Stoner
di E. John Williams, Fazi Editore, 1965, 300p
A
cura di Eleonora Bonoretti
“William
Stoner si iscrisse all’Università del Missouri nel 1910, all’età
di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della prima guerra
mondiale, gli fu conferito il dottorato di ricerca e ottenne un
incarico presso la stessa università, dove restò a insegnare fino
alla sua morte, nel 1956”. E’
con questa introduzione che E.J. Williams, apre il romanzo e presenta
il protagonista, W. Stoner. 300 pagine per raccontare la storia di un
uomo qualunque, il ritratto di chi non ha cercato mai potere e
successo, ma una vita ordinaria e quasi felice.
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E’
con questa introduzione che E.J. Williams, apre il romanzo e presenta
il protagonista, W. Stoner. 300 pagine per raccontare la storia di un
uomo qualunque, il ritratto di chi non ha cercato mai potere e
successo, ma una vita ordinaria e quasi felice. Non pensiate che sia
un libro banale, tutt’altro, è una lettura silenziosa che non
vuole piacere a tutti i costi, una prosa pulita dai tratti un po'
cinici che fa riflettere sulla vita e quando le pagine finiscono, si
resta un po' soli, con tanta nostalgia.
William
Stoner, un ragazzo del Missouri, cresciuto nelle campagne aiutando i
genitori contadini, si trasferisce a Columbia per studiare agraria,
ma il piano di studi prevede che segua anche un corso di letteratura
inglese, sarà proprio grazie a questo corso e al suo insegnante
Archer Sloane che nella sua vita qualcosa cambierà. La folgorazione
arriva con il 73esimo sonetto di Shakespeare:
“In
me tu vedi quel periodo dell’anno
Quando
nessuna o poche foglie gialle ancor resistono
su
quei rami che fremon contro il freddo,
nudi
archi in rovina ove briosi cantarono gli uccelli.
In
me tu vedi il crepuscolo di un giorno
che
dopo il tramonto svanisce all’occidente
e
a poco a poco viene inghiottito dalla notte buia,
ombra
di quella vita che tutto confina in pace.
In
me tu vedi lo svigorire di quel fuoco
che
si estingue fra le ceneri della sua gioventù
come
in un letto di morte su cui dovrà spirare,
consunto
da ciò che fu il suo nutrimento.
Questo
in me tu vedi, che fa il tuo amore più forte,
a
degnamente amare chi presto ti verrà meno.”
A
vent’anni, Stoner coglie il segreto della sua esistenza: saper
amare le vita quanto più ne cogliamo nei suoi passaggi verso il
declino, così come l’autunno.
Diventa
un insegnante di Inglese e trascorre tutta la vita nello stesso
ateneo in cui consegue la laurea. Nel mentre, fuori da quelle mura,
tutto accade, il primo conflitto mondiale, la crisi del ’29, la
Grande Depressione, la seconda guerra mondiale e la rinascita
economica. Questi eventi lo sfiorano (la perdita di un amico in
guerra, il suicidio del suocero per la crisi), lasciandogli un
leggero senso di estraniamento. Stoner, si muove in equilibrio tra
una massima vicinanza e una estrema lontananza con il mondo, con la
stessa indifferenza prende parte a ciò che gli accade. Gli unici
grandi conflitti per lui, sono le vicissitudini del quotidiano. Sul
finire dei suoi anni, dopo aver accumulato molteplici delusioni,
considera l’accademia come “l’unica vita che non l’ha mai
tradito”.
Accadono
anche delle belle cose nella sua vita, ma finiscono tutte
tragicamente male. Ama insegnare, ma la sua carriera viene ostacolata
dal direttore di Facoltà, la sua vita di professore non vede quindi
onori e glorie; s’innamora di Edith, la sposa ma già in luna di
miele si rende conto del fallimento a cui andrà incontro (Nel giro
di un mese, Stoner realizzò che il suo matrimonio era un fallimento.
Di lì a un anno smise di sperare che le cose sarebbero migliorate.
Imparò il silenzio e mise da parte il suo amore). Dal matrimonio
nasce una figlia, Stoner la adora, ma la moglie gelosa tenta di
allontanarli in ogni modo; trova la passione e conosce l’amore con
una studentessa, ma è costretto dolorosamente a rinunciarvi per
“l’opinione condivisa”.
Nonostante
le delusioni, le immeritate avversità, Stoner non è un romanzo
triste, è il racconto della dignità di un uomo rispetto a una vita
ordinaria. E’ un libro pieno di silenzi (dalla moglie che non gli
parla, ai genitori con cui non riesce a comunicare e persino dalla
figlia, con cui riuscirà a parlare solo in punto di morte), un eroe
della normalità e della vita ripetitiva da cui si riesce a cogliere
il senso del lavoro, della passione e dell’inevitabilità con cui
affronta il suo destino. Non ci sono colpi di scena della volontà,
Stoner alle sfide risponde con “non importa”, non è l’eroe
delle favole, è bensì prevedibile e indifferente alle situazioni.
Il segreto per cui questo libro mi ha appassionata tanto è proprio
racchiuso nella ricerca della “quasi felicità” di una vita come
tante, un modo di “lasciarsi perdere”, di una malinconia che non
vuole essere drammatica, ma vera, come nella vita, con cui ci si può
fare ben poco se non accettarla.
Un
libro davvero incredibile, un piccolo miracolo. Un uomo qualunque che
non cede al qualunquismo, ma affronta la vita con serena
accettazione.
“Una
scoperta meravigliosa per tutti gli amanti della letteratura” Ian
McEwan
Copyright
© by Eleonora Bonoretti
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