Carla
Fracci, Passo
dopo passo. La mia storia.
Mondadori, 2013, 207 p.
di
Simonetta Sandri
Un
paese senza cultura e arte è un paese che non si rinnova, che si
ferma. Da
bambina, gli specchi delle grandi e luminose sale della scuola del
Teatro Comunale di Ferrara, dove timidamente muovevo i primi passi di
danza classica, mi riflettevano, curiosi, la leggerezza di quella
prodigiosa e affascinante ballerina che ispirava ogni sogno di
fanciulla che si affacciasse a un palco, quella ninfa leggera che si
chiamava e si chiama Carla Fracci.
Preleva l'articolo in formato PDF
Ricordo
quando mia madre mi ha regalato il suo libro "La
mia vita sulle punte. Come diventare ballerina".
Per anni quelle pagine mi hanno accompagnato nei sogni più lontani,
stropicciate tanto le sfogliavo, le guardavo e riguardavo. Non sono
diventata una ballerina, ma molti di quegli insegnamenti su
disciplina, tenacia e coraggio li ho portati stretti gelosamente a
me. Tanti anni dopo, non dirò quanti per non ricordare la mia
età..., Carla ci accompagna, con la dolcezza e la delicatezza che la
contraddistinguono, nella sua storia che è allo stesso tempo
personale e intergenerazionale. Anzi, se permettete, direi nazionale,
perché parte importante della storia
culturale del nostro paese, della sua splendida tradizione di
bellezza e di arte.
Nel
libro Passo dopo passo,
Carla, che ha sempre ben saputo quello che voleva, come ricordava
alle allieve della scuola di ballo del Teatro alla Scala la sua
direttrice Esmée Bulnes, ripercorre gli oltre duecento personaggi da
essa interpretati nella sua lunga e ricca carriera, le loro storie,
la varietà delle sensazioni e dei sentimenti da essi ispirati, le
scene e i palcoscenici calcati e ricalcati, scavati dalla forza e
dall’energia dei passi, pervasi da forti scambi di emozioni.
Un'autobiografia intima e intensa che ci coinvolge e ci mantiene
incollati alle pagine in queste serene feste natalizie. Un libro che
letteralmente divoriamo.
Chi
ama e segue questa donna, sa delle sue origini, del padre tranviere e
della madre operaia, dei sacrifici di quei corsi che iniziavano alla
mattina presto, quando si usciva di casa con poca luce, "schiscetta"
in cartella e gelo che pizzicava le guance rosee. Sono belle quelle
immagini di chi guarda all'insù nella piazza antistante La Scala per
vedere e osservare curiosi le ballerine che si riflettono sui vetri
delle finestre, pensando che dietro vi siano solo giovani fanciulle
serene e leggiadre quando invece vi si nascondono ore e ore di
esercizi alla sbarra, sacrifici, dura disciplina e impegno.
Altrettanto magica è l'immagine di Carla bambina che vede una
piccola figura elegante vestita di nero uscire dalla galleria
Vittorio Emanuele e scomparire sotto il portico del caffè Biffi.
Sembra un personaggio da fiaba, ed è Margot Fonteyn, divenuta
maestra, collega e amica. Per un attimo ci siamo trovati immersi
nella magia, abbiamo sfiorato anche noi un mantello e una bacchetta
magica. Dai primi ruoli, come quello di Cenerentola di Prokof'ev (che
caso, sottolinea anche Carla, quello di un primo ruolo, proprio di
Cenerentola, dato a una bambina povera che non sapeva cos'era la
danza..), attraverso le grandi interpretazioni di Giulietta, Giselle,
fino a quelle di Francesca, Odette, Gelsomina e della Filumena del
grande Eduardo, il passo e' breve. Festival di Nervi, London
Festival Ballet, Teatro dell'Opera
di Roma, American Ballet Theatre
di New York, Teatro San Carlo di Napoli, l'Arena di Verona, il
Bol'šoj
di Mosca sono solo alcuni dei grandi palcoscenici che hanno accolto
Carla, sempre a braccia aperte, sempre con un successo di pubblico
caloroso e spesso clamoroso.
Il
compagno e marito, Beppe, dice sempre a Carla che la sua anima di
ballerina è fatta di tre G: Giselle, Giulietta e Gelsomina. Anima di
donna intensa e forte, spirito di donna vera traboccante di amore e
passione autentica. Quella stessa che non riesci a dividere donna e
artista, perché danza ciò che è ed è ciò che danza. Una fusione
totale e completa fra personaggi e artista, una trasposizione, quasi
una trasfigurazione mistica e illuminata. La danza assomiglia alla
poesia per il modo in cui supera ogni limite, l'assenza di parola, a
differenza del teatro, rende il balletto più penetrante e per certo
verso più potente. Alla sua chiusura si ride, si piange, ci si
abbraccia, si condivide la forza e l'energia. Con la danza di Carla
c'è però anche la famiglia, gli affetti, la maternità, l'amicizia.
Tanto amore.
Gli
incontri più emozionanti restano per me quelli con Rudy e Misha.
Rudolf Nureyev, il primo, è lo scambio intenso di emozioni fra
ballerini poco più che ventenni in un autunno di una grande Londra.
Rudy dal temperamento tenace e forte, desideroso di sfida che l'aveva
portato a vincere l'ambiente duro in cui era cresciuto,
soprannominato il Muzik,
il paesano, perché veniva da famiglia povera e semplice della
Siberia. Rudy spesso capriccioso, vibrante, aggressivo, che obbligava
ad impegnarsi fino allo spasimo per essere degni di lui, ma anche
coraggioso, imprevedibile, partner generoso e, alla fine,
amico-complice. E poi Misha, Michail Baryšnikov, e la Medea di
Spoleto del 1975, un'altra donna, gelosa e tormentata, che vive la
passione intensamente. Misha che chiamava Carla "la bella"
e che rimaneva abbagliato da una Firenze illuminata, dalla quale era
fuggito per la troppa bellezza. Forse colpito dalla Sindrome di
Stendhal....
Mi
piace vedere Carla mentre sceglie con accuratezza le sete del suo
tutù, parte di un suo personale rituale. Mi piace sentire il profumo
delle fresie e dei gelsomini emanare dalla sua corona di fiori che
cinge i lunghi e lucidi capelli neri. Mi piace immaginarmela curare i
fiori e le piante della sua terrazza, affondare le mani affusolate
nella terra appena smossa dei vasi, quasi immersa nel ricordo della
sua terra lombarda umida e nebbiosa. La vedo percorrere i corridoi
della sua casa milanese piena di quadri e statue, le sue foto appese
al muro, le cornici affollate di ricordi e amici preziosi e vicini.
Qui osserviamo tanti eroi di un mondo che non c'è più, valori
antichi che stanno scomparendo, la nostra storia che se ne va. Un
ricordo e una memoria che dobbiamo sicuramente preservare e
trasmettere.
Il
libro si conclude con una riflessione che dovrebbe essere monito per
tutti: l'impegno è la base del successo, in tutti i campi, serietà
e applicazione sono le parole chiave. E poi la disciplina, i
programmi, le regole, l'eleganza, la semplicità, e un appello per
tutti: "la cosa più importante
in un paese è un impegno serio per il futuro dei giovani. Ogni
italiano di buona volontà ha il diritto di farsi una cultura".
(...). Carla vorrebbe che in Italia nascesse una Compagnia nazionale
di balletto, una Compagnia che possa girare il mondo con le nostre
eccellenze, perché la forza dei danzatori è il gruppo. Ma anche per
questo serve il sostegno delle istituzioni che pare non arrivare. Se
l'unione fa la forza, non possiamo pensare che il patrimonio che
Carla porta con sè non si tramandi, che i suoi insegnamenti
rimangano isolati e per pochi. Se la sua esistenza è circondata da
poesia e musica bellissime, da indimenticabili e unici maestri di
lavoro e di vita, lei vorrebbe che tutti i ragazzi avessero la sua
stessa fortuna e la forza di non smarrire la strada. Bisogna agire
per non farli sentire soli e abbandonati. Mai stanchi. Chi deve
capire capisca.
Copyright
© Simonetta Sandri
Nessun commento:
Posta un commento