di
William Molducci
Mita
Medici, nome d’arte di Patrizia Vistarini, da anni è
nell’immaginario degli italiani per il talento e l’energia con
cui affronta ogni aspetto del mondo dello spettacolo. Figlia
dell’attore Franco Silva e sorella di Carla Vistarini, autrice e
scrittrice di successo, Mita a soli 15 anni vinse il concorso Miss
teenager e recitò nel film “L’estate” di Paolo Spinola cui
seguì “Pronto c’è una certa Giuliana per te” di Massimo
Franciosa.
Nel 1972 Garinei & Giovannini le affidarono la parte
di Margie in “Ciao Rudy”, dove recitava con Alberto Lionello e
Loredana Bertè. Il grande pubblico la conobbe con “Canzonissima
1973”, la nota trasmissione televisiva condotta a fianco di Pippo
Baudo. Nel 1978, la show-girl si trasferì negli Stati Uniti, per
frequentare il Lee Strasberg Theatre Institute a Santa Monica in
California e poi l’Actors Studio a New York. Ritornata in Italia,
riprese l’attività dividendosi tra cinema, teatro e televisione.
In teatro ha recitato in opere importanti quali "Don Giovanni e
Faust", "Sogno di una notte di mezza estate", "Il
Gattopardo", "Il mercante di Venezia". Recentemente ha
portato in scena “Mita Medici canta Franco Califano”, il recital
diretto da Silvano Spada, presentato al Teatro Comunale di Todi,
durante il Festival del 2015.
"Mita Medici canta Franco Califano" (Photo Azzurra Primavera) |
Al
Festival di Todi hai portato in scena il recital con le canzoni di
Franco Califano, com’è nato questo progetto?
Silvano
Spada, Direttore Artistico del Festival, ha voluto dedicare uno degli
spettacoli dell’edizione 2015 a un cantautore italiano, la scelta è
ricaduta su Califano, definito un
poeta alla ricerca di un contatto quasi filosofico con le persone e
le cose. In quel
periodo avevo incontrato Spada per presentargli un altro progetto e
coincidenza volle che mi cercasse per il recital con le canzoni di
Franco. All’inizio ero un po’ perplessa, per la particolarità
della cosa, però ho capito che l’intento era di valorizzare il
poeta, l’autore di pezzi meravigliosi. Il pubblico ha apprezzato
l’iniziativa, sono state due serate entusiasmanti, una vera e
propria magia; siamo riusciti a realizzare uno spettacolo di cui si
sentiva il bisogno. In scena, oltre a me, c’erano cinque musicisti
e quattro ballerini, la performance è stata emozionante, rigorosa e
con tanto affetto verso Franco. Il teatro Comunale di Todi,
meraviglioso di per sé, era pieno fino all’ultimo balcone,
pensavamo di rappresentare lo spettacolo soltanto in quelle due date
ma vista l’accoglienza lo rifaremo a Roma ai Giardini della
Filarmonica, nell’ambito di una rassegna teatrale, quindi
apportando alcuni cambiamenti. Stiamo pensando a qualche altra serata
per questa estate e soprattutto per la prossima stagione teatrale.
Canzonissima
1973 fu l’occasione per farti conoscere dal grande pubblico, era
l’anno dell’austerity e la televisione rappresentava uno dei
pochi svaghi degli italiani, cosa ricordi di quell’esperienza?
Avevo
già fatto televisione, per esempio lo sceneggiato “Coralba” di
Daniele Danza, ed esordito nel cinema con “L’estate” di Paolo
Spinola di cui Alberto Moravia disse: “Mita Medici è una sorpresa,
recita con imbarazzante naturalezza”. Fu grazie al musical “Ciao
Rudy” che m’invitarono a fare il provino di Canzonissima,
un’occasione importante anche se non un punto di arrivo per la mia
carriera. Mi tuffai con entusiasmo in quella nuova esperienza,
ottenendo un’enorme popolarità che si sommò all’affetto che il
pubblico aveva nei miei confronti, grazie ai lavori precedenti.
Mita a San Francisco (U.S.A.) |
“Per
una volta” è il tuo album del 1975 scritto da tua sorella Carla
Vistarini e Luigi Lopez, un lavoro d’autore con firme eccellenti,
vuoi raccontarci la sua genesi?
Dopo
Canzonissima, spesso mi chiedevano di cantare, quindi decisi di
incidere l’album con l’obiettivo di raccontare una storia, in
parte autobiografica. Con Carla e Luigi abbiamo lavorato intensamente
al progetto, collaborando con ottimi musicisti; riascoltandolo oggi
si riesce a comprendere la straordinaria attualità di quel lavoro.
Il disco diventò anche uno show per la Rai, trasmesso con il titolo
“Storia di una ragazza”, ambientato negli anni ‘60 e ‘70, con
le immagini e i riferimenti di allora: l’uomo sulla luna, Marylin,
l’industrializzazione. In precedenza avevo inciso alcune canzoni
per il disco di Canzonissima, tra cui “A ruota libera”, ricordato
ancora oggi come un inno alla gioia per nulla banale.
Il
teatro è una delle tue passioni, quali lavori ti hanno coinvolta
maggiormente?
