Il mestiere dell'illustratore digitale: Claudio Tabasso
di William Molducci
Claudio Tabasso è nato a Sanremo, il 19 Luglio
1962 e sin da piccolo ha sempre avuto passione e buona mano per il disegno. Dopo avere conseguito il diploma, nel
1985, ha iniziato la sua attività come libero professionista, ma condividendo
sempre lo studio con amici e colleghi. In questi anni di attività ha prestato
la sua mano, e, a suo dire qualche volta anche la “testa”, per realizzare illustrazioni,
disegni, vignette o più recentemente progetti notevolmente più ampi, come lo
possono essere i siti Web, sia in campo pubblicitario che in quello editoriale,
lavorando quindi per committenti quali agenzie di pubblicità, studi di grafica
o per editori, qualche volta anche direttamente per il cliente stesso. Nel
corso di questi anni le vicende alterne e gli alti e bassi economici, che
caratterizzano da sempre, come un marchio a fuoco, questo lavoro, che lui
stesso definisce come “maledettamente piacevole”, lo hanno portato ad
affiancare alla principale attività di illustratore, anche altre attività
“confinanti” e “limitrofe”, come quelle di grafico, docente, ideatore e
realizzatore di siti Internet. Per parafrasare una recente e bella pubblicità
“non di solo disegno vive l’illustratore”. Sicuramente in questi anni di
attività ha vissuto con entusiasmo il passaggio epocale dalla tecnica
tradizionale al digitale, che
ha trasformato il nostro modo di lavorare, e questo certamente non soltanto
nell’ambito della grafica. Del
passato tradizionale non rinnega nulla, ritiene che sia stato bello realizzare
cose fatte con l’areografo, per mezzo delle mitiche ecoline, con le chine e i
pennini, anche quando il cliente a lavoro ultimato chiedeva se si poteva
cambiare il colore di fondo dell’illustrazione, e quindi si doveva rifare tutto
da capo. Naturalmente restava il problema di dovere quasi litigare con l’Art
director, per farsi pagare qualcosa in più, dato che il lavoro era certamente
aumentato. Oggi da questo punto di vista, secondo Tabasso, le cose sono più
semplici, ritiene però, con una punta di rammarico, che con la continua
evoluzione dei nuovi programmi e delle nuove funzioni sia difficile stare
dietro a tutto. Tabasso si ritiene contento di avere vissuto questo passaggio
epocale e di continuarlo ora, poiché è convinto che la tecnologia non toglie
assolutamente nulla all’arte o a ciò che definiamo artistico in tutti i mestieri
e le figure professionali, che ruotano attorno a questi concetti e che si
misurano quotidianamente con la comunicazione. I mezzi si evolvono, ma, al
centro, resta sempre indiscutibilmente l’uomo con il suo cervello e la sua
creatività. Ci si serve delle nuove tecnologie. L’esperienza come insegnante
all’Istituto Rizzoli per le Arti grafiche, per esempio, gli ha dimostrato
inconfutabilmente tante volte che, anche se si propone a 20 persone di
cimentarsi sullo stesso lavoro con lo stesso breef e gli stessi applicativi,
ognuno creerà qualcosa di diverso dal suo compagno, realizzando quindi qualcosa
di unico.
L'intervista
Come hai iniziato a realizzare grafica con
il computer?
