di
William Molducci
S'intitola “Vorrei che morissi d’arte”, il nuovo album di Mico
Argirò, una visione personale della contemporaneità tra sentimenti
puri, scampoli di vita reale, scacchisti e potenti, attese struggenti
e contaminazioni musicali.
Il
disco è un viaggio nel cantautorato e nel folklore italiano, con
sorprese e assoli pronti ad interrompere melodie e situazioni. Mico
Argirò subisce l’influenza di De André, De Gregori, Capossela,
senza nascondere lo sguardo verso Sting, Beatles, Yann Tiersen e Pink
Floyd.
Il
brano che dà il titolo all’album è un’apparente contraddizione
di parole, un gioco a base di pop-rock, una provocazione espressiva
un po’ sopra le righe, volutamente in contrasto con la gradevole
voce di Mico e la verve dei suoi musicisti.
Da
questo caos di riferimenti e armonie nasce “Figlio di nessuno”,
un personaggio che suona la tromba vagando per le vie della città,
senza chiedere nulla in cambio. Gli strumenti interagiscono con i
rumori del quotidiano, tra un caffè al bar e il traffico della
città. Nel finale la tromba accenna a qualche nota di “'O surdato
'nnammurato”.
Foto di gruppo durante le riprese del videoclip "Il polacco" (Mico Argirò al centro con la chitarra in mano) |
L’amore tra due ragazzi
è il tema di “Saltare”, brano dolce e assoluto, come è giusto
che sia questo sentimento. “Chissà se tornerà?”, una delle
migliori melodie del disco, racconta un altro aspetto dell’amore,
la storia di un anziano in attesa di chi non potrà venire più.
Intorno a lui la vita continua, i rumori della strada e la
fisarmonica chiudono malinconicamente la giornata.
“Il
polacco” è un uomo senza catene e senza meta, probabilmente
passato almeno una volta accanto ad ognuno di noi. Il sound miscela
gli ottoni dell’est europeo a sonorità latine e percussioni a base
di cajon.
Mico Argirò |
“Lo
scacchista” calcola ogni passo della sua vita, ricollegandosi a
“Vorrei che morissi d’arte”, il brano iniziale, rivelando chi
sia il destinatario del minaccioso augurio.
“Money”,
a tempo di reggae, abbina soldi e potenti alle tempeste metaforiche.
L’omonimo brano dei Pink Floyd è un punto di riferimento
importante del progetto, al punto da creare un conflitto stilistico.
Il
disco di Mico Argirò è un laboratorio di caotica creatività, una
sfida in cui esperimenti e sfumature si attirano e qualche volta si
respingono. Stili e linguaggi ci regalano il ritratto di un autore a
cui non mancano idee, coraggio e personalità. Le canzoni
incuriosiscono e, come sirene, inevitabilmente catturano
l’attenzione. Sopra a tutte: “Chissà se tornerà?” “Figlio
di nessuno”, “Saltare”.
Una
domanda a Mico Argirò
Come
è nata l’idea di scrivere una tua “Money”?
“Money”
è il pezzo centrale del disco, così come lo è l'economia nel
nostro secolo. Il punto di vista è quello di un potente col “destino
del mondo sul mignolo”, chiuso in una stanza con droga e amore
mercenario, “mentre fuori infuria una tempesta”. Musicalmente la
fusione con il brano dei Pink Floyd c'entra non soltanto
tematicamente ma anche concettualmente. Inoltre, il gruppo inglese è
stato tra i primi a inserire i suoni della vita reale nelle canzoni,
elemento costantemente presente nei miei nuovi brani. La musica
d'autore è spesso un genere chiuso su se stesso, a me piace aprirmi,
sperimentare, mischiare.
Video
Ufficiale: “Il polacco”
Copyright
by William Molducci
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