualcosa di grande ed immortale. Grazie di aver dato spazio ad un luogo unico e raro.
Chiudi gli occhi e la realtà si trasforma, ti ritrovi in un mondo di sogno, insieme a personaggi fantastici. Brava Simo, come avrei voluto che il mio professore di Storia dell'Arte avesse avuto la tua capacità di spiegare e raccontare i monumenti.
Grazie Simo...
son passati oramai alcuni anni dalla mia visita a Leptis...ma il ricordo di quei colori...in quell'antro di storia assonnata, sono ancora vivi in me.
GRAZIE
ale
Un luogo meraviglioso dove il visitatore rimane attonito per la grandezza e magnificenza del luogo , si trasforma all'improvviso in luogo di vita, di amori, di sogni. Questa e' un'altra Leptis, che non avevo mai visto. Grazie Simonetta, questo e' un regalo straordinario!
Luciana so che ami questo posto quasi quanto me. Questo volevamo, farvi vedere un'altra Leptis. Sono felice che hai colto questa vita dietro le colonne.... Simonetta
bei posti, bei ricordi,l'estero più bello la LIBIA
Posta un commento