di
William Molducci
Dietro
le spalle di un'artista, che si esibisce davanti al pubblico, ci sono
numerosi professionisti che con il loro lavoro gli consentono di
esprimersi al meglio. Nel caso della musica leggera si tratta di
compositori, musicisti, parolieri, arrangiatori, manager,
discografici, per non dire tecnici, ingegneri, vocalist e coristi,
ognuno con la loro specificità e importanza.
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Di questo microcosmo fa
parte Emanuela Cortesi, una delle più apprezzate coriste e vocalist
italiane. Tra le due tipologie esistono sostanziali differenze, il
corista è quel cantante che armonizza insieme alla voce solista, il
vocalist si occupa di fare le seconde voci e in alcune situazioni di
interagire con l'artista.
Il
suo volo bianco
Emanuela
Cortesi è una sensibile interprete della musica italiana, la sua
carriera è iniziata molto presto, con la partecipazione al Festival
di Sanremo del 1974, dove presentò il brano Il mio volo bianco,
classificandosi quinta. In precedenza aveva vinto il Festival di
Castrocaro e successivamente partecipò alle più importanti rassegne
canore degli anni 70, tra cui il Disco per l'estate e la Mostra
Internazionale di Venezia, dove vinse la Gondola d'Argento. Una
carriera fulminante per quegli anni, ma qualcosa non andò per il
verso giusto ed Emanuela abbandonò la Fonit Cetra e la musica
leggera per ritornare nell'anonimato. Alla base di questa decisione
ci fu l'insoddisfazione per il repertorio che le fu messo a
disposizione e il rifiuto dell'immagine di nuova Cinquetti, che
cercarono di cucirle addosso.
Questo
sembra il racconto della fine prematura di una brillante carriera,
così come se ne sono viste tante, ma la ragazza di Fusignano aveva
qualcosa in più di tanti altri: la voce e la passione per la musica.
Il suo passaggio per le scene musicali non fu dimenticato e circa
dieci anni dopo Marcella la volle come corista nei suoi concerti. La
collaborazione con Marcella e Gianni Bella proseguirà nel tempo, sia
nei concerti live sia nei dischi. Da quel momento Emanuela inizia a
lavorare come corista e come vocalist con Eros Ramazzotti, Lucio
Dalla, Gianni Morandi, Mina, Laura Pausini, Adriano Celentano, Andrea
Mingardi, Riccardo Fogli, Ornella Vanoni, Mango e tanti altri.
Il
1991 è un anno importante per la sua carriera, infatti si trova in
tour con Eros Ramazzotti, rivelando a chi non la conosceva le sue
qualità di cantante. Grazie al successo viene confermata per altri
tre anni al seguito del cantante romano. Seguiranno
il tour mondiale del 2009 con Laura Pausini e Work in
progress, che vide ricomporsi la
coppia Lucio Dalla e Francesco De Gregori. Nel
febbraio 2012 la Cortese era con Lucio Dalla, durante il suo ultimo
concerto a Montreux in Svizzera.
Nel
1998 viene invitata al Pavarotti & Friends per duettare con Eros
nel brano Se bastasse una canzone. Nel 1995 ha collaborato con
la Disney interpretando il brano Se tu non ci fossi,
per il film d'animazione Pocahontas duettando con Massimo
di Cataldo. Successivamente ha prestato la voce al personaggio di
Calliope in Hercules e nel 1999 ha doppiato la voce cantante
di Jessie in Toy Story 2.
Vita
da corista
Emanuela
ha il merito di dare un valido contributo creativo al suo ruolo di
corista e di vocalist, stando sempre attenta a valorizzare al massimo
l'artista solista. Questo mestiere è importante e alcune volte
fondamentale, basti pensare a Clare Torry e alla sua leggendaria
interpretazione del brano The great gig in the sky dei Pink
Floyd, inserito nell'album The dark side of the moon. Il
corista deve essere sempre attento ad autoregolarsi, per fare in modo
che la sua voce si amalgami (in gergo si dice impastarsi), con le
altre del coro e non prevalga sul solista. Doti indispensabili per
riuscire in questo sono professionalità, musicalità, conoscenza
della musica (armonia, solfeggio e canto), tecnica del respiro,
fraseggio, ascolto attento e reattivo e soprattutto controllo.