Mi sono avvicinato al computer dopo alcuni anni
di lavoro con le tecniche tradizionali. Prima lavoravo con pennelli, matite,
chine, ecoline, eccetera, ma quando ho visto che il computer cominciava ad
essere considerato utile dai colleghi grafici mi sono interessato di più alla
cosa. Ho scoperto così che non solo per la grafica, ma anche per
l’illustrazione i programmi iniziavano a muovere i primi passi, e così ho
deciso di buttarmi nell’avventura digitale. Illustrator e Freehand
erano alla versione 3, Photoshop alla 2.0, c’era Pagemaker,
e dulcis in fundo c’era Oasis 1.0. Credo di essere stato uno dei pochi
italiani ad avere acquistato questo software pittorico dalle caratteristiche
promettenti che poi è stato sbaragliato da Painter. Ad ogni modo ricordo
che era sbalorditivo vedere cosa potevi fare soprattutto poiché tutti eravamo
abituati a considerare il computer come una macchina fredda e distante
dall’arte più di ogni altra cosa al mondo. Invece io ho scommesso che quella
sarebbe stata la strada da prendere e mi sono imbarcato nell’avventura. I primi
lavori vettoriali ad esempio erano un problema sia per il cliente, che non
riusciva a capire la scalettatura visiva al monitor, sia per le fotolito, dato
che documenti da 300 KB erano considerati “pesanti” e impegnativi per le foto
unità di uscita. Per le immagini bitmap e pittoriche il problema dell’aspetto
visivo sul monitor era meno evidente, ma con una stampata non risolvevi molto
dato che la definizione delle stesse non era lontanamente paragonabile a quelle
realizzate con estrema facilità al giorno d’oggi. Il vantaggio di avere un
computer consisteva nel poter fare un lavoro più completo, oltre
all’illustrazione e al montaggio fotografico, si poteva facilmente fornire
anche la grafica e l’impianto (le pellicole).
Secondo la tua esperienza cosa significa
comunicare con la grafica?
Direi che per prima cosa significa capire che
cosa vuole il cliente e che cosa si aspetta da te. Il problema principale è
appunto comunicare e per una buona comunicazione prima bisogna ricevere le
informazioni corrette, possibilmente di prima mano, e non per interposta
persona. Il secondo passo consiste nell’effettuare le logiche valutazioni del
tipo, chi è il mio cliente, quali sono i suoi clienti, e quindi i fruitori
ultimi di quanto vado ad elaborare. Comunicare con la grafica, con il testo e
le immagini, siano esse illustrazioni o foto più o meno elaborate
elettronicamente, significa fare arrivare uno o più messaggi ad un target di
persone, che devono essere attirate dalla veste con cui si presenta il
messaggio, ma che soprattutto devono capirlo facilmente. È sempre meglio essere
concisi e diretti e per ottenere questo si devono realizzare testi contenuti e
scorrevoli, oltre ad uno stile grafico che non sacrifichi la leggibilità a
scapito dell’estro e della fantasia. A volte si vedono, soprattutto nei siti
Internet, delle grafiche “spinte”, magari accattivanti, ma di difficile
“lettura”, in questo caso ci troviamo di fronte al classico sito ad effetto, ma
spesso di difficile navigabilità.
Un grafico si sforza di creare un suo
stile, che lo caratterizza, ritieni di averne uno tuo?
Credo che sia l’ambizione di ogni grafico e
soprattutto di un illustratore avere un proprio stile che lo identifica come
una firma. Ritengo che sia più facile per un illustratore che per un grafico,
personalmente mi sono sforzato di cercare un mio modo di fare illustrazioni,
soprattutto nel momento in cui ero appena uscito dall’Istituto Europeo, ma poi
ho capito che bisognava sperimentare e provare, così lavorando e strada facendo
ora ho alcune “linee preferenziali”, che credo mi caratterizzino abbastanza
come illustratore. Come grafico mi è capitato di fare spesso lavori molto
esecutivi non avendo molti margini di espressione personale (le classiche cose
in subappalto da agenzie o studi). In alcuni casi come la creazione di marchi e
immagine coordinata o qualche sito Web, sono riuscito ad impormi e quindi a
caratterizzare il mio stile.
Ci descrivi la tua tecnica realizzativa con
il computer?
Generalmente per qualsiasi illustrazione, disegno
o vignetta, parto sempre dalla tradizionale matita su carta, butto giù l’idea o
le idee, e di solito, dato che si risponde sempre ad una committenza, invio la
scansione della matita o delle matite per parlarne poi al telefono col cliente
e discutere guardando la stessa cosa a monitor. Una volta approvata l’idea ed
effettuate le inevitabili modifiche, sempre a livello di matita su carta,
faccio una scansione della stessa, che mi serve per proseguire. Se ho deciso di
lavorare in maniera pittorica la scansione sarà a 300 DPI e in dimensioni
leggermente maggiori di quelle in cui verrà stampata, ma sempre ovviamente in
proporzione. A questo punto applico una colorazione blu scura sulla matita, con
lo scopo di vedere il segno della matita stessa appena più scuro del fondo blu.
Parto quindi con la colorazione, iniziando dalle campiture ampie dei fondi,
(cieli, prati eccetera) per passare ai soggetti ed ai particolari, ma
procedendo sempre a strati come si farebbe con una tecnica tradizionale. Come
ho già accennato prediligo, fra gli strumenti che Painter offre, il
gessetto, ma ho fatto anche illustrazioni usando un pennello che imita l’olio,
in grado di fornire risultati notevoli. Di solito, lavorando con Painter, c’è
il problema che si lavora in RGB, e anche se ho la possibilità di salvare in
CMYK, preferisco fare poi la conversione da RGB a CMYK (da colori per monitor a
colori per stampa di quadricromia) in Photoshop. Inoltre va considerato
che l’immagine finale è sempre meglio “consegnarla” al cliente in un formato
adatto alla stampa stessa e possibilmente salvarla con un programma di ampia
diffusione come per l’appunto Photoshop. Di solito consegno file in
formato TIFF o meglio EPS (con codifica JPEG), in modo da potere inviare via
Internet, anche file di buona qualità, ma che occupano poco spazio.
Naturalmente per ottenere questo risultato si deve procedere con una
compressione moderata. Il procedimento è diverso se decido di lavorare con
programmi vettoriali. In questo caso il tratto a matita, mi serve come traccia,
diciamo come velina, quindi la lascio in scale di grigio e magari la salvo in
JPEG. Importo la matita direttamente in Freehand o, meglio ancora, come
template in Illustrator, a questo punto posso procedere a disegnare, con
la tavoletta grafica, il tratto finale (non necessariamente di colore nero)
usando i pennelli di Illustrator. Elaboro al momento un pennello
personale con le caratteristiche di spessore ampiezza e inclinazione desiderata
ed imposto i limiti di pressione con la tavoletta Wacom. Il tratto nelle
illustrazioni di tipo vettoriale è una parte essenziale in quanto da carattere
al lavoro finale e ne stabilisce l’impatto e la dinamicità. La colorazione
rappresenta la seconda fase del lavoro. Preferisco avere le aree vettoriali di
colore su uno o più livelli separati dal segno e sottostanti ad esso per mia
comodità. A questo punto si lavora pazientemente, ma anche liberamente col
mouse e si vanno a tracciare le aree a cui cerco di dare caratteristiche di
riempimenti e sfumature a piacere, anche variabili, successivamente fino a
quando il tutto non mi sembra completo e bello. I colori che uso sono spesso di
quandricromia (se si va in stampa offset) ma possono essere anche colori RGB o
scelti secondo palette cromatiche per Web se il lavoro viene fatto per un
utilizzo prettamente a monitor. Uso gruppi di colori campione che ho preparato
nell’arco del tempo e dei lavori fatti. Quando è il caso uso anche indifferentemente
con Illustrator o Freehand, delle texture che di volta in volta
“coloro” tramite un viraggio all’interno del programma stesso, naturalmente
preferisco utilizzare le tonalità del colore della campitura. Questo
accorgimento mi permette di dare più corposità all’illustrazione finale, e
usando questa tecnica si possono ottenere quasi degli effetti “batik” molto
suggestivi.
La situazione attuale del mercato ti
consente di vivere esclusivamente di questo lavoro?
Comincio col dire, più come una speranza che come
una convinzione, che tutti noi speriamo che la situazione stagnante protrattasi
per troppo tempo si sblocchi al più presto. Di fatto quando l’economia tira, il
lavoro c’è e si può vivere anche di sole illustrazioni. In questi ultimi anni,
purtroppo, il mercato si è ristretto sempre di più e francamente credo proprio
che sia impossibile vivere di sole illustrazioni. Si è creata una situazione
particolare in cui il grafico fa anche il Web designer, chi ha fatto fino al
momento solo Web realizza anche lavori di grafica per la carta stampata,
l’illustratore si allarga su tutti e due i fronti. Tanto per fare un esempio
posso dire che il fotografo oltre a stampare le foto offre anche la grafica del
catalogo, quindi il fatto stesso di avere tutti un computer e determinati
programmi ha ridotto il mercato di almeno il 50%, mentre la restante metà è
stata messa in crisi dalla precaria situazione economica di questi tempi. Personalmente
cerco di continuare a fare quello che ho sempre fatto, ovvero l’illustratore,
ma come molti “devo” fare anche altro, naturalmente è importante lavorare con
entusiasmo, quindi ben venga l’insegnamento quando c’è, ben venga la
realizzazione di siti Web, dato che oltretutto è divertente. Personalmente non
rifiuto mai di eseguire lavori quali folder, depliant, eccetera. Semmai bisogna
domandarsi se in questa situazione la qualità del lavoro regge o ne soffre. È
probabile che, il fotografo che fa delle belle foto professionali per il
catalogo, se si occupa anche della grafica dello stesso, offrendola al cliente
come plus, magari sottocosto o addirittura nel prezzo, non ottenga un risultato
ottimale. Un illustratore nel realizzare un sito Web magari realizzerà qualcosa
di particolare, e, se ha del gusto, sarà forse graficamente gradevole, ma se non
ha sufficienti conoscenze specifiche di linguaggi HTML, Javascript, PHP,
eccetera, probabilmente farà un sito pesante, un po’ lento da fruire per chi
non ha ADSL. La stessa cosa vale per un grafico, che, dovendo restare in certi
budget ristrettissimi, non può commissionare illustrazioni ad un freelance o
foto ad un fotografo professionista, farà probabilmente un bel depliant ma lo
ucciderà con due clip art che messe assieme fanno una scarpa e una ciabatta, e
magari con un fotocamera digitale risolverà il problema delle fotografie. È
possibile lavorare professionalmente anche in questo modo, ma bisogna essere
esperti a 360 gradi e fare dei prezzi impossibili (rammentiamo che l'intervista è stata realizzata nel 2004 e che l'attuale situazione del mercato è ancora più problematica n.d.r.).
Qual è la cosa che ritieni più complessa da
realizzare oggi per un Web designer e un grafico?
Credo che sia difficile aggiornarsi e stare
dietro a tutte le novità, ai nuovi software, e agli aggiornamenti di quelli
“vecchi”. Oggi, inoltre, è richiesta sempre più una figura poliedrica che
sappia affrontare le problematiche della stampa offsett o digitale, conoscere
il Web e i suoi linguaggi: HTML, PHP, JAVA o altro, e magari avere buone
cognizioni di fotografia e saper usare ottimamente Photoshop, per
l’elaborazione di immagini.
Qual è la tua aspirazione lavorativa?
Continuare a fare questo lavoro, che mi piace, ma che è sempre in evoluzione, riuscire a stare al passo coi tempi, e direi che la “direzione” è più verso il Web e l’interattività CD/DVD, che verso la grafica tradizionale. Sono convinto che la carta stampata continuerà ad esistere. Certo l’editoria si deve evolvere ancora più di quello che ha fatto. Credo che se per quelli della mia età (ho 45 anni) era fantastico avere un bel libro illustrato sui dinosauri, o su avventure spaziali, e soltanto con quello potevamo fantasticare molti di più di quanto possono farlo i bambini di oggi (penso ai miei figli Chiara e Andrea), infatti, per loro ora si realizzano DVD interattivo sui dinosauri e sul cosmo, con un grosso limite allo spazio per la fantasia. Le potenzialità legate ai computer sono infinite, basti pensare al settore dei videogiochi. Sta a noi adulti, che li produciamo, quantomeno cercare di mediare fra le esigenze di vendita e i contenuti costruttivi ed educativi
Copyright © by William Molducci
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