di Eliana Vinciguerra
Beat Generation è un movimento prettamente statunitense, Fernanda Pivano è
stata l'unica giornalista e critica italiana, amica di molti
scrittori e poeti beat, che ha contribuito alla loro fama nel nostro
paese. Il materiale è difficile da trovare, nonostante molti beat siano venuti in Italia invitati a qualche festival, come per esempio Ginsberg e Corso al Spoleto Festival nel 1965, oppure
alla ricerca delle proprie origini, come Ferlinghetti che scrive
“Scene italiane”, viaggio di versi nelle nostre terre.
Ci tengo a sottolineare che
Fernanda Pivano è la più grande esperta di Beat Generation
italiana, di cui ha curato e scritto numerose introduzioni e
prefazioni di libri beat e molti testi di critica al riguardo. In
Italia, come al solito arriva tutto marginalmente, e dopo il ‘68
non c'è stato più un grande interesse per il fenomeno contestatario
giovanile. Sono stati molti i giovani che hanno abbandonato tutto per
intraprendere lunghi viaggi in India e Tibet ed è vero che molti di
loro, figli di ricchi industriali, lo facevano solo per provare nuove
esperienze psichedeliche con droghe o per trovare un po’ di tempo
in più per non dover entrare nel mondo del lavoro, ma è altrettanto
reale l'effettivo interesse di molti studenti universitari del corso
di lingue, autori di innumerevoli tesi di laurea sulla Beat
Generation.
Allen Ginsberg - Photo di Dijk, Hans van Anefo, 1979, (C.C. 3.0) |
Ritornando
ai libri dei beat, furono accolti dalla critica con severità e
asprezza. L'esplosione che accompagnò l'uscita di “Sulla strada”
di Keruac e dell'”Urlo” di Ginsberg, fu inghiottita dai critici
come un fenomeno di curiosità e un fatto di costume. Si parlò di
sgrammaticature e di prosa scomposta, di verbosità alla Thomas Wolfe
e di “non poesia”. Si fecero le più funeste previsioni circa la
carriera dei due scrittori, prevedendo per loro l'uscita di un solo
libro. Chi li prese sul serio, almeno come scrittori di costume,
disse che il loro tipo di anarchia era un fenomeno antico, che i beat
non avevano scoperto nulla di nuovo, che non c'era nessuna differenza
tra la loro rivolta e quella della Generazione Perduta (Lost
Generation).
I loro libri arrivarono poi in Europa, dove i critici
assunsero il tipico atteggiamento della critica europea, dove il
movimento beat fu subito sminuito come imitazione
dell'esistenzialismo francese del secondo dopoguerra. La Beat
Generation è stata caratterizzata sempre più da un bisogno
eccessivo di credere in qualcosa. Gli esponenti di questa generazione
erano per lo più ragazzi maturati troppo in fretta da un'esistenza
sempre più promiscua alla vita degli adulti, partecipi attraverso la
televisione e i giornali illustrati degli stessi mezzi di
informazione, superficiali e grossolani, di cui si servivano gli
adulti medi. In questo stato di parità non credevano più alle
giustificazioni e agli accomodamenti dei genitori per spiegare un
mondo sempre meno legato alle leggi tradizionali e si cercavano da
sé, attraverso esperienze personali, una realtà autonoma e
svincolata da convenzioni morali che ai loro occhi mascheravano solo
pregiudizi e luoghi comuni. Jack Kerouac diceva: “Le uniche persone
per me sono i matti, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai
un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano come candele romane
gialle e favolose, che esplodono come ragni tra le stelle”.
Ricordo che in quegli anni ci
si abbigliava con abiti strani fuori moda, con i capelli lunghi gli
uomini e con i jeans le donne (dicevano in segno di uguaglianza),
sandali alla Ginsberg ai piedi e nastrino all'indiana sulla fronte,
marce per la pace in Vietnam, roghi di cartoline precetto di leva e
meditazione psichedelica a base di LSD riprodotta con luci
coloratissime, bolle di sapone e immagini convulse.
Questo
movimento Hippy si sviluppò nel corso degli anni sessanta in
America, come corrente della cultura underground, in cui si espresse
il dissenso di una vasta area del mondo giovanile. Era contro il
consumismo, il conformismo, le discriminazioni razziali, le tendenze
imperialistiche della politica statunitense, le insidie della “guerra
fredda” che, con la crisi di Cuba del 1962, fu ad un passo dal
convertirsi in aperto conflitto tra le superpotenze, impegnate allora
nella gara per gli armamenti nucleari.
Eliana Vinciguerra |
Gli Hippies contrapposero il
”potere dei fiori” a quello delle armi e più in generale il
rifiuto delle logiche economiche e delle politiche prevalenti. I
gruppi giovanili si proclamarono “battuti” dalla ferrea legge del
progresso, si rappresentarono come una generazione perduta e si
auto-esclusero dalla società del benessere cui appartenevano.
Moda beat balneare |
Nell'immediato hanno
suscitato scandalo, sdegno e condanne. Devo anche dire che gli
Hippies furono sostenitori di un'utopia e riuscirono a dimostrare che
anche le utopie possono contenere elementi vitali in grado di
incidere nella realtà e di modificare situazioni cristallizzate. La
loro era un'utopia pre-moderna, anti-industriale, che si sostanziava
nel ritorno a un'agricoltura senza macchine. Questo fu il limite del
movimento, segnato dall'astrattezza propria di tanti movimenti di
protesta giovanile. Rappresentò un fenomeno temporaneo di
fluttuazione, il sintomo di una crisi e non di una proposta di
soluzione.
Fernanda Pivano intervista
Jack Keruac
Copyright by Eliana
Vinciguerra
1 commento:
ottimo "documento", eliana!!!!
Posta un commento