Tullio
Pizzorno interprete e autore di Mina, Alberto Radius e Linda, in
merito alla figura del corista ci ha detto: “... di solito il
pubblico medio e i non addetti ai lavori non hanno un'idea precisa di
cosa significhi cantare "insieme ad altre voci", e stai
sicuro che in alcuni casi le voci di background sono le vere
protagoniste. E la Cortesi, ma pure Paola Folli, Lalla Francia,
Simonetta Robbiani, Moreno Ferrara e pochi altri, sono per me dei
veri musicisti, oltre che dei cantanti”.
L'intervista
Come
si svolge il lavoro di preparazione per un concerto e la
registrazione di un album?
Negli
anni 80, 90, fino al 2000 il procedimento era quasi sempre lo stesso.
L'artista o chi per lui (l'arrangiatore o il manager), ti chiamava
per chiederti la disponibilità e di conseguenza si concordavano le
giornate per la registrazione dei cori per l'album. Si andava in
studio e si cercava di immedesimarsi nelle emozioni, che i brani ti
davano già al primo ascolto. A volte si leggevano le parti scritte
dal maestro, in altre veniva chiesto un consiglio. Quando poi anche
l'artista era presente si univano tutte le idee e quasi sempre si
materializzava il “miracolo”. Che meraviglia! Quando sei in
studio e senti di potere valorizzare il lavoro col tuo apporto, non
avverti stanchezza e nessun altro tipo di esigenza fisiologica. Non
senti altro che bellezza e gratitudine, almeno a me è successo quasi
sempre così. Con l'avvento della tecnologia le cose sono cambiate e
per un certo verso si sono appiattiti i suoni e semplificate altre
cose. Per cui ultimamente succede che molti cantanti si registrino i
cori da soli, magari utilizzando tracce fatte in precedenza, con lo
scopo di riempire i punti dove il suono risulta freddo e monocolore.
Ci sono stati periodi in cui avere i cori in un disco era considerato
un modo “antico” di fare musica, altri in cui c'era la mania del
coro gospel e poi di quelli “soffiati” e senza vibrato. Sono
convinta che quando un coro riesce a valorizzare una canzone, ci
debba assolutamente essere. Il coro è l'espressione della gente, di
tante voci chiamate per vitalizzare una situazione, un momento
statico, un pensiero comune. Il coro è un'espressione dell'anima.
Piccola
curiosità, come ti trovi a lavorare con Mina?
Lavorare
con Mina è estremamente semplice, ma è anche molto impegnativo. La
semplicità deriva dalla consapevolezza delle potenzialità e di cosa
si possa realizzare insieme a lei, suo figlio Massimiliano e agli
altri colleghi. Forti di questa consapevolezza si lavora con un
entusiasmo e una disponibilità completa, perché si capisce che alla
fine il risultato sarà eccellente. Detto questo, l'impegno sta nella
concentrazione, nel proporre soluzioni alternative per sottolineare
una frase o commentare un intervento musicale, cercando di non essere
soltanto passivi esecutori. Le condizioni di lavoro che si creano con
Mina e Max, consentono di esprimersi al meglio e di sentirsi sempre
gratificati.
Per
quanto riguarda il lato umano è sempre una gran festa quando ci si
ritrova e questo fa parte della semplicità dei grandi. Mina ci porta
le torte, si interessa dei nostri cari, trova il modo di metterci
assolutamente a nostro agio. Lei e Max sono due delle persone più
intelligenti e vere, che io abbia mai conosciuto nell'ambiente
musicale. Mi ritengo molto fortunata ad averli incontrati e questo
anche a prescindere dal lavoro.
I
tour mondiali con Eros Ramazzotti e Laura Pausini, ti hanno portata
in giro per il mondo, cosa puoi raccontarci di queste esperienze, che
saranno senza dubbio state stressanti ma allo stesso tempo
gratificanti?
L'esperienza
di un tour mondiale ti apre il cuore e la mente, ma naturalmente
dipende da come l'affronti. Prima di tutto ci sono le canzoni da
imparare in lingue diverse, quindi si deve mettere in conto il lavoro
sulle sonorità vocali. La scaletta va ripensata, si possono
aggiungere o togliere dei brani che in Italia sono stati per mesi in
classifica o che sono passati inosservati. Gli stadi, i palazzetti,
gli auditorium e comunque qualsiasi “contenitore” si riempie di
gente fantastica, che ti accoglie con grande entusiasmo. La mia
esperienza con Eros in America, ma soprattutto in Sud America, è
stata indimenticabile. Ancora oggi ho amici coi quali sono in
contatto e che sento regolarmente dopo quasi venticinque anni. La
prima volta andai in tour con Mango e già in quell'occasione mi resi
conto di quanto mi sarebbe servita quell'esperienza, sia dal punto di
vista umano sia da quello artistico. Con Eros poi, ricordo che io
aprivo il concerto, cantando un suo brano come solista, ogni volta il
tutto avveniva davanti a 40/50 mila persone. All'estero apprendi
usanze e culture diverse, impari ad apprezzarne le differenze e torni
più ricco. Lontano dall'Italia ti senti più libero, hai voglia di
integrarti con gli altri, di capire la loro vita e di conoscere la
loro storia. Ho mangiato nelle loro case, praticato il buddhismo con
membri di tutto il mondo, cantato le loro canzoni. Sono salita ogni
due giorni per mesi in aereo, con fusi orari a volte impossibili da
affrontare e dormito tre ore, per poi salire sul palco. Ho cercato di
vedere mostre, di guardare i tramonti e la luna, per vedere se ne
riconoscevo le macchie.
Ho
spento l'aria condizionata ovunque, ho cercato il sole e le spiagge
bianche sudamericane e mi sono accorta di essere entrata in acqua
solo perché ho sentito i piedi bagnarsi, tanto era limpida e
trasparente. Con Laura è stata la stessa cosa, un'emozione continua
a partire dal nostro arrivo negli aeroporti, dove trovi già le
persone che ti accolgono con gli striscioni, foto di anni addietro,
dolci, gadget e affetto puro. Con Fabrizio, il padre di Laura, ho
visitato tantissimi posti e imparato tante cose. E' importante
confrontarsi con qualcuno, quando sei così lontano e vivi una
condizione quasi irreale e distante dal quotidiano e dalla vita vera.
Per quella che è stata la mia esperienza, tutto questo è stato
importantissimo. Per cui ringrazio la vita e gli artisti, che mi
hanno e mi permettono di vivere il mio mestiere a un livello
artistico e umano così intenso.
Tu
hai cantato con Lucio Dalla, durante la sua ultima esibizione a
Montreux. Un ricordo...
Lucio
ha riempito di ricordi meravigliosi due anni della mia vita e ora mi
manca moltissimo, mi ha inondata di complimenti, di ironia, di
leggerezza. Mi ha fatto riflettere, mi ha regalato l'incontro con il
mio compagno e presto gli avremmo chiesto di “sposarci”, ma con
la stessa leggerezza con la quale ha vissuto, l'ho visto andarsene.
Qualche volta guardo le fotografie di quel tour appena iniziato e
finito dopo soli tre giorni e mi sembra tutto ancora irreale. Allora
prendo il telefono e cerco il suo numero, poi scrivo un messaggio a
Marco e un pensiero di grandissimo affetto. Lui capisce.
Copyright
© by William Molducci
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