domenica 30 novembre 2014

Stoner

Stoner di E. John Williams, Fazi Editore, 1965, 300p

A cura di Eleonora Bonoretti

William Stoner si iscrisse all’Università del Missouri nel 1910, all’età di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della prima guerra mondiale, gli fu conferito il dottorato di ricerca e ottenne un incarico presso la stessa università, dove restò a insegnare fino alla sua morte, nel 1956”. E’ con questa introduzione che E.J. Williams, apre il romanzo e presenta il protagonista, W. Stoner. 300 pagine per raccontare la storia di un uomo qualunque, il ritratto di chi non ha cercato mai potere e successo, ma una vita ordinaria e quasi felice.
 
 

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E’ con questa introduzione che E.J. Williams, apre il romanzo e presenta il protagonista, W. Stoner. 300 pagine per raccontare la storia di un uomo qualunque, il ritratto di chi non ha cercato mai potere e successo, ma una vita ordinaria e quasi felice. Non pensiate che sia un libro banale, tutt’altro, è una lettura silenziosa che non vuole piacere a tutti i costi, una prosa pulita dai tratti un po' cinici che fa riflettere sulla vita e quando le pagine finiscono, si resta un po' soli, con tanta nostalgia.
William Stoner, un ragazzo del Missouri, cresciuto nelle campagne aiutando i genitori contadini, si trasferisce a Columbia per studiare agraria, ma il piano di studi prevede che segua anche un corso di letteratura inglese, sarà proprio grazie a questo corso e al suo insegnante Archer Sloane che nella sua vita qualcosa cambierà. La folgorazione arriva con il 73esimo sonetto di Shakespeare:



In me tu vedi quel periodo dell’anno
Quando nessuna o poche foglie gialle ancor resistono
su quei rami che fremon contro il freddo,
nudi archi in rovina ove briosi cantarono gli uccelli.
In me tu vedi il crepuscolo di un giorno
che dopo il tramonto svanisce all’occidente
e a poco a poco viene inghiottito dalla notte buia,
ombra di quella vita che tutto confina in pace.
In me tu vedi lo svigorire di quel fuoco
che si estingue fra le ceneri della sua gioventù
come in un letto di morte su cui dovrà spirare,
consunto da ciò che fu il suo nutrimento.
Questo in me tu vedi, che fa il tuo amore più forte,
a degnamente amare chi presto ti verrà meno.”

A vent’anni, Stoner coglie il segreto della sua esistenza: saper amare le vita quanto più ne cogliamo nei suoi passaggi verso il declino, così come l’autunno.
Diventa un insegnante di Inglese e trascorre tutta la vita nello stesso ateneo in cui consegue la laurea. Nel mentre, fuori da quelle mura, tutto accade, il primo conflitto mondiale, la crisi del ’29, la Grande Depressione, la seconda guerra mondiale e la rinascita economica. Questi eventi lo sfiorano (la perdita di un amico in guerra, il suicidio del suocero per la crisi), lasciandogli un leggero senso di estraniamento. Stoner, si muove in equilibrio tra una massima vicinanza e una estrema lontananza con il mondo, con la stessa indifferenza prende parte a ciò che gli accade. Gli unici grandi conflitti per lui, sono le vicissitudini del quotidiano. Sul finire dei suoi anni, dopo aver accumulato molteplici delusioni, considera l’accademia come “l’unica vita che non l’ha mai tradito”.
Accadono anche delle belle cose nella sua vita, ma finiscono tutte tragicamente male. Ama insegnare, ma la sua carriera viene ostacolata dal direttore di Facoltà, la sua vita di professore non vede quindi onori e glorie; s’innamora di Edith, la sposa ma già in luna di miele si rende conto del fallimento a cui andrà incontro (Nel giro di un mese, Stoner realizzò che il suo matrimonio era un fallimento. Di lì a un anno smise di sperare che le cose sarebbero migliorate. Imparò il silenzio e mise da parte il suo amore). Dal matrimonio nasce una figlia, Stoner la adora, ma la moglie gelosa tenta di allontanarli in ogni modo; trova la passione e conosce l’amore con una studentessa, ma è costretto dolorosamente a rinunciarvi per “l’opinione condivisa”.
Nonostante le delusioni, le immeritate avversità, Stoner non è un romanzo triste, è il racconto della dignità di un uomo rispetto a una vita ordinaria. E’ un libro pieno di silenzi (dalla moglie che non gli parla, ai genitori con cui non riesce a comunicare e persino dalla figlia, con cui riuscirà a parlare solo in punto di morte), un eroe della normalità e della vita ripetitiva da cui si riesce a cogliere il senso del lavoro, della passione e dell’inevitabilità con cui affronta il suo destino. Non ci sono colpi di scena della volontà, Stoner alle sfide risponde con “non importa”, non è l’eroe delle favole, è bensì prevedibile e indifferente alle situazioni. Il segreto per cui questo libro mi ha appassionata tanto è proprio racchiuso nella ricerca della “quasi felicità” di una vita come tante, un modo di “lasciarsi perdere”, di una malinconia che non vuole essere drammatica, ma vera, come nella vita, con cui ci si può fare ben poco se non accettarla.
Un libro davvero incredibile, un piccolo miracolo. Un uomo qualunque che non cede al qualunquismo, ma affronta la vita con serena accettazione.

Una scoperta meravigliosa per tutti gli amanti della letteratura” Ian McEwan

Copyright © by Eleonora Bonoretti

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