Adoro tutti i lavori che ho
fatto, il teatro si deve amarlo veramente perché è impegnativo e
viscerale. L’esordio avvenne con il musical “Ciao Rudy” di
Garinei & Giovannini, poi in televisione feci “Al cavallino
bianco” con Paolo Poli e Gianrico Tedeschi, per la regia di Vito
Molinari. Mi sono cimentata nel teatro di ricerca grazie a “Don
Giovanni e Faust” di Grabbe, un testo meraviglioso pur se poco
rappresentato. Ritengo Giancarlo Cobelli un grande regista e l’avere
recitato ne “Il mercante di Venezia” è stata una tappa
importante della mia carriera teatrale. Nel 1980 ho fatto il
“Gattopardo” con Franco Enriquez, interpretando Angelica; con me
recitava un allora giovanissimo Nino Frassica, nella parte di uno dei
figli del gattopardo. Tra i lavori più recenti ho amato molto “Alda,
sono nata il 21 a primavera”, in cui interpretavo Alda Merini,
raccontando alcune delle sue cose personali. Ho conosciuto Alda, una
donna straordinaria, particolare, piena di umanità e sagacia, che mi
aveva molto in simpatia. Ho recitato anche in “Fedra” di Ghiannis
Ritsos, da cui
abbiamo tratto un cortometraggio distribuito un po’ in tutto il
mondo. Il teatro mi ha dato tante soddisfazioni, mi piace ricordare
“Rodolfo Valentino, l’emigrante leggendario” di Rina La Gioia,
dove ho interpretato Valentino e le sue quattro donne più
importanti. Dopo aver lavorato in “Ciao Rudy” e avere
interpretato Margie, una delle donne del celebre attore, è stato
interessante reinterpretare i due personaggi nella medesima commedia.
Tra
le tue esperienze cinematografiche c’è anche quella dei
cortometraggi, tra cui “Elena”, dove hai recitato con Franco
Nero…
Il
film di Bitonti era strettamente legato a “Fedra” e faceva parte
di una trilogia che per tanti motivi si è fermata ai primi due
cortometraggi. “Elena”, come “Fedra”, è una commistione tra
teatro e cinema, una sperimentazione che vuole avvicinare queste due
arti importanti, basandosi sul gusto estetico e narrativo di Bitonti.
“Elena” si richiama alla modernità, puntando il dito contro le
false motivazioni prese a pretesto per fare le guerre. I due
cortometraggi hanno partecipato a numerosi festival negli Stati
Uniti, tra cui Miami e il Tribeca Film Festival di New York.
Nel
2009 “Elena” è stato selezionato al Los Angeles-Italia Film
Festival e proiettato al Mann's Chinese Theatre di Hollywood, lo
stesso della premiazione degli Oscar...
Ho
assistito alla proiezione di “Elena” a Hollywood ed è stata una
grande emozione ritornare negli Stati Uniti dove, a partire dal 1978,
frequentai il Lee Strasberg Theatre and Film Institute. Era l’epoca
in cui stavano emergendo Robert de Niro e Al Pacino, e, con l’aiuto
di un amico ebbi l’occasione di trasferirmi a Los Angeles. Verso la
fine degli anni ’70 gli attori italiani erano stimati e ben
accettati, grazie alla fama del nostro cinema e a registi come
Federico Fellini e Luchino Visconti. Feci il colloquio d’ammissione
con Anna Strasberg, a cui espressi il desiderio di crescere
professionalmente e di conoscere la realtà americana. Durante la
frequentazione del corso si creò un bellissimo clima di
collaborazione con gli altri allievi, inoltre, ci fu l’occasione di
incontrare nuovamente Robert de Niro, conosciuto in precedenza a New
York. Grazie alla fama acquisita in Italia, potevo contare su una
certa popolarità che mi permetteva di lavorare, ricordo con piacere
gli spot pubblicitari girati in Messico a Vera Cruz. Qualche anno
prima, nel 1965, dopo avere vinto il concorso di Miss teenager,
rappresentai il nostro paese a Los Angeles, in quel periodo la
disciplina nei concorsi era molto severa, quasi come in caserma. Una
sera ebbi l’occasione di sgattaiolare fuori dall’albergo per
vedere un po’ la città, la mia attenzione fu catturata da un sound
originalissimo, si trattava dei Doors di Jim Morrison, in uno dei
loro primi concerti. Mi ricordo ancora l’effetto che mi fecero
quelle canzoni e il delirio della gente che le ascoltava.
Roma
e Stromboli… cosa ti lega a questa isola così diversa da Roma?
Mi
lega proprio la diversità, gli opposti che si attraggono. Roma è la
mia città mentre Stromboli è selvaggia, una libertà completamente
diversa, non solo mentale ma anche fisica. L’isola è magica, tanto
che “Fedra” l’abbiamo girata in quei luoghi. Adoro Stromboli
così come il suo vulcano, mi piace tornarci spesso, sperando che sia
rimasta come l’ho lasciata la volta prima. E’ un posto dove non è
semplice viverci, specialmente in inverno, ma va salvaguardato
altrimenti rischia di perdere il suo fascino. Sono andata a Stromboli
quando non c’erano ancora luce, acqua corrente e si sbarcava dal
vaporetto con le barchette. Si è trattato di un amore a prima vista,
viscerale, io adoro la natura e il mare, e mi piace dipingere il
vulcano, soprattutto sul legno, sugli scarti di falegnameria.
Mita Medici: “ Noi Ex ragazze del Piper”
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by William Molducci
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