L’amore che ti meriti,
di Daria Bignardi, Mondadori, 2014, 247 pp.
a cura di Simonetta
Sandri
Quella
sera il tramonto non finiva mai. Avevo diciassette anni, non lo
sapevo che eravamo felici.
L’amore che ti meriti, Daria Bignardi.
L’amore che ti meriti, Daria Bignardi.
Cara
Daria,
Permettimi
di darti del tu. Alcune cose ci accomunano. Entrambe siamo di
Ferrara, abbiamo studiato al liceo classico Ludovico Ariosto, siamo
nate negli anni sessanta ed entrambe scriviamo (anche se di questo ti
chiedo venia, abbiamo risultati e successi ben diversi). Per questo,
dunque, mi prendo la libertà del libero e leggero “tutoyer”,
come direbbero i francesi. Spero non ti dispiaccia troppo.
Volevo
semplicemente ringraziarti per questo nuovo libro, uno splendido
regalo fatto a me e a molti ferraresi come me, che ci ha portato a
ripercorrere le strade della nostra città, spesso
amata-rinnegata-fuggita, che ci ha fatto rivedere parte del suo
passato e dei suoi misteri, a volte dolorosi. Un dono importante in
un momento così difficile per il nostro paese, dove ricordarsi della
nostra storia e delle nostre origini forse ci può aiutare un po’.
Domandandoci, insieme a
Alma e Toni, come si fa a meritarsi l’amore e, soprattutto, quanto
se ne meriti realmente, abbiamo camminato per le vie della nostra
città silenziosa, deserta, assente, ovattata, immobile,
impermeabile, intima, nostalgica, irreale, grigia ma sempre
invitante. Ne abbiamo riscoperto le profonde radici reali, ci siamo
ricordati degli orti cittadini, delle prime visite al cimitero
ebraico, della pace qui ritrovata e dei pensieri confusi qui
maturati, abbiamo calpestato i ciottoli di via Vignatagliata,
fermandoci al quel numero che tu citi più volte e dove ora abitano i
miei più cari amici d’infanzia. Incredibile e fortunata
coincidenza, per me. Abbiamo rivisto con Toni e Michela i manifesti
dei vecchi film de l’Apollo, ripercorso con lei i vecchi bar di via
Carlo Mayr, quella via dove ora abito quando sono in Italia e che ha
visto trasformare quei locali mal arieggiati e fumosi in locali alla
moda, oggi ritrovo di artisti e scrittori. Tutto cambia, tutto
scorre. Ma l’anima di Ferrara resta. Un’anima che sa di latte
caldo con il miele. Una famiglia. Un enorme e unico diamante
nascosto, come quello che si pensava incastonato in una delle punte
del Palazzo dei Diamanti che, proprio per questo, ogni settimana
erano “sbeccate” da mani ignote. Qualcuno lo cercava, tenacemente
imperterrito. Una fantasia che ci incuriosiva, da bambini, e ci
faceva sognare di misteri, tesori e ricchezze lontane.
Quel
“ticchettio soffocato di un orologio invisibile”, il rumoroso
orologio a molle nascosto nel cassetto, fa anch’esso parte dei
ricordi della mia infanzia, così come la villetta bianca del mare
con il barbecue in giardino, non lontana dal laghetto infestato di
zanzare. Gli argini del Po, poi... come non ricordare le gite in
bicicletta lungo le braccia di quel fiume imponente e protettivo, e
le mura cittadine, lo spiazzo erboso alla fine di Corso Ercole I
d’Este che porta ai bastioni fiancheggiati da platani, tigli e
alberi maestosi. Il verde cittadino qui inizia a confondersi con la
campagna che inizia poco lontano, lo sguardo si perde nei colori e
nei ricordi. Un battito d’ali di farfalla ci risveglia per un
attimo da quel viaggio nel tempo. Ma ci siamo. Siamo lì con te, con
Toni, con il suo figlio in grembo che vuole nascere sereno, con la
tenacia e il coraggio di una giovane donna sicura di sé.
Mentre
Toni, nella nebbia mattutina attraversata da raggi di sole, cerca di
svelare il temibile segreto della scomparsa di Maio, fratello della
madre, noi la seguiamo, persi tra la voglia di risolvere quel mistero
e la nostalgia per tutto quello che abbiamo vissuto in quella città,
per la storia che abbiamo immaginato scorrere, leggendo le lapidi del
ghetto o quelle delle mura del Castello Estense, per le tombe e i
monumenti che abbiamo visto nella Certosa, incerti, perché ci viene
alla memoria l’immagine sfuocata di una grande scultura alata
dedicata a Italo Balbo che ora non ritroviamo ... ma forse si tratta
di un ricordo lontano appartenente a un altro luogo...
Alma
ricorda una foto di famiglia, una di quelle che fanno pensare a “come
eravamo felici”. Chi di noi non ha avuto lo stesso pensiero di
fronte a una vecchia fotografia dai colori sbiaditi. Ma è solo
nostalgia per una gioventù perduta o lo eravamo davvero?
E
allora, cara Daria, ancora grazie per questo viaggio nel passato più
recente, che è anche il mio, un passato che ora, da lontano, ricordo
con affetto e nostalgia. In questo istante, anche io mi sto
sicuramente domandando quanto amore mi meriti e perché. Ora che ce
l’ho e che non lo voglio perdere. Cercherò di darne più che
posso, solo questo posso dirti.
Un
abbraccio affettuoso, cara Daria, da una ferrarese lontana ma vicina.
Copyright by Simonetta Sandri
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