di
William Molducci
L’attesa
è il lasso di tempo che intercorre tra il preludio di un evento e il
suo verificarsi, nel caso di Francesco Garito questo intervallo è
durato sei anni, da quando pubblicò “Fotografie”, il suo album
d’esordio.
Il
nuovo disco nasce dalla collaborazione con Stefano Cantarelli,
co-produttore e chitarrista, a cui si aggiungono il pianista Massimo
Bartoli e il batterista Antonio Perugini.
In tempi in cui il digitale impera, Garito ha inciso il suo lavoro
presso lo studio forlivese “L’amor Mio Non Muore”, diverso da
tanti altri per l’uso di tecnologia analogica e strumenti vintage.
Una scelta dettata dalla necessità di recuperare particolari
sonorità che ben si adattano alla musica del cantautore
tosco-calabro, preferendo agli effetti speciali pratiche quali le
prove microfono, la corretta posizione degli strumenti nella sala e
le sessioni di preparazione e registrazione dei brani. Un recupero,
oltre che di sonorità, anche di una valenza artigianale in grado di
concorrere con gli algoritmi informatici.
Le
note del pianoforte di Massimo Bartoli aprono “L’arcadia”, una
breve introduzione dispersa tra le voci di tuono dei bambini e le ali
dei vecchi, poetico preambolo del brano che dona il titolo al disco.
Le parole del brano “L’attesa” delineano la vena poetica di
Francesco Garito, grazie a versi che incrociano la durezza dei
termini con la dolcezza delle situazioni, sintesi fulminee che
rendono canzone la poesia.
Francesco Garito |
“Fahrenheit
451” riporta alla presa di coscienza di Montag, il protagonista del
romanzo di Ray Bradbury e della
successiva trasposizione cinematografica di François Truffaut. In
tempi in cui si viaggia senza muoversi da casa e non si guarda in
faccia a nulla pur di accumulare denaro, non resta che rifugiarsi nei
libri, mentre l’esasperazione dell’individualismo brucia la
memoria e la conoscenza. Il ritmo lento scandito da chitarra e
batteria accompagna Francesco nella lucida analisi di un sistema in
decadenza, incapace di rigenerarsi, auspicando che nell’utopia
possa trovarsi una via d’uscita.
“Il
panorama di Betlemme”, scritta da Francesco De Gregori, rappresenta
il pezzo mancante del puzzle di Garito. Gli attimi che separano un
uomo ferito dalla morte, fanno comprendere come siano tutti uguali
quelli che muoiono in guerra, proprio tutti, senza esclusioni.
Francesco
Garito e Max Larocca cantano “I giorni dell’abbandono”, la
canzone che si ispira all’omonimo romanzo di Elena Ferrante. Uno
stimolo per non abbattersi ed essere pronti a trasformare il dolore
in ripartenza, senza abbandonarsi a correnti mediocri.
Il
testo di “Evasioni” è di Paolo Dattola, uno sguardo avverso nei
confronti del materialismo, scandito dalle chitarre a tempo di rock,
sotto l’impeto di un inciso ossessivo: “Tradisci, tradisci,
tradisci…”.
“A'
nanca” è una ninna nanna calabrese in cui si chiede alla luna e
all'acqua dei fiumi di essere benevoli, così che il bambino possa
ridere della confusione dei nostri tempi e riesca ad addormentarsi
sognando un mondo più bello.
L’album
si chiude con “Giorno d’autunno”, una preghiera del poeta
Rainer Maria Rilke, che accoglie con benevolenza l’autunno,
pregustando l’arrivo di una nuova primavera, mentre nell’aria
fluttuano le foglie e il frutto diventa vino. Metafora poetica.
Questo brano racchiude l’essenza del bel disco di Francesco Garito,
vissuto tra semplicità, musica e speranza. Ogni tassello è inserito
nel punto giusto, senza sbavature e incoerenze.
Sei anni di attesa sono
lunghi, ma rappresentano un tempo necessario per rigenerarsi e
riproporsi con un progetto ricco di sfumature e dettagli. Un lavoro
dal taglio artigianale, la cui variabile analogica assume un numero
infinito di valori e riesce a riscoprire suoni e rumori dimenticati.
Francesco Garito -
Fahrenheit 451 (video ufficiale)
Copyright
by William Molducci
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