Pia
Valentinis, Mauro Evangelista, Raccontare
gli alberi, Rizzoli, 2012
di
Simonetta Sandri
Lì
stanno piantati alti alberi sempre in rigoglio, peri e melograni e
meli dagli splendidi frutti, e fichi dolci e ulivi rigogliosi. Mai,
per tutto l'anno, i loro frutti appassiscono ne' vengono a mancare,
sia inverno oppure estate, ma sempre il soffio di Zefiro gli uni fa
spuntare, gli latri fa maturare.
Omero.
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Sono
a Faenza, alla Casa del Sole,
cerco un regalo originale per la Befana dei nipotini.
Adoro
questi negozi dove anche gli adulti riescono a sognare e a tornare un
po' bambini. Quando vi entro divento leggera, annego il pensiero nei
colori e nel silenzio che solo i giochi di legno profumato riescono a
conservare. Accarezzando gli scaffali scorgo una copertina con alberi
e tronchi zebrati immersi nel verde. Attirata come sempre dalla
Natura, mi avvicino a questo libro dalle grandi dimensioni, sottile e
filiforme ma alto, proprio come un tronco d'albero. Apro le pagine
ruvide e vi lascio scorrere le dita che magicamente vengono attirate
da colori e disegni quasi d'altri tempi
Lui,
accanto a me come sempre, ultimamente, nei momenti magici e delicati,
mi regalerà quei tratti adagiati sui miei pensieri diventati ancor
più leggeri. Anche io avrò il mio regalo di questa Epifania nuova e
felice. È un libro per bambini che vogliono imparare a riconoscere i
nostri amici fedeli, quei rami che svettano sereni e sicuri verso il
cielo alla ricerca di luce ed energia. Ma si rivolge ed è adatto
sicuramente anche agli adulti perché rispettino e apprendano
quell'energia vitale. Ogni disegno delicato è accompagnato da una
sua storia e da un riferimento poetico. L'ulivo è affiancato dalla
parole di Federico Garcia Lorca, il pino marittimo dai versi di
Gabriele D'Annunzio, il limone da quelli di Eugenio Montale, la
quercia dal ritmo di Giovanni Pascoli; appaiono i cipressi di Giosuè
Carducci, gli abeti dai quali Stradivari ricavava i violini, il colle
e le siepi cari a Giacomo Leopardi, i pioppi vibranti descritti da
Clemente Rebora, i gelsi della grande Ada Negri.
Si
impara a riconoscere l'albero e ad associarvi un pensiero.
E
poi vi sono le leggende e le fiabe, come quelle di Piramo e Tisbe che
si incontravano furtivamente all'ombra di un gelso, di Filemone e
Bauci trasformati in quercia e tiglio, degli innamorati Pan e Borea o
di Morfeo che si rifugiava sotto gli olmi. Ci perdiamo in queste
pagine, nelle foglie e nelle chiome di disegni a pennellate e china
che ci riportano ai pensieri di fanciulli, quando all'ombra di un
giardino in fiore si sognava di scappare lontano e di viaggiare per
il mondo solo con uno zainetto zeppo di matite colorate e carta di
Fabriano su cui ricamare. Qui non cadono le foglie, molti alberi
restano verdi, altri sono rossi, anzi quasi arrossiti, imbruniti dal
vento autunnale che ne scompiglia le chiome. Anche i candidi ciliegi
giapponesi, degni dei più maestosi imperatori, ci ricordano come si
celebra l'arrivo della primavera, in un pomeriggio invernale dove
restiamo quasi inermi, accoccolati davanti al camino acceso e
scoppiettante. Il vento porta con sé i fiori di questi alberi
maestosi e sereni e li trascina fino al biancore candido delle nubi
di panna.
Ci
perdiamo ancora, distesi sull'erba con il naso all'insù, osservando
l'azzurro del cielo primaverile mentre fuori nevica. Le stagioni sono
confuse, in questo momento, non riusciamo a distinguere dove siamo,
siamo un po' come naufraghi persi nel nulla del mare azzurro intenso.
Perché questi alberi ci prendono per mano e ci lasciano sognare,
mentre, palpitanti, felici e sereni, di nuovo e sempre eternamente
bambini, restiamo abbracciati. Pagine, colori, parole d'amore e
rispetto. Che bella Epifania.
Vengono i giorni della fioritura
e
i tigli in una cinta di steccati
diffondono
insieme con l'ombra
un
irresistibile aroma.
La
gente che passeggia sotto i tigli
col
cappello d'estate vi respira
questo
forte odore inesplicabile,
ma
familiare all'intuito delle ali.
Boris
Pasternak
Copyright
© by Simonetta Sandri
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