Diario
di una vendetta annunciata, Paolo Grassi ci parla del suo primo
romanzo
di
Paolo Grassi
Quando
si parla di vendetta, non può non venire in mente al lettore il
Conte di Montecristo, figura vendicativa per antonomasia. Se mi sono
ispirato a lui? La risposta è “forse”. Il tempo principale del
mio racconto non è solo la vendetta (compiuta da chi e perché lo si
scoprirà solo nelle ultime pagine del libro), quello che, dal mio
punto di vista emerge dal romanzo è quanto la tecnologia al giorno
d’oggi ci toglie privacy, ci osserva e condiziona.
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Questo
romanzo inizia tanti anni fa nella mia testa; un episodio non molto
piacevole del mio passato mi portò a riflettere su come vendicarmi,
fino a farmi perdere quasi la ragione. Il
dolore aveva preso il sopravvento su qualsiasi altra emozione,
lasciandomi inerte e incapace di reagire lucidamente. La
mia prima forma di reazione fu un “videolibro”, un’opera di
tredici capitoli che nell’estate del 2010 divenne un piccolo
fenomeno su YouTube, “Non c’è limite all’indecenza”.
Si
trattava di un collage di mie esperienze e incontri con tante persone,
con il filo conduttore di un dolore mai sopito, sino all’ultimo
capitolo in cui, lenito dalla sofferenza, confesso che dividere il
dolore con il quasi infinito Web mi ha reso nuovamente privo di
sofferenza. Non è bastato. Non mi sentivo soddisfatto perché era
tutto privo di rabbia, quel sentimento che mi serviva nel mio
percorso verso l’indifferenza ai torti subiti.
Negli
anni successi ho sempre cercato di andare avanti, di rifarmi una vita,
ma una serie di esperienze negative che si sono susseguite,
sfiduciandomi nuovamente, mi hanno portato a dubitare di quasi tutti
quelli che facevano parte della mia esistenza, il male e la rabbia
avevano nuovamente preso posto dentro di me.
Inizia una riflessione:
probabilmente l’unica cosa che non andava realmente nella mia vita
ero proprio io ed è per questo che mi sono seduto davanti alla
tastiera e ho pensato: “se avessi un’infinita scorta di tempo e
denaro cosa farei?”. Cosi nasce “L’eco della vendetta”, un
thriller tecnologico ambientato ai nostri giorni, in una grande
metropoli dove il “dio” lavoro è superato solo dal denaro. Sullo
sfondo della città si muove Dalila Priore, ambiziosa traduttrice di
russo e arabo, con un inquieto passato, eccezionalmente preparata, ma
relegata a lavoretti precari decisamente inferiori alle sue capacità.
La ragazza soffre per questa sua condizione ed è per questo che
quando riceve l’invito per un colloquio presso la Global Transcom,
mastodontica multinazionale, leader nella logistica in ogni parte del
globo, vede realizzarsi tutti i suoi sogni. L’assunzione, la
promozione, una casa nuova e un nuovo amore porterà Dalila sulla
vetta del mondo, che aveva sempre voluto, senza però sapere che
tutto quello che crede di essersi giustamente guadagnata non è altro
che un diabolico piano ordito da una misteriosa quanto inquietante
figura quasi onnipresente.
Un
misterioso “uomo con la barba”, burattinaio occulto delle azioni
della ragazza, spettatore nascosto della vita della protagonista che
viene osservata in ogni momento, anche nella sua più profonda
intimità. E’ un romanzo ricco di colpi di scena, carico di una
rabbia che trasuda da ogni azione che viene compiuta nei confronti
della protagonista e con esplicite scene di sesso. La rabbia è un
sentimento che conservo sempre in me, che mi è servito per scrivere
questa opera, ma vi prego di non confonderlo con la violenza.
Questo
romanzo non è violento, come non lo sono io. Il lettore verrà
trascinato nel vortice insieme alla protagonista fino al finale
rivelatore, che non potrà non far accendere un dubbio: fino a che
punto si è “cattivi” in una storia? Quando smettiamo di essere i
buoni o le vittime e diventiamo i carnefici del nostro prossimo? E’
un confine molto sottile e come viene detto all’interno del
romanzo: “in un mondo dove la linea tra bene e male diventa sempre
più sottile, come facciamo a distinguere quello che è giusto o
sbagliato?”.
Dubbio
che mi ha percorso per tutto il tempo che ho impiegato a scrivere
questa mia opera e che mi ha portato a diverse riflessioni sulla
cattiveria e sull’odio, su chi sono le vittime e chi sono i
carnefici e su come si possano scambiare gli stessi ruoli a seconda
dei punti di vista.
Il
dilemma è che non sempre chi subisce il torto è la persona
“sbagliata”. La giustizia, per certi versi, è un qualcosa di
soggettivo, il motivo della vendetta in questo mio primo libro è
qualcosa di estremamente grave, ma deve essere visto dall’ottica di
chi lo riceve. I nazisti, ad esempio, fautori del più grande
genocidio del secolo passato, non si sono alzati una mattina con
l’idea di essere i “cattivi della storia”, dal loro punto di
vista tutto l’orrore che hanno causato era una cosa giusta e
necessaria; non si parla di un raptus omicida, si parla di una
sistematica eliminazione di un nemico. Sarà proprio così per la
protagonista del libro, in un gioco di inversione dei ruoli che solo
nelle ultime righe nel romanzo verrà chiarito. Come mi sento adesso?
Con la fine di questa opera mi sento più vivo, realizzato per aver
messo nero su bianco, per quanto macabro possa sembrare, un qualcosa
che mi sarebbe piaciuto fare sul serio. Non mi nascondo dietro una
maschera di ipocrisia o buonismo, non si può passare dall’amore
all’indifferenza di colpo, c’è sempre bisogno di una buona dose
di odio e rabbia. Questo è quello che, dal mio punto di vista, mi
contraddistingue in campo letterale. Non sono alla ricerca di
consensi, di qualcuno che dica “bravo”, cose che certamente fanno
piacere. Io scrivo per dare pace (o sfogo) a quella parte di me che
“vorrebbe fare ma non può”, perché certe cose non si possono
fare, sono oggettivamente sbagliate. E se è vero che l’odio e la
vendetta siano gli unici sentimenti che possono contrastare l’amore,
allora questo libro è un testimone reale e duraturo che non potrà
non far riflettere su quanto tutto faccia sempre parte del bagaglio
delle nostre emozioni. Ho lenito il mio dolore. Ho avuto la mia
vendetta. Questo libro ne è la prova tangibile.
Pagina
Facebook dedicata al romanzo di Paolo Grassi:
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