di
William Molducci
Henghel
Gualdi, nato a San Martino in Rio il 4 luglio 1924 e scomparso a
Bologna il 16 giugno 2005, è
stato uno dei più grandi interpreti jazz del clarinetto, uno
strumento che deve la sua fama al genio di Benny Goodman. Fabrizio
Meloni, 1° clarinetto del Teatro alla Scala di Milano, di Gualdi ha
detto: “Suona
un
jazz puro fatto di morbide atmosfere, suoni e colori da
ricordare...”.
Non meno positivo è il giudizio del M° Giacomo Soave, insegnante di
clarinetto al Conservatorio "A. Vivaldi" di Alessandria:
“Clarinettista
meraviglioso, con stupende doti naturali, espressivo nel fraseggio,
personalissimo nel vibrato. Suona lo strumento come se fosse un
violino. Per questo lo porto ad esempio ai miei allievi”.
Henghel
si avvicinò alla musica jazz, affascinato dalle big band americane.
Dopo la fine del conflitto organizzò un'orchestra con tre sezioni di
fiati e quattro ritmi, iniziando a esibirsi in pubblico. Scriveva le
parti, arrangiava, dirigeva e suonava. Aveva trovato il modo di
essere felice facendo musica.
Di
quel periodo, nel suo libro di memorie, scrisse: “Terminò anche
la guerra, e all'insaputa di mio padre andai a suonare subito con
un’orchestra. Alla fine mi diedero una “amlire”, una moneta
d'occupazione americana del valore di mille lire dell'epoca ...”.
Per diversi motivi il padre non fu contento della scelta del figlio.
Nel
1954 vinse il concorso radiofonico “Bacchetta d’Oro Pezziol”,
organizzato dalla RAI, prevalendo su artisti e orchestre importanti:
Peppino Principe, Happy Boys di Nino Donzelli (in cui cantava Mina),
Fred Buscaglione, Renato Carosone, Bruno Canfora. Di lì a poco ebbe
il primo contratto discografico con la CGD di Milano. Tre anni dopo
vinse anche il “Benny Goodman Italiano”, confermandosi il miglior
talento jazz nazionale.
Henghel
ammirava profondamente Benny Goodman, lo considerava sopra a tutti
gli altri clarinettisti. Lo conobbe a Roma quando venne per incidere
un brano per il film “Fantasma d'amore” di Dino Risi, fu l’inizio
di una bella amicizia. Avrebbe voluto seguirlo in America ma non lo
fece. Questo fu uno dei grandi rimpianti della sua vita.
Nel
1962 fu nominato direttore artistico dello Zecchino d’Oro di
Bologna, fino al 1965, collaborando con una giovanissima Mariele
Ventre. La svolta della sua carriera avvenne nel 1968, quando suonò
con Louis Armstrong al Festival di Sanremo.
Un
giorno il grande trombettista gli chiese: ”Ehi paps, do you like
skotch?" (ti piace il whisky?), notando gli evidenti capillari
sul naso, “No”, rispose Gualdi, “lambrusch!". Louis
scriveva brani di jazz che, a suo dire, avrebbero dovuto eseguire
durante il festival. Henghel sapeva che si poteva presentare solo una
canzone, anche se gli sarebbe piaciuto suonare altri pezzi con lui,
ma per l'ammirazione e la stima che nutriva nei suoi confronti non
osò contraddirlo.
Henghel Gualdi alle spalle di Louis Armstrong e Pippo Baudo al Festival di Sanremo 1968 |
Henghel
suonò con i migliori artisti: Bill Coleman, Chet Baker, Count Basie,
Sidney Bechet, Albert Nicholas, Lionel Hampton, Rex Steward, Gianni
Sanjust. Una sera a Milano, durante un suo concerto, Gerry Mulligan
salì sul palco e lo accompagnò al pianoforte. Ernest Hemingway si
recava all’Hotel Cristallino di Cortina d'Ampezzo per ascoltarlo e
Orson Welles non perdeva occasione per richiedergli “Stardust”,
complimentandosi al termine di ogni esecuzione.
Gualdi
suonava anche con la “Doctor Dixie Jazz Band”, che si esibì in
oltre 700 concerti in Italia e in Europa e partecipò a diverse
edizioni di Umbria Jazz. A questo proposito il grande clarinettista
diceva: “ A Bologna ho un appuntamento settimanale, il venerdì,
nella cantina della "Doctor Jazz Band" di Leonardo "Nardo"
Giardina. Cerco sempre di non mancare, non solo perché mi diverto a
suonare, ma anche perché, essendo i componenti tutti professori e
medici, la mia salute è assicurata”.
Il
regista Pupi Avati gli chiese di collaborare, con Amedeo Tommasi,
alla colonna sonora del film “La mazurca del fico fiorone”, in
seguito lavorarono insieme anche in altre produzioni: “Jazz Band”,
“Cinema”, “Le stelle nel fosso” e “Dancing Paradise”.
Quando
Henghel formò la sua prima orchestra, aveva in mente un progetto
preciso: quello di affinare il gusto del pubblico, pur sapendo che i
frequentatori delle sale da ballo erano distratti e disattenti, ma
era convinto che sarebbe riuscito a migliorarne la sensibilità
musicale. Queste sue “contaminazioni” non furono ben viste dai
“puristi”, che non sopportavano il jazz suonato nella sala da
ballo; guarda caso proprio il luogo in cui questo genere si era
originariamente affermato.
Verso
la fine del 1989 partecipò alla tournée americana di Luciano
Pavarotti, vincendo la nota fobia per il volo, le sue performance
furono accolte con grande successo. Una leggenda metropolitana
racconta che il tenore modenese riuscì a convincerlo a volare
dicendogli: "… pensa, se dovesse cadere l'aereo
diventeresti famosissimo perché sei sullo stesso aereo di
Pavarotti". No, non è vero, non furono queste le sue
parole, ma il grande Luciano riuscì a trasmettergli un po’ della
sua sicurezza.
Negli
ultimi anni di vita preferiva risiedere a Cattolica, cittadina in cui
si è sempre trovato bene e dove i suoi polmoni respiravano meglio.
In Romagna trovò una realtà musicale che sapeva apprezzare la sua
arte, sia come spettacolo sia come indispensabile terapia.
Il
grande musicista argentino Giora Feidman, conosciuto come il Re del
klezmer, di Gualdi disse: "You are an angel who shares his
soul with the clarinet" (sei un angelo la cui anima è una
cosa sola con il clarinetto).
Henghel Gualdi "Stardust"
Copyright
© by William Molducci
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