di
Lucia Casadio
Un
angolo di paradiso. Così mi piace definire Piazza Santo Stefano, che
in realtà una vera piazza non è. È piuttosto uno slargo
triangolare, ben distante dalla regolarità di una comune piazza;
unicità che lo rende indubbiamente uno degli scorci più
caratteristici e suggestivi di Bologna, personalmente il mio
preferito.
Per
tutti, dicevamo, è semplicemente Piazza Santo Stefano.
Sì, perché
questa è la piazza di tutti: dei bolognesi, degli studenti, dei
turisti. Chiunque è invitato in questo salotto a cielo aperto
dall’atmosfera magica e dal fascino unico. Come poltrona i muretti
e come schermo la realtà, Piazza Santo Stefano e i suoi portici
avvolgono i suoi ospiti in un caldo abbraccio e li fanno sentire a
casa. Lontana dall’invadenza e dalla maestosità architettonica di
Piazza Maggiore, ti conquista con la sua intima accoglienza.
Piazza
Santo Stefano è in continuo fermento e, fra chi l’attraversa, chi
ci rimane e chi se ne va, l'unica padrona, qui, sembra essere
l'eterogeneità di chi la popola.
Al
centro della piazza una gita organizzata ascolta attentamente le
parole della guida, che illustra i principali edifici: davanti a loro
la basilica di Santo Stefano, i palazzi Isolani alla sinistra, le
Case Tacconi e il Palazzo Salina Amorini Bolognini sulla destra. Un
ragazzo legge interessato un giornale, sperando forse in un mondo
migliore. Un operaio addenta con voracità il panino con la
mortadella preparato dalla moglie, è tempo della pausa pranzo prima
di tornare al lavoro. Due bambine si tengono per mano, Carnevale è
la loro festa preferita e non vedono l’ora di tirarsi coriandoli e
soffiare stelle filanti. Una giovane coppia prende il sole, fra
progetti futuri e programmi serali.
Una ragazza e un paio di cuffie,
la musica sembra farla viaggiare in luoghi sperduti mentre cammina
canticchiando una canzone. Un immigrato osserva teneramente una mamma
che sistema la copertina alla figlia, magari sogna anche lui di fare
lo stesso fra qualche anno. Un anziano affaticato si riposa in
compagnia delle sue borse della spesa. Un bambino corre come una
trottola impazzita e ride di gusto inseguito da suo papà. Un altro
fa lo stesso ma inciampa su un ciottolo, cade rovinosamente a terra e
piange disperato. Un cagnolino gironzola con un giornale in bocca
catalizzando gli sguardi stupiti di tutti. Una coppia di tedeschi
chiede a un passante di scattargli una foto, altri si mettono in
proprio e si fanno un selfie, una signora fotografa i portici.
Abbaiano e si annusano i cani, nascono nuove amicizie fra i padroni.
Piazza
Santo Stefano è una multisala open air, gratis e brulicante 24 ore
su 24. Si proiettano migliaia di film al giorno, gli spettatori siamo
noi, gli attori inconsapevoli pure. È il posto migliore dove perdere
il proprio tempo, che non significa sprecarlo. In una vita piena di
appuntamenti e impegni, di corse e affanni, ritagliarsi un po’ di
tempo da perdere è impresa difficile ma salutare, se riesce. Sarà
tempo perso sì, ma non sprecato. Non resta che sedersi, godersi lo
spettacolo e magari scriverci una canzone. Così è nata “Piazza
Santo Stefano”. Me lo immagino seduto su un muretto Cesare
Cremonini, alza lo sguardo e nota che “su un tetto un gatto lecca
la sua coda: è peggio di una donna vanitosa di città poi distratto
da una mosca fa una capriola, e se ne va”. Oppure si può guardare
la gente che passa, immaginarsi le loro vite, navigare con la mente e
scattare qualche foto che immortali piccoli momenti di felicità.
Così è nato questo articolo.
Il
Sepolcro di San Pietro
Al
centro della piazza si trova la
Basilica
di Santo Stefano,
dove in precedenza sorgeva un tempio pagano dedicato alla dea Iside.
La Basilica è chiamata “Le
Sette Chiese“,
perché in origine era costituita da sette
edifici collegati tra
loro. Questi riproducevano
i luoghi santi di Gerusalemme
ed erano un importante luogo di culto per i pellegrini che non
potevano permettersi di andare in Terra Santa. Delle sette chiese
originarie al giorno d'oggi ne rimangono soltanto quattro. Verso la
fine del 1300, venne rinvenuta una tomba di epoca romana sepolta
sotto il pavimento dell'attuale chiesa dei santi Vitale e Agricola,
su cui era inciso "Simone", il nome originario di San
Pietro. Il sarcofago venne subito posto sull'altare e la chiesa
dedicata al primo vicario di Cristo In breve tempo si diffuse la voce
che il sepolcro di San Pietro non si trovava a Roma, ma a Bologna,
lasciando sconcerto e incredulità anche in Vaticano. Nel 1400, in
occasione dell’Anno Santo, i cardinali notarono che il flusso dei
pellegrini era inferiore inferiori al previsto, suscitando le
proteste di chi si era preparato ad accoglierli, realizzando notevoli
perdite economiche. Il problema derivava dal fatto che i fedeli si
fermavano a Bologna. La reazione di Bonifacio VIII fu drastica: la
chiesa venne sconsacrata e il vescovo ricevette l’ordine di
demolirla e reinterrare il sarcofago in un luogo segreto.
Copyright
by Lucia Casadio
Nessun commento:
Posta un